Lo scorso 28 marzo è uscito nelle sale italiane “Un Mondo a Parte”, il nuovo film del regista Riccardo Milani che, dopo il suo ultimo successo “Grazie Ragazzi”, collabora nuovamente con Antonio Albanese affidandogli anche qui la parte del protagonista. Troviamo, inoltre, Virginia Raffaele nel ruolo di coprotagonista.
“Un Mondo a Parte”, recensione
Michele (Antonio Albanese) è un uomo sulla sessantina che lavora come maestro elementare da tutta una vita. Ha passato gli ultimi trentacinque anni a Roma vivendo tristemente in una periferia che ormai gli sta sempre più stretta. È originario di Lodi, in Lombardia, e la quotidianità caotica della capitale lo ammazza ogni giorno di più. Lui sogna la natura incontaminata, un luogo dove riposare trovando pace nel silenzio, dove ci sono ancora bambini ingenui e inesperti ai quali trasmettere la voglia di costruire un futuro migliore. Circa un anno prima, preso da un impeto di disperazione, aveva fatto domanda di trasferimento a Rupe, un paese di appena 379 abitanti nascosto nel cuore del parco nazionale d’Abruzzo.
Una mattina, d’improvviso, il preside della scuola nella quale insegna gli comunica che la sua richiesta è stata accettata e che deve trasferirsi in montagna per insegnare in un istituto frequentato da meno di dieci alunni. Ma Michele è un uomo dai facili entusiasmi: è il tipo che si commuove, contento, davanti a un branco di cervi, o che si emoziona per la bellezza solenne di una distesa fitta e spessa di neve candida, o che si esalta dinnanzi alla sacrale magnificenza della natura selvaggia. Con un euforico slancio quasi infantile, col suo linguaggio aulico e desueto, risulta anche un po’ ridicolo quando allegro e con lo sguardo trasognato, pieno di belle speranze, si presenta alla gente di un Comune ormai abbandonato a se stesso da così tanto tempo che finanche Dio pare essersi dimenticato della sua esistenza. Anche quando rimane bloccato con la macchina in mezzo a una consistente nevicata, mentre si sta recando per la prima volta in paese, sul suo volto tondo proprio sotto il suo buffo naso a patata fa capolino un sorriso raggiante, quasi come se non si rendesse conto della situazione.
Michele ha l’entusiasmo canino di un Border Collie e Agnese, la vicepreside della scuola, se ne accorge subito: da un lato questa cosa la lascia sbigottita non essendo più abituata a provare gioia per nulla, ma dall’altro la incuriosisce maledettamente. Ed è così che si creerà un insolito rapporto di amicizia e collaborazione tra i due che dovranno cercare a tutti i costi di impedire che la scuola venga chiusa dal Ministero dell’Istruzione, a causa di un numero troppo basso di iscritti.
“Un Mondo a Parte”, critica
Riccardo Milani, affermato regista italiano, ritorna al cinema con “Un Mondo a Parte” a solo un anno di distanza dal suo ultimo successo “Grazie Ragazzi”. Come nel precedente film, il protagonista è Antonio Albanese che in questa storia condivide le scene con Virginia Raffaele, coprotagonista nella parte della vicepreside Agnese.
Questa pellicola esamina molti temi spinosi del nostro sistema scolastico, burocratico, politico e anche geografico: se da una parte ci mostra la crisi che sta affrontando il settore dell’insegnamento, tra docenti sottopagati che si ritrovano anche a improvvisarsi insegnanti di materie che non gli spettano, o la mancanza di fondi per il rinnovo delle strutture, o le classi sovraffollate nelle grandi città e con troppi pochi alunni nei piccoli borghi, dall’altra ci parla dei Comuni storici con scarsità di popolazione che stanno via via sparendo sempre più, abbandonati per incuria. Espone inoltre altri argomenti