Nella notte fra il 5 e il 6 settembre del 2020 Gabriele Bianchi si macchiò, insieme al fratello Marco e agli amici Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, dell’omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte a Colleferro, in provincia di Roma.

Qualche giorno fa la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con cui in secondo grado era stato condannato a 24 anni di reclusione (e non all’ergastolo), disponendo un nuovo processo d’Appello sulla questione del riconoscimento, nei suoi confronti e nei confronti del fratello, delle attenuanti generiche.

In attesa delle motivazioni c’è chi intanto, sulla stampa, lo accusa di continuare a fare il “prepotente” anche in carcere a Rebibbia: notizie che uno dei suoi avvocati, Ippolita Naso, ha categoricamente smentito.

L’intervista a uno degli avvocati di Gabriele Bianchi, Ippolita Naso

Sulle notizie contro Gabriele Bianchi

Avvocato, in diversi articoli apparsi online in questi giorni si parla della presunta “bella vita” che il suo assistito starebbe facendo in carcere a Rebibbia, macchiandosi anche di episodi di bullismo nei confronti di altri detenuti…

“Si tratta di notizie false e in relazione alle quali stiamo già prendendo provvedimenti. Si pensi che, per i semestri in cui sarebbero avvenuti questi fatti, il mio assistito ha già ottenuto il riconoscimento del beneficio della liberazione anticipata (per buona condotta, ndr)”.

La fidanzata del ragazzo ha dichiarato all’Adnkronos che si tratta di “illazioni” e che Gabriele, al contrario di ciò che è stato più volte riferito, in carcere si starebbe impegnando molto. È davvero così?

“Assolutamente. Sta svolgendo la sua vita in carcere accedendo a tutti i percorsi che il sistema penitenziario riconosce ai detenuti. Vale la pena ricordare che si tratta di percorsi, finalizzati alla rieducazione, che non vengono riconosciuti automaticamente a tutti: per accedervi bisogna tenere un comportamento consono ed esente da rilievi interni. Sia il fatto che lui stia frequentando una serie di questi percorsi – e anche l’università –, sia il fatto che gli venga consentito di vedere i familiari in area verde e che abbia già ottenuto alcuni benefici che, per il loro riconoscimento, presuppongono un comportamento corretto, è la dimostrazione della falsità delle notizie riportate da varie testate”.

Accanimento mediatico?

Il suo collega, l’avvocato Valerio Spigarelli, ha detto in un’arringa difensiva che il vostro assistito sarebbe stato “tramutato in un’icona della violenza”, dipinto come un “mostro”…  

“Sicuramente è così. Lui e il fratello Marco sono conosciuti dall’opinione pubblica con una foto che li ritrae a petto nudo, in posizione di ‘lotta’. Quella e la loro ‘fama’ hanno contribuito a dipingere una figura sicuramente negativa, più negativa di quella che meritavano. Basti pensare che questo è un processo che vede imputate quattro persone, ma è conosciuto solo come il processo ai fratelli Bianchi. Gli imputati sono quattro e, a mio parere, avrebbero dovuto ricevere tutti lo stesso trattamento (cioè non quello che hanno ricevuto i fratelli Bianchi, ma quello che hanno ricevuto gli altri due imputati), sia dal punto di vista mediatico che giudiziario, visto che rispondono dello stesso fatto”.

Il commento sulla decisione della Cassazione

Si riferisce anche al riconoscimento delle attenuanti generiche, che Pincarelli e Belleggia hanno ottenuto dal primo grado e che ora per i Bianchi è a rischio?

“Assolutamente sì”.

Non vi aspettavate la decisione della Cassazione quindi?

“Non ce l’aspettavamo, perché in punto di diritto, sinceramente, non la riteniamo corretta”.

Può ricordarci qual era stata la richiesta della difesa?

“Avevamo fatto molte richieste, sia in punto procedurale che di diritto. Tra le tante, la più importante era quella di riqualificare il fatto come un omicidio preterintenzionale (e non volontario, ndr), ma la Cassazione su questo ha messo un punto definitivo (riconoscendo gli imputati colpevoli, ndr). Adesso si tratterà solo di valutare l’aspetto delle attenuanti generiche (e stabilire, di conseguenza, l’entità della pena, ndr). Finché non leggeremo le motivazioni non potremo sapere sotto quale profilo la Corte ha ritenuto la sentenza di secondo grado meritevole di annullamento, disponendo un Appello bis. Aspettiamo”.