Sulla riforma delle pensioni del 2025, la situazione dei conti pubblici e la spesa previdenziale in rapporto al Prodotto interno lordo (Pil) allontano l’adozione di quota 41 nel prossimo anno, ma anche di altre misure di uscita anticipata che possano comportare nuovi e maggiori esborsi pubblici. Secondo quanto si prospetta sul Documento di economia e Finanza (Def), la spesa per le pensioni salirà dal 2024 al 2027 ulteriormente del 5,8 per cento, portando il complessivo delle uscite di bilancio dello Stato per il capitolo della previdenza a pesare del 15,5 per cento sul Prodotto interno lordo negli anni 2026 e 2027.

Una lieve flessione rispetto al 15,6% di quest’anno che, in ogni modo, induce il governo ad adottare estrema prudenza sui 337,4 miliardi di euro della spesa previdenziale del 2024, destinata comunque a salire nel prossimo anno a 345,7 miliardi di euro e a 368,10 miliardi di euro nel 2027.

Pensioni quota 41nel 2025, ecco perché conti pubblici e spesa previdenziale allontanano la misura

Sulla riforma delle pensioni del 2025 e sulla possibilità di adottare misure di uscita anticipata che possano ridurre l’età del pensionamento per le categorie interessate, incombe l’andamento della spesa pubblica della previdenza e la situazione dei conti statali. Sulla spesa pubblica si potrebbe obiettare che l’incidenza delle pensioni è divenuta una certezza, dati gli oltre 337 miliardi di euro del 2024 che lo Stato assicura al ramo della previdenza, destinati a salire ulteriormente nei prossimi anni. Lo stima il Documento di Economia e Finanza (Def) per il quale la quota dei conti pubblici impegnata dalle pensioni viaggia intorno al 15,5 per cento del Prodotto interno lordo (Pil).

In una situazione di questo tipo, pensare di introdurre la quota 41 per i lavoratori che abbiano iniziato a lavorare da giovanissimi, accumulando oltre quattro decenni di contributi previdenziali versati, è del tutto azzardato. Tanto più che tutte le misure introdotte dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni – soprattutto tra l’entrata in vigore della riforma Fornero del 2011 e il periodo di pre-pandemia, fino a questi ultimissimi anni – hanno comportato il mancato contenimento della spesa stessa sul capitolo delle pensioni e sulla più ampia possibilità di scelta offerta ai lavoratori tra una rosa di canali di uscita anticipata.

Pensioni quota 41 nel 2025 in bilico, spesa più alta del periodo pre-riforma Fornero

Le due cose sono tra loro collegate, tanto è vero che, maggiori sono le possibilità di anticipare l’uscita dal lavoro con canali alternativi di previdenza, anche temporanei, e maggiore è l’incidenza sulla spesa previdenziale. Ne è conferma l’adozione della quota 100 – uscita da 60 anni di età unitamente a 40 anni di contributi, in vigore dal 2019 a tutto il 2021 secondo quanto prevedeva il decreto 4 del 2019 – che ha restituito performance di spesa pubblica più elevate rispetto anche al periodo di pre-riforma Fornero.

Infatti, secondo quanto si legge nel Documento di Economia e Finanza, il livello della spesa previdenziale nei cinque anni dal 2019 al 2023 è stato più elevato rispetto a quello che ha portato alle strette della legge Fornero del 2011, perché alla fisiologica possibilità di accedere a canali di uscita anticipata dettata dai vari interventi nelle legge di Bilancio di fine anno è seguito un incremento della spesa delle pensione il cui andamento è stato peraltro amplificato dalla situazione demografica.

Quali novità sui canali di pensione per il 2025?

In una situazione di questo tipo, fare delle previsioni su una legge organica di riforma delle pensioni che il governo aveva promesso di adottare dopo l’inasprimento delle misure esistenti di pensionamento anticipato nella legge di Bilancio 2024, diventa impresa assai ardua. In bilico non c’è solo l’adozione della quota 41 quale misura da adottare entro “la fine della legislatura”, ma anche le stesse soluzioni-ponte già adottate nelle manovre di fine anno.

Da confermare nel 2025 sono tutti i canali già in vigore, ovvero la quota 103, l’opzione donna e l’Ape sociale. Tutti e tra hanno già subito notevoli strette con la Manovra 2024, pur tuttavia non garantendo l’abbassamento della spesa previdenziale a livelli più sostenibili.