Michela Giraud è diventata fenomeno pop con la stand up comedian e poi protagonista della scena streaming con Netflix. Ora arriva anche al cinema con “Flaminia”, ma non è decisamente la storia che potremmo aspettarci da lei. Chi è abituato a vederne solo gli sketch sui social non sa che Michela Giraud ha una sorella autistica, una condizione di diversità che ha da sempre condizionato la sua vita e quella della famiglia. L’intervista video esclusiva con Michela Giraud e la sua co-protagonista Rita Abela è su TAG24.

“Flaminia” intervista video a Michela Giraud e Rita Abela

Michela Giraud nell’intervista a TAG24 parla della scelta di esordire alla regia con “Flaminia”, una storia lontana dalla comicità che l’ha sempre contraddistinta. L’attrice si sofferma su come la famiglia abbia reagito alla produzione e sulle difficoltà della sorella, interpretata da una strepitosa Rita Abela.

D: Michela un esordio per certi versi spiazzante. Sei la prima comica che arriva al cinema con una storia dove si usa l’ironia come mezzo di riflessione. Come mai hai scelto di raccontare proprio questa storia?

R: “Forse non sono proprio la prima comica ad esordire con un tema del genere, però è stata spiazzante anche per me. All’inizio non avevo preso questa strada, ma è stata lei a venire da me. Poi con l’aiuto delle persone con cui ho lavorato l’ho accolta”.

D: Cosa ti hanno detto a casa quando hai raccontato loro questa idea?

R: “A casa ne hanno preso atto, come hanno preso atto di tutto quello che ho fatto. Quando iniziato a dire ‘voglio fare la comica’ c’era dubbio, perplessità, paura. Mia madre voleva che io facessi altro e se proprio avessi voluto recitare avrei dovuto fare ‘Il commissario Montalbano’ nel ruolo di Montalbano. Non c’era altro a livello di dignità per loro. Non lo so, forse quando Luca Zingaretti molla… Non è stata una cosa semplice ma io volevo farlo e le ho spiegato il perché. Questo film per i miei genitori non è stato facile, perché hanno visto rappresentata la storia delle delle proprie figlie e vedendo su schermo qualcosa che non hanno mai avuto il coraggio di dirsi. Per me, però, realizzarlo era davvero un’esigenza e alla fine l’hanno accolta”.

D: Rita quanto ti ha aiutato la conoscenza di Michela riguardo l’autismo e qual è stata la tua maggiore difficoltà nell’interpretazione?

R: “Michela è stata fondamentale. Credo che se non ci fosse stata una persona così dentro la tematica sarebbe stato veramente complicato, forse impossibile. Mi ha guidato passo dopo passo, sempre mano nella mano sul set (si danno la mano anche durante l’intervista ndr). Non so quale sia stata la cosa più difficile ma alla fine si è creato un rapporto di tale fiducia che è diventato tutto molto naturale. A volte può capitare che, quando stai in controcampo, sei un po’ con il freno a mano tirato ma qui non mi è mai accaduto”.

L’appello ad accogliere la diversità anche con piccoli gesti

Momento commovente quando Michele Giraud, che mostra grande sensibilità parlando della condizione familiare, fa un appello a società e istituzioni. Le famiglie con un disabile a carico spesso non hanno strutture, non hanno alcun sostegno concreto e vivono nella costante paura che il loro caro possa sentirsi rifiutato da cattiveria e ignoranza.

D: Io ho una sorella con una condizione simile, cosa vi sentite di dire ai ragazzi che vedranno questo film insieme alle persone che gli vogliono bene? Quale messaggio vorresti arrivasse subito loro?

R: “Innanzitutto piacere di conoscerti perché è raro trovare persone come me. Vorrei che ognuno trovasse il suo messaggio. Questa è una storia che parla di frustrazione, ingiustizia, libertà, amore, passione e anche di voglia di ribellione. Ognuno ci vede quello che vuole. Io vorrei che ciascuno si chiedesse se sta vivendo la vita che vuol. È un film destinato agli uomini, alle donne e ai bambini e le bambine che diventeranno uomini e donne. Vorrei che si aprisse un un varco di luce, come la canzone di Paola e Chiara (ride ndr), sulla condizione delle persone che hanno una disabilità o una diversità in casa. Questa è una condizione della quale la società deve rendersi conto. Una semplice frase come ‘Vattene via’ è un gesto di esclusione che cambia la giornata e il peso di una famiglia. Basta veramente poco da per iniziare, poi da lì diventa anche un’esigenza dello stato”.