Il 23 aprile del 2021 Elena Gioia e il fidanzato Giovanni Limata si macchiarono dell’omicidio del padre della ragazza all’interno dell’abitazione in cui viveva insieme alla famiglia ad Avellino: nella giornata di oggi, 15 aprile, la Corte d’Assise d’Appello ha annullato la sentenza con cui in primo grado erano stati condannati a 24 anni di reclusione, riconoscendo ad entrambi un considerevole sconto di pena.

Ridotta la pena per Elena Gioia e Giovanni Limata, finiti a processo per l’omicidio del padre della prima

Il motivo della riduzione? A Giovanni Limata – che fin da piccolo sarebbe affetto da problemi psichici – è stato riconosciuto il vizio parziale di mente; nel caso di Elena Gioia, invece, i giudici della Corte d’Assise d’Appello si sono espressi in favore del riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche – l’età (18, al momento dei fatti), ma anche le condizioni di fragilità in cui si sarebbe trovata – rispetto alle circostanze aggravanti che le erano state contestate, tra le quali quella della premeditazione.

Alla fine entrambi dovranno scontare, quindi, 18 anni di reclusione. Il 23 aprile del 2021, aprofittando del fatto che stesse dormendo sul divano dell’abitazione in cui viveva insieme alla famiglia ad Avellino, uccisero il padre della ragazza, Aldo Gioia, accoltellandolo per ben 13 volte. L’ipotesi è che volessero vendicarsi del fatto che l’uomo avesse ostacolato la loro relazione.

Secondo qualcuno Gioia sarebbe stata plagiata dal fidanzato; Limata, dal canto suo, sarebbe sempre stato un tipo problematico (in carcere ha tentato il suicidio diverse volte). Erano stati condannati a scontare la stessa pena; ora, con l’accoglimento delle richieste delle difese, lo sconto, contro cui la Procura – che aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado – potrebbe decidere di ricorrere in Cassazione.

La ricostruzione dell’omicidio che sconvolse Avellino

Stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini e dei processi, l’omicidio di Aldo Gioia fu “ideato, organizzato ed eseguito dai due imputati in concorso fra loro“: il 53enne, in particolare, fu colpito mentre dormiva in modo violentissimo, riportando addirittura la rottura di diverse ossa delle braccia.

Soccorso, morì in ospedale a causa delle lesioni: a dare l’allarme era stata la moglie, presente in casa al momento dei fatti. Poco dopo la figlia e il fidanzato erano stati fermati: si è sempre pensato che, nel loro piano iniziale, avessero incluso anche l’omicidio della madre e della sorella della ragazza che invece, fortunatamente, riuscirono a sopravvivere.

Le similitudini con il delitto di Novi Ligure

L’omicidio per cui Gioia e Limata sono stati condannati aveva riportato alla mente di molti quello di Susanna Cassini e del figlio Gianluca De Nardo, che nel febbraio del 2001, a 41 e 11 anni, morirono per mano di Erika De Nardo, figlia e sorella delle vittime, e del fidanzato Mauro Favaro, detto “Omar”.

Sembra che volessero essere “liberi” di vivere in solitudine all’interno della villetta di famiglia della giovane a Novi Ligure e che, in un primo momento, avessero programmato di uccidere anche il padre Francesco De Nardo: stando alle ricostruzioni colpirono le due vittime con oltre 100 coltellate.

Poi tentarono di depistare le indagini: Favaro scappò dalla scena del crimine; Erika intanto chiese aiuto ai vicini, sostenendo che degli sconosciuti si fossero intrufolati a casa sua per una rapina, massacrando i familiari. Furono arrestati due giorni più tardi, poi processati e condannati. Entrambi erano minorenni; oggi hanno vite diverse: Erika, che ha finito di scontare la sua pena nel 2021, si è sposata ed è andata a vivere sul lago di Garda. Favaro, che ha avuto anche una bambina, potrebbe di nuovo finire a processo.