Un nuovo fronte nella guerra in Medio Oriente che spaventa l’Occidente e gli Stati vicini all’Iran e a Israele. Dalla notte tra sabato 13 e domenica 14 aprile l’Iran ha risposto all’attacco israeliano contro l’ambasciata di Teheran a Damasco di due settimane fa. La ritorsione da parte iraniana potrebbe presto aprire un nuovo capitolo di un conflitto che dallo scorso 7 ottobre rischia di coinvolgere l’intera area mediorientale.

Eppure Israele non ha ancora dato una risposta. Ci si aspettava dopo l’attacco dello scorso weekend una decisione ferma da parte di Netanyahu che non è ancora arrivata. Ha parlato dei possibili scenari del conflitto a Tag24.it il giornalista ed analista geopolitico Antonello Sacchetti.

L’intervista ad Antonello Sacchetti su un possibile conflitto Iran-Israele

Nell’attacco dello scorso 1 aprile all’ambasciata a Damasco non sono morti solo funzionari del governo di Teheran ma anche importanti Pasdaran che costituivano un importante obiettivo per le truppe israeliane. Si tratta principalmente di un messaggio importante per l’Iran: deve tenersi fuori dalla lotta interna con Hamas. Eppure sembra che l’attacco abbia sortito l’effetto inverso ed ora rischia di provocare un’ulteriore estensione del conflitto.

Come mai Israele esita così tanto nel dare una risposta?

“Non è detto che Israele dia una risposta, non è scontato che risponda all’attacco dell’Iran. E’ giusto chiarire che quello di Teheran è un contrattacco al raid del primo aprile che ha colpito una sede diplomatica a Damasco uccidendo 11 persone tra cui alcuni importanti generali dei Pasdaran”

“L’inizio dell’ultima fase del conflitto tra questi due Stati comincia due settimane fa ed è culminata nell’azione iraniana dell’altro ieri”

C’è già uno scenario peggiore? Lo potremmo valutare già da ora?

“Lo scenario peggiore è una guerra dichiarata ed aperta che coinvolga direttamente gli attacchi reciproci tra i due Paesi coinvolgendo anche altri attori. Israele per difendersi ha speso un miliardo di dollari lo scorso marzo – 10 volte quanto l’Iran ha speso per attaccarlo – ma anche grazie agli aiuti di altri soggetti come Usa, Gran Bretagna, Francia e Giordania. Questo dovrebbe ripetersi in ogni situazione.”

“Il fronte di guerra rischia poi di estendersi al Libano portando Israele a collocare a nord altre truppe, una guerra aperta sconvolgerebbe tutto il Medio Oriente che vive già una situazione di conflitti a diverse intensità. L’estrema soluzione potrebbe essere quella di un attacco nucleare israeliano verso l’Iran, sono tutte ipotesi che sembrano frutto di un romanzo distopico ma pare che negli ultimi anni abbiamo visto accadere di tutto, non mi sento di escludere nessuna ipotesi”.

Non è un caso che su ‘X’ nella mattinata del 14 aprile sia apparso l’hashtag #terzaguerramondiale. Può succedere davvero una cosa del genere o vincerà la consapevolezza che il lancio di un ordigno nucleare potrebbe sconvolgere tutto?

“In questo contesto l’arma nucleare ce l’ha Israele: circa 300 testate nucleari pur non avendole mai dichiarate e non avendo aderito al Trattato di non proliferazione. Chiaro che arrivare ad una soluzione di questo tipo come qualche ex falco della Casa Bianca – Bolton e Pompeo – ha auspicato potrebbe compromettere i territori colpiti e Israele. Qualche tempo fa si era parlato addirittura di attaccare così Gaza, personalmente mi sembrano idee da film di fantascienza”

“Credo che alla fine il rischio di una degenerazione di questo livello sia minima ma solo il fatto che se ne parli mi sembra incredibile. Ritornare a discutere di nucleare a trent’anni dalla fine della guerra fredda è davvero un controsenso”

E se la guerra a Teheran potesse essere utile a riabilitare la figura di Netanyahu? Il premier israeliano è diventato molto impopolare dopo gli attacchi del 7 ottobre…

“Molti dicono che la guerra tenga in vita Netanyahu dal punto di vista politico. Sul premier aleggiano scandali, problemi della gestione di Israele e finora pessimi risultati dal punto di vista bellico: tutte cose che potrebbero decretare la sua fine”

“Il conflitto a Gaza sta costando moltissimo ad Israele sotto tutti i punti di vista. In questo momento la guerra contro Hamas è persa per Israele: il gruppo islamico esiste ancora e l’esercito israeliano si è in parte ritirato. L’azione di terra non ha avuto un grande successo e gli ostaggi sono ancora in mano ad Hamas. Ora immaginiamo Israele che intraprende una guerra contro un Paese da 88 milioni di abitanti, con forze armate molto strutturate e che non confina con Israele ma che può contare su alleati vicini ad Israele”

“In Libano ci sono i miliziani di Hezbollah che sono molto più forti dal punto di vista militare rispetto ad Hamas. Le milizie sciite sono l’unico esercito peraltro che ha sconfitto Israele nel 2000 costringendolo alla ritirata nel Sud del Libano”

“Finora si è pensato che l’Iran non avrebbe mai attaccato, l’ultima azione contro Israele è stata intercettata al 99% ma non sappiamo nulla dei danni creati da quel 1%. Non è vero che lo strapotere israeliano non può trovare un confronto in Medio Oriente”.

Come si muoverà la diplomazia?

“Vanno assicurate delle linee rosse: per l’Iran era quella del territorio e dei propri cittadini, era stato detto in modo molto chiaro. La diplomazia deve impedire una risposta israeliana e mettere dei paletti per quanto riguarda future azioni che possano colpire obiettivi politici e militari iraniani. Un canale con l’Iran esiste: Teheran e Washington hanno una linea di collegamento, basti pensare che nelle ultime ore l’Iran ha comunicato con Israele ed Usa”

“La Comunità internazionale dovrà poi trovare un po’ di coraggio per evitare di far passare il doppio standard per Israele quando compie azioni che vanno contro il diritto internazionale in virtù del diritto alla difesa”

“L’episodio avvenuto l’altro ieri inoltre ha un precedente. Quando nel 1998 i talebani in Afghanistan entrarono nel consolato iraniano ed uccisero otto diplomatici ed un giornalista l’Iran era pronto ad un attacco ma chiese al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di condannare l’accaduto con una risoluzione, cosa che avvenne anche grazie alla Svezia che si fece portavoce di questa richiesta. Questa volta si sono dileguati tutti, il ministro degli Esteri Tajani si è rapportato con il suo omologo iraniano a poche ore dall’attacco ma dovrebbe esserci un lavoro che preveda situazioni di questo tipo”.

In un ipotetico tavolo su questo conflitto si potrebbe arrivare ad una soluzione anche per la questione palestinese?

“Temo di no, potrebbe essere una merce di scambio: Israele in cambio di un non intervento contro l’Iran potrebbe ottenere dagli Usa il via libera all’espulsione dei palestinesi verso l’Egitto o comunque una riduzione di terra a Gaza. Difficile che possa esserci una conferenza di pace, come per l’Ucraina dove si pensa di poter fare un tavolo per la fine del conflitto senza la Russia. Un errore simile è stato fatto anche per gli accordi di Abramo dove si è cercata una soluzione per il problema palestinese senza la partecipazione dei diretti interessati”.