La miglior difesa è l’attacco, si dice di solito e, a quanto pare, Donald Trump ha fatto di questo vecchio adagio il fondamento della sua strategia nei casi giudiziari che lo vedono coinvolto, a partire dal processo con l’ex pornostar Stormy Daniels. All’arrivo in tribunale, l’ex presidente si è rivolto ai cronisti definendo il caso “un attacco all’America” e una “persecuzione politica“.

Trump al processo per i soldi all’ex pornostar Stormy Daniels: “Nulla di simile è mai accaduto prima”

Trump arriva al tribunale di Manhattan scuro in volto ma con il passo deciso, dopo aver lasciato la sua Trump Tower poche ore prima ed essersi fermato a salutare alcuni suoi sostenitori.

Il consenso elettorale di cui gode l’ex presidente è, infatti, ancora molto alto, come testimoniano i sondaggi recenti sulle elezioni presidenziali del prossimo novembre, che lo vedono in vantaggio sul presidente uscente Biden.

Forte di questi numeri e dell’appoggio della sua gente, Trump non perde occasione per attaccare quella che considera una “caccia alle streghe giudiziaria ai suoi danni, per ostacolarne la campagna elettorale. Ecco, quindi, che all’arrivo al tribunale, il tycoon si ferma davanti ai giornalisti e alle telecamere presenti per un altro round della sua personale invettiva.

“Questo è un attacco all’America ed è per questo che sono molto orgoglioso di essere qui. Nulla di simile è mai accaduto prima. Questa è una persecuzione politica, è un caso che non avrebbe mai dovuto essere intentato”.

Di cosa è accusato l’ex presidente

La giornata di oggi segna, in qualche modo, la storia degli Usa. Quello che vede coinvolto il tycoon è, infatti, il primo processo penale nei confronti di un ex presidente degli Stati Uniti.

Sulla sua testa pendono ben 34 capi d’accusa, relativi alla falsificazione di documenti aziendali. Secondo l’impianto accusatorio, l’ex avvocato personale di Trump, Michael Cohen, avrebbe effettuato alcuni pagamenti verso l’ex attrice pornografica Stormy Daniels durante la campagna elettorale per le elezioni del 2016, che videro il tycoon sconfiggere Hillary Clinton.

I soldi – circa 130mila dollari – servivano a ‘comprare’ il silenzio della Daniels sulla presunta relazione avuta con Trump nel 2006, sempre negata da quest’ultimo. Secondo l’accusa, questi fondi venivano dalla ‘Trump Organization’ e sarebbero stati ottenuti falsificando i registri aziendali, facendoli passare per spese legali.

Tale falsificazione è considerata un reato minore nella legislazione americana ma, in questo caso, si andrebbe a inserire in una fattispecie ben più grave, legata ai tentativi di Trump di insabbiare notizie negative nei suoi confronti per ottenere così un vantaggio elettorale.

Tutte accuse puntualmente rispedite al mittente dall’ex presidente, sempre con la stessa protervia di chi si crede vittima di un complotto o, forse, al di sopra di ogni legge.