Case green e accesso ai bonus in vista dei lavori di riqualificazione degli edifici, anche sul fronte delle caldaie, ecco cosa cambia con l’approvazione definitiva della direttiva Energy performance of buildings directive (Epbd) della giornata di ieri.
Il provvedimento ha ottenuto due voti contrari (quello dell’Italia e quello dell’Ungheria) e alcuni astenuti: non tutti i Paesi europei approvano, infatti, quanto contenuto in tema di riduzione delle emissioni delle sostanze inquinanti e dell’azzeramento delle stesse entro il 2050. L’Italia ha dalla sua l’esperienza del superbonus, preoccupazione principale del ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, che infatti ieri ha dichiarato: “Chi paga?”
In effetti, quello delle risorse e dei bonus – che non ci saranno – è il punto principale di tutta la direttiva sulla quale, ciascun Paese membro, dovrà – nel termine di due anni – stabilire una tabella di marcia su come centrare gli obiettivi fissati, a varie scadenze, dalle Case green.
Case green cosa cambia con l’approvazione definitiva? I bonus sulle caldaie
Tra i primi bonus che la direttiva Case green vieta ai Paesi membri – ed è subito una scadenza, quella del 1° gennaio 2025 – c’è quello sulle caldaie alimentate a metano. Dal prossimo anno non si potranno ottenere più incentivi che puntino a sistemi alimentati con fonti fossili.
Rispetto alle prime versioni della direttiva Case green, molto meno elastiche di quella arriva all’approvazione finale di ieri, 13 aprile 2024, si potranno continuare a incentivare sistemi ibridi e ad energia alternativa. Ad esempio, meccanismi di riscaldamento e raffrescamento che contemplino le pompe di calore potranno trovare agevolazioni da parte dei governi dell’Unione europea perché si punterà a un utilizzo combinato con l’energia elettrica, a sua volta da produrre in modalità alternativa.
Qualche dubbio in più ricade su altre fonti, come quelle del bio-metano (su come considerarlo) o sull’idrogeno (in ritardo di attuazione), ma alcune interpretazioni della direttiva sembrerebbero accordare il loro utilizzo tra quelli consentiti. Con un’attenzione particolare. L’ultima versione approvata della direttiva Case green non mette fuori legge le caldaie a metano, ma ne vieta dal prossimo anno il loro incentivo. Il divieto totale, insieme a tutti i combustibili fossili, scatterà soltanto nel 2040.
Case green, cosa cambia nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione emissioni?
In merito agli obiettivi che dovranno essere raggiunti dai Paesi membri dell’Unione europea, quello principale è fissato al 2050, anno nel quale si dovrà raggiungere la soglia delle “emissioni zero”. Ma si passa per obiettivi intermedi. Nel 2030 ciascun Paese dovrà raggiungere un taglio delle emissioni di CO2 del 16%, nel 2035 del 20-22%.
Come dovranno essere raggiunti questi obiettivi ciascun Paese dovrà stabilirlo nella propria tabella di marcia. Ovvero sul modo in cui si recepirà singolarmente la Epbd. Entro due anni ciascun Paese dovrà accogliere la direttiva, mentre il primo “controllo” su come procede il percorso è fissato dalla Commissione europea per il 2028.
Direttiva Epbd, obiettivo zero emissioni 2050 e sotto-obiettivi
Sul capitolo degli edifici la direttiva Case green punta ad abbattere la maggior parte delle emissioni. Di certo, rispetto al rigido approccio iniziale, la Epbd ha subito cambiamenti in corsa. Ma tant’è che entro il 1° gennaio 2028, tutti gli edifici di proprietà pubblica ed entro il 1° gennaio 2030 tutti i nuovi edifici, devono essere a zero emissioni. Per entrambi i paletti erano fissati termini più ravvicinati dalle precedenti versioni dell’Epbd.
Ristrutturazioni immobili in Italia, chi deve fare i lavori?
Ma la vera battaglia si combatterà sul patrimonio esistente. Le ristrutturazioni dovranno riguardare il 43 per cento degli edifici in essere, partendo da quelli che, energeticamente parlando, stanno messi peggio. Ovvero le classi energetiche “G” ed “F” che, nelle prime versioni della direttiva Case green, avrebbero dovuto diventare classe “E” entro il 2030 e classe “D” entro il 2033.
Questa norma, la più delicata del panorama immobiliare, è sparita ed è stata sostituita dagli obiettivi di abbattimento delle emissioni demandati a ciascun Paese membro. Il come arrivarci lo dovrà stabilire ciascun governo al suo interno. Ma, guardando in casa Italia, gli immobili che avranno necessità di lavori di riqualificazione sono 5 milioni. E si torna al problema iniziale, ovvero con quali risorse?
Risorse per finanziare le ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche: quali?
L’esperienza che il comparto delle costruzioni sta vivendo dal 2020 con il superbonus è destinata a terminare nel 2025. E le ricadute sui conti pubblici di questi anni e dei prossimi sono ormai note. Ma per arrivare agli obiettivi fissati dalla direttiva Case green anche un superbonus a pieno regime non basterebbe. Negli ultimi giorni si è ipotizzato di spostare anche delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sul rifacimento degli immobili.
Se ne potrebbe riparlare solo se venisse accordata dalla Commissione europea una proroga dell’impegno delle risorse del Pnrr rispetto alla scadenza del 30 giugno 2026. E, comunque, anche unite alle risorse dei maggiori programmi di finanziamento europei, non se ne uscirebbe. Per la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano si stima una spesa complessiva di 600 miliardi di euro, tre volte il Pnrr.