Una notte di devastazione e violenza ha stravolto la nottata del carcere di Sanremo dove un gruppo di detenuti ha scatenato una protesta contro le guardie penitenziarie. Il motivo? Il ritrovamento da parte degli agenti di un telefono cellulare nascosto in una confezione di cereali.
Protesta dei detenuti al carcere di Sanremo a causa di un cellulare scoperto dagli agenti
Ancora violenza nelle prigioni italiane.
Stavolta è il carcere di Sanremo a fare da sfondo all’ennesimo episodio di degrado, che testimonia la situazione ormai del tutto fuori controllo del sistema penitenziario italiano, come sottolineato dal Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria), dopo l’ennesimo caso di suicidio di un detenuto a Benevento.
A denunciare l’accaduto è il sindacato Uilpa della Polizia penitenziaria, che spiega come la rivolta sia cominciata la notte scorsa da parte di cinquanta detenuti di un reparto della prigione. I carcerati hanno distrutto e dato fuoco alle celle, prima che gli agenti riuscissero a placare la protesta, scatenata dal ritrovamento di un cellulare nascosto in un pacco di cereali.
La denuncia del sindacato Uilpa di Polizia penitenziaria: “Governo si dia una mossa”
È Fabio Pagani, Segretario della Uilpa Polizia Penitenziaria, a farsi portavoce del malcontento e della frustrazione degli agenti che, ricorda, anche ieri sono intervenuti dopo esser stati richiamati in servizio, pagando dazio con uno di loro rimasto ferito.
Pagani chiama direttamente in causa il governo, chiedendo interventi rapidi e veramente risolutivi di un’emergenza che appare sempre più ignorata, a parte gli slogan e le superficiali frasi a effetto di certa politica.
“Prima che accada l’irreparabile, il Governo si dia una mossa e prenda compiutamente atto dell’emergenza. Serve subito deflazionare la densità detentiva, fatta di 14mila detenuti oltre la capienza regolamentare; rafforzare gli organici della Polizia penitenziaria, mancanti di 18mila unità; potenziare l’assistenza sanitaria e riorganizzare l’intero sistema prima che collassi irreparabilmente”.
Le cifre di cui parla Pagani denotano un problema sistemico delle carceri italiane. La sproporzione drammatica tra il numero dei detenuti e quello degli agenti presenti negli istituti rischia, infatti, di determinare il collasso dell’intero apparato.
“Con l’attuale organizzazione, basta un solo recluso, seppur fiancheggiato da qualche altro, per mandare in crisi un intero istituto. Del resto, basti pensare che di pomeriggio alla Casa Circondariale di Sanremo, con oltre 270 ristretti, prestano servizio in media una decina di agenti di polizia penitenziaria”.
Tutto questo, poi, si unisce a quello che Pagani definisce “clima di impunità” tra i prigionieri, ormai soliti contestare anche la pur minima sanzione disciplinare. Un atteggiamento, anche questo, sicuramente dovuto alla forza dei numeri.
In questo senso, Pagani si dice perplesso di fronte ai dettagli recenti emersi sull’accordo sui migranti ratificato da Italia e Albania.
“Ciò appare ancora più paradossale, peraltro, nell’esatto momento in cui dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è stata avviata la selezione di 45 unità da destinare a un carcere di 20 posti per migranti in Albania“.
In effetti, se la proporzione in Italia è di circa 60mila detenuti per 32mila agenti – quindi di 2 prigionieri per ogni agente – e nel carcere albanese risulta totalmente ribaltata, appare evidente che c’è un problema. E non solo di semplice matematica.