Il 2024 pare essere l’anno della svolta per le infrastrutture siciliane. Sono, infatti, cominciati i primi espropri dei terreni e degli immobili situati nelle aree dove si getteranno le basi per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Eppure, in tanti storcono il naso davanti alla grande opera. Il motivo? La quasi totale assenza di una rete di collegamenti efficiente e moderna. In esclusiva a TAG24 il segretario regionale di Conflavoro PMI Sicilia e vice presidente nazionale PMI, Giuseppe Pullara, ha fotografato l’attuale situazione delle infrastrutture e le possibilità che il ponte potrebbe aprire alla regione.

Infrastrutture carenti e Ponte sullo Stretto, Pullara: “È l’occasione della Sicilia”

Per molti il Ponte sullo Stretto è una chimera, per altri, invece sta diventando una realtà. E mentre l’opinione pubblica si spacca fra contrari e favorevoli, la Sicilia continua a vivere nella sua quotidianità, con i soliti disagi dovuti a una rete infrastrutturale datata e poco sviluppata. Ma qual è la reale situazione odierna? L’Ingegnere Giuseppe Pullara ha illustrato ai giornalisti di TAG24 alcuni dati sullo studio condotto da Conflavoro PMI Sicilia.

D: Lei cosa pensa del ponte?

R: Conflavoro è favorevole alla costruzione del Ponte. Non ne facciamo una questione di profilo politico, ma di opportunità economica e occupazionale per la regione e per tutto il Paese. Il Centro Studi di Conflavoro Sicilia, in collaborazione con il Centro Studi nazionale della nostra associazione, ha elaborato delle stime più che positive in tal senso. Va da sé che il Ponte, da solo, non basterà perché il problema storico e generale della nostra regione è proprio il malfunzionamento, o l’assenza, di una rete infrastrutturale adeguata al flusso di traffico privato e commerciale. Dunque, costruire il Ponte senza parallelamente costruire o rinnovare i collegamenti interni non avrebbe senso.

D: Com’è la situazione in Sicilia a livello infrastrutturale?

R: Innanzitutto bisognerebbe mettere in evidenza i settori che potrebbero, anzi dovrebbero, essere fonte primaria di sviluppo economico per la Sicilia. In primis il turismo, poiché non esiste una località della nostra regione che non abbia un qualche sito di interesse storico-archeologico e paesaggistico. Noi possediamo il 26% dei beni culturali dell’Italia: considerando che il nostro Paese detiene circa il 75% del mondo, è facile capire come la Sicilia dovrebbe posizionarsi ai primi posti per quanto riguarda le classifiche del turismo. Invece è qua che si palesano, di colpo, i problemi infrastrutturali della Sicilia. Carenze nei collegamenti tali da vanificare il nostro patrimonio storico-culturale.

Pullara: “Il Ponte sullo Stretto farà da traino alle nuove infrastrutture”

D: Quali sono le carenze principali nei collegamenti?

R: Una situazione non rosea, ma che potrebbe avere margini di miglioramento, secondo quanto stimato dal Centro Studi di Conflavoro Sicilia.

Il nostro Stretto è un cono di bottiglia che separa l’Italia dalla sua regione più grande – spiega Pullara – ma è importante anche per l’Europa perché 1/4 del traffico merci è scambiato con i Paesi dell’Unione Europea. Ogni anno lo Stretto è attraversato da 100 mila corse di traghetti; abbiamo 11 milioni di passeggeri, 2.8 milioni di veicoli leggeri e circa 1 milione e 800 mila di veicoli pesanti, oltre 60 mila carri ferroviari e 6.3 tonnellate di merci. Non solo, a causa degli scarsi o inesistenti collegamenti, risulta che la Sicilia perda in media ogni anno circa 6 miliardi e mezzo di euro, corrispondente al 7,4% del PIL regionale. Inoltre, dai dati di Conflavoro emerge che i collegamenti siano attualmente fra i più costosi rispetto al resto d’Italia”.

