Non sono né un assassina né un mostro, sono solo una mamma che ha perso sua figlia“. A pronunciare queste parole è Alessia Pifferi, la 38enne a processo per l’omicidio pluriaggravato di Diana, di quasi 18 mesi, abbandonata e lasciata morire di stenti a luglio del 2022. L’imputata ha reso dichiarazioni spontanee dopo che la Corte ha rigettato la richiesta di integrazione di perizia, dichiarando chiusa l’istruttoria dibattimentale.

Lo psichiatria forense Elvezio Pirfo ha trovato la donna “capace di intendere e di volere”. La difesa, invece, aveva richiesto di far esaminare all’esperto nominato dalla corte la documentazione secondo cui la Pifferi, già da bambina, aveva ricevuto una “diagnosi funzionale di turbe psichiche e gravi disturbi cognitivi”.

Processo Alessia Pifferi, le dichiarazioni spontanee della donna in aula: “Se fossi stata curata, oggi sarei ancora con Diana”

In aula Alessia Pifferi ha raccontato la sua infanzia “difficile”, sottolineando di aver subito anche un abuso sessuale, ma di non averne mai parlato per il timore di non essere creduta.

Se fossi stata curata, sarei oggi ancora con Diana e non in questa situazione problematica. Sono sempre stata una bambina isolata e non avevo amici della mia età. Mi ricordo che mio papà era un po’ violento con la mamma e io assistevo queste scene. Ho subito un abuso sessuale, ma non lo mai detto per paura di non essere creduta

ha esordito rivolgendosi al presidente della Corte di assise.

L’imputata ha fatto riferimento anche alle circostanze che l’hanno spinta ad abbandonate gli studi:

Mi hanno tolto da scuola mentre frequentavo un corso da Oss per lavorare in una Rems. Non ho potuto riprendere gli studi che avrei voluto continuare per accudire mia madre, che aveva avuto un grave incidente.

Pifferi e la morte di Diana: “Sto già pagando il mio ergastolo”

Alessia Pifferi ha ovviamente parlato anche della tragica morte di sua figlia, ribadendo di non aver mai pensato che potesse accadere nulla di così orrendo.

Non ho mai pensato e mai premeditato che potesse accadere una cosa così orribile a mia figlia. Non è stato facile parlare qui oggi perché è molto doloroso. Sto già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina

ha poi aggiunto la donna, prima di raccontare anche delle difficoltà che sta incontrando nel carcere milanese di San Vittore, dov’è rinchiusa dal 2022.

Non posso fare nulla, sono sempre chiusa in cella e questo mi sta facendo uscire di testa.

Secondo la sua testimonianza starebbe anche subendo violenza dalle altre detenute, che al mattino le gridano “Buongiorno assassina”.

Tuttavia, ha affermato la 38enne,

non c’è giorno né minuto in cui non pensi a Diana. Per come è venuto al mondo, all’improvviso, l’ho accettato ed è stato il più regalo che la vita potesse darmi.

Il pm De Tommasi: “Dice di avere problemi mentali, ma è lucida per ottenere benefici”

Il pm Francesco De Tommasi, in un passaggio della sua requisitoria nel processo a carico della 38enne, ha spiegato di come lei fosse consapevole di quello che stava facendo a sua figlia:

Bisogna chiedersi perché fin da subito Alessia Pifferi sente la necessità di giustificare l’assenza di Diana. Lo fa perché è pienamente consapevole minuto dopo minuto, ora dopo ora, che sta facendo qualcosa che non va.

La piccola è morta dopo atroci sofferenze, patendo la fame e la sete in pieno luglio.

Pifferi ha esposto la bambina a numerosi ed enormi rischi legati a un comportamento omissivo. E lo fa perché sa bene che se vuole trascorrere delle giornate in santa pace con il compagno non può dire che ha lasciato da sola la bambina.

Il pm De Tommasi, che è titolare delle indagini della Squadra mobile della questura, ha contestato anche la strategia processuale di Pifferi. Sottolineando come, nonostante voglia appellarsi a problemi mentali, ogni volta che apre bocca dimostri di essere capace e lucida per ottenere dei benefici in termini sanzionatori.

In Alessia Pifferi non c’è  disperazione, né profonda angoscia né un malore, ma solo preoccupazione di scrollarsi di dosso le proprie responsabilità, come si fosse trattato di un accadimento lontano dalla sua volontà

ha evidenziato nuovamente il pm. Durante il processo sono stati ripercorsi i concitati momenti del ritrovamento del corpicino della piccola, rileggendo le testimonianze dei soccorritori: presentava già segni evidenti di ciò che aveva patito, come le punte dei piedi e delle mani ormai annerite.

Continua a mentire anche davanti al cadavere della piccola. Lei riflette sempre, dice che la porta non era inchiavata, che la baby sitter non l’aveva chiusa andandosene, pensa sempre a quale versione offrire. Racconti ex post per cercare di dimezzare le proprie responsabilità.