Nella sua Lombardia sono già pronti i manifesti. Lo ritraggono con con un pennello in mano, intento a scrivere sui muri il nome della formazione che ha mutato gli equilibri della politica italiana. Lo stesso nome, ‘Lega autonomista lombarda’, Umberto Bossi lo va a registrare dal notaio il 12 aprile 1984. Così nasce la Lega, che da lombarda poi si fa ‘Lega Nord’. E così, quarant’anni dopo, vogliono ricordarla i militanti, da sempre legati alla figura del fondatore. Che comincia da volantinaggi e affissioni nel varesotto e finisce per portare le istanze autonomiste prima in Parlamento e poi al governo. Con uno slogan netto: “Padania libera” che sintetizzava l’iniziale progetto secessionista. La data che il partito si prepara a festeggiare è scritta nell’atto che il popolo leghista considera fondativo. Porta la firma del notaio Franca Bellorini, che, in quel 12 aprile, ammette di essersi trovata di fronte a un “gruppo di sognatori”: Umberto Bossi, suo cognato Pierangelo Brivio, la maestra Manuela Marrone, sua futura moglie, il commerciante Marino Moroni, l’odontotecnico Emilio Benito Rodolfo Sogliaghi e l’architetto Giuseppe Leoni. Un gruppo di amici, che fa la spola nelle valli tra Varese e Milano, raccolto intorno agli ideali che il leader va enucleando. A casa di sua nonna Celesta, sindacalista, respira i principi antifascisti. Lì incontra, giovanissimo, un libriccino di Massimo D’Azeglio, il romanzo storico sul XII secolo intitolato “Lega Lombarda”. E lì esercita il dialetto lombardo, che poi riversa in una manciata di poesie. Conservate per anni in un cassetto, farcite di temi ambientalisti e sociali, sono considerate dallo stesso Bossi il suo “primo vagito” politico. Vagito che diventa ruggente nei primi anni ’80, con l’edizione del giornale “Lombardia autonomista”, tra le cui pagine c’è già buona parte dell’armamentario del futuro partito. A partire dal simbolo di Alberto da Giussano che si erge sui confini della Regione lombardia. E poi la lotta al centralismo, la difesa dei dialetti lombardi dalla “scuola coloniale”, l’autonomia fiscale. Anni passati da Bossi a distribuire copie del giornale tra bar e fabbrichette di provincia. Notti di cene infinite, in cui Bossi mette a punto la linea politica con il suo cerchio magico. E poi via a bordo della Citroen Cx amaranto: migliaia di chilometri e centinaia di comizi ogni anno alla ricerca del consenso.

Il Senatùr entrò in parlamento nel 1987

L’esame delle urne arriva con le elezioni politiche del 1987. La Lega Lombarda si presenta in coalizione con la Liga Veneta e la Lega Piemont. Bossi è l’unico a entrare in parlamento: per i suoi sostenitori diventa il Senatùr. Nel pratone di Pontida, dove ancora campeggia la scritta “Padroni a casa nostra”, prendono il via i raduni. E nel ’91 arriva la prima svolta. Al congresso di Pieve Emanuele, la dicitura diventa Lega Lombarda-Lega Nord. Più avanti si invertirà l’ordine: Lega Nord-Padania. Nel ’94, con un folto gruppo di parlamentari, Bossi sostiene il primo governo Berlusconi. Salvo poi farlo cadere. “Attenti a Berluskaiser”, va allertando il Senatùr. Poi sbarca in Sardegna in canottiera: “noi siamo gente del popolo”. Si inaugura una lunga stagione di litigi e alleanze con il Cavaliere, in cui si alternano scontri frontali e governi di coalizione. Quindi la malattia del leader, la crisi della Lega Nord e la segreteria di Roberto Maroni.

Bossi e Salvini non si parlano

Oggi, che con la leadership di Matteo Salvini il partito ha cambiato pelle e ha perso il “Nord” dal titolo, tutti si chiedono come festeggerà il fondatore. Alcuni militanti storici andranno a trovarlo a Gemonio. Ma niente torte o candeline, Bossi detesta le feste. L’evento ufficiale è fissato dalla Lega nazionale e ora “autonomista” per domenica 14 in piazza a Varese. Salvini ci sarà, Bossi chissà. Tra due leader, il vecchio e il giovane, le cose non vanno tanto bene. All’anziano leader non piace per niente la piega che ha preso la Lega di Matteo Salvini. “La riga dovrebbe tornare ad essere autonomista e federalista altro che nazional popolare” spiega oggi chi conosce bene il fondatore. “Tanto più che il progetto di Salvini, quello di fare una Lega nazionale è già fallito”, aggiunge. Eh già, chissà se Bossi domenica andrà a salutare Salvini. O forse attenderà il risultato delle elezioni europee per tornare a dare nuova linfa e nuovi consigli al partito. Oggi in crisi d’identità come non mai.