Stando a quanto detto finora, come potrebbe il ponte migliorare la situazione? Per Conflavoro Sicilia, il Ponte sullo Stretto permetterebbe dunque un giro d’affari per la regione di oltre 6 miliardi di euro, posizionando la Sicilia come polo per tutto il Paese e come nodo centrale anche nel commercio sul Mediterraneo. La realizzazione del Ponte, in parallelo con il perfezionamento delle infrastrutture interne, aprirebbe a 15 mila nuovi posti di lavoro ogni anno e 100 mila posti a regime.

I guadagni dal cantiere: OpenEconomics smentisce il beneficio alla Sicilia?

Da buoni siciliani – evidenzia Pullara – ricordiamoci sempre che la nostra terra non è solo cibo, mare e sole, ma è anche cultura. Qui è nato, cresciuto e ha lavorato Archimede, ma non riusciamo a valorizzare il fatto. Qui è nato anche Ettore Majorana, paragonato da Enrico Fermi a Galileo Galilei e Newton. Eppure… Ecco perché invito istituzioni, associazioni, aziende e cittadini a unirsi nel dialogo per migliorare la situazione delle infrastrutture in Sicilia e avviare, così, un nuovo propulsore economico in grado di rendere la Sicilia attrattiva e più efficace non solo a livello culturale quindi turistico, ma soprattutto a livello lavorativo e occupazionale. Con Conflavoro Sicilia abbiamo da sempre il sogno e l’impegno di dare un futuro ai nostri giovani nella loro terra nayale, senza che siano costretti a emigrare alla ricerca di speranza che qua, oggi, sentono di non avere“.

D: Mi è capitato di leggere uno studio che sostiene che il Ponte sullo Stretto porterebbe più guadagni alla Lombardia che non proprio alla Sicilia. Questo perché la maggior parte degli operai arriva da Lombardia e Lazio e a trarre maggior guadagno dall’impatto dei 19 miliardi previsti sul PIL saranno queste regioni con, complessivamente, il 29%, rispetto all’11% della Sicilia. È vero? Cosa ne pensa?

R: Non conosco lo studio da lei citato, quindi non posso che attenermi alle elaborazioni del nostro Centro Studi. Di certo, per come me lo presenta lei, sembra quasi si voglia rinnovare la presunta contrapposizione tra Nord e Sud. Niente di più sbagliato, a nostro avviso. In Sicilia c’è tanto lavoro, ma i giovani che sono andati via sono 190 mila. Se si inizia a lavorare seriamente, se si realizzano le opere di cui abbiamo bisogno, potremo evitare che i ragazzi e le ragazze continuino ad andarsene. L’importante è crescere e non capisco quale sia il problema se qualcuno cresce il 3% in più rispetto a qualcun altro.

D: Però la discrepanza non è di un paio di punti percentuali, ma di ben 18 punti percentuali, che si traducono in miliardi di euro in meno nelle casse siciliane. Questo non lede in qualche modo le imprese edili regionali, che potevano occuparsi della realizzazione del ponte?

R: Le rispondo portando nuovamente il focus sulla questione delle parallele infrastrutture interne, impossibili da non considerare parlando del Ponte. Io sono dell’idea che le imprese edili della Sicilia non saranno fuori dalla partita e non lo saranno nemmeno le altre tipologie di impresa. Credo, cioè, che si debba guardare un po’ oltre: con il Ponte e le infrastrutture interne a regime, la Sicilia cambierà volto senza ombra di dubbio.

Non è che concluso il Ponte, conclusi i collegamenti interni, allora si conclude anche la questione dello sviluppo economico. Anzi, è in quel momento che il nuovo percorso di crescita prende piede. Questa nuova Sicilia non si candida solo a diventare un bel corridoio per il passaggio di merci e quant’altro dal Mediterraneo al Nord Europa; non si candida neppure a diventare una sorta di colonia del Centro Nord italiano; si candida piuttosto a diventare un polo attrattivo per il commercio di tutto il Paese, un valore aggiunto per l’economia siciliana, un passepartout per attrarre nuovo turismo.

Se quindi ci guadagniamo tutti, se ci guadagnano anche le altre regioni italiane, non è una contrapposizione, ma il risultato cui dobbiamo in realtà ambire. Non si tratta di costruire un Ponte per la Sicilia o per la Calabria, si tratta bensì di costruire un ponte – metaforico eppure concreto – per rendere la Sicilia e il resto d’Italia economicamente più forti in Europa.