Arriva da Avellino l’ultimo caso di condotta omissiva in ambito sanitario: è di poche ore fa la notizia secondo la quale un uomo originario di Napoli di 50 anni sarebbe stato risarcito dall’ospedale Moscati dopo essere stato operato inutilmente a cuore aperto ed obbligato a una lunga convalescenza per riprendersi.

Il motivo? I sanitari di turno non lo avrebbero sottoposto agli esami necessari, da prassi, per avere conferma della prima diagnosi, scoprendo che l’operazione poteva essere evitata quando era ormai troppo tardi. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Michele Francesco Sorrentino, che insieme ai colleghi Pierlorenzo Catalano e Filippo Castaldo dello Studio Maior ha assistito legalmente l’uomo dal momento in cui è stato dimesso e ha capito di essere stato danneggiato.

Paziente di 50 anni risarcito dal Moscati di Avellino dopo un intervento a cuore aperto inutile: l’intervista a uno dei suoi avvocati

L’incidente, gli esami, l’intervento dopo il trasferimento

Avvocato, cos’era successo al vostro assistito? Perché si era deciso di operarlo e come?

“Nel 2018 il nostro assistito è rimasto coinvolto in un sinistro stradale abbastanza grave ed è stato trasportato all’ospedale San Paolo di Napoli, dove gli hanno fatto alcuni esami, in particolare delle radiografie, da cui è emersa una possibile dissezione aortica, cioè una separazione dell’aorta, un evento gravissimo. Il San Paolo, non disponendo delle attrezzature idonee ad intervenire o ad approfondire gli esami già fatti per confermare questa prima diagnosi, ha ritenuto di trasferire il paziente nella struttura campana che si occupa di queste vicende, il Moscati di Avellino.

Dai sanitari del Moscati l’uomo è stato sottoposto agli stessi identici esami che gli erano già stati fatti al San Paolo. Non si è approfondita la questione con metodiche diagnostiche che avrebbero potuto evidenziare che quella separazione, in realtà, non c’era. Solo al momento dell’intervento a cuore aperto ci si è accorti che l’aorta non presentava alcun danno, che non ci sarebbe stato il bisogno di un’operazione. Avrebbero dovuto accorgersene prima di intervenire chirurgicamente”.

La vicenda giudiziaria, fino al risarcimento dei danni

A quel punto siete intervenuti voi…

“Il paziente ha dovuto seguire un lungo iter, una lunga convalescenza per riprendersi e successivamente, dopo le dimissioni – anche da altre strutture in cui era stato ricoverato -, si è rivolto allo Studio Maior per capire cosa fosse successo, perché al momento del ritiro della lettera di dimissioni e delle cartelle cliniche si è accorto che l’intervento a cui era stato sottoposto era stato di tipo esplorativo, che in pratica si poteva evitare”.

E al risarcimento come si è arrivati?

“C’è stata prima una consulenza di parte che ci ha dato la possibilità di agire in giudizio, perché dal punto di vista tecnico e scientifico, con il nostro medico-legale, siamo riusciti a mettere nero su bianco che i sanitari del Moscati erano responsabili di non aver adoperato le metodiche richieste in questi casi, non avvedendosi, se non proprio sulla fine, che la dissezione aortica non c’era e che quindi l’operazione poteva essere risparmiata.

Poi il giudice ha nominato un proprio perito, che ha confermato la tesi dei nostri consulenti di parte, e il Moscati, al termine di una trattativa, ci ha offerto i 45mila euro di risarcimento dei danni che il nostro assistito ha accettato. A nostro avviso si tratta di una cifra congrua. Certo, il giudice avrebbe potuto liquidare qualcosa in più, ma a volte è meglio ‘accelerare i tempi’ e non mettersi ad aspettare la sentenza’”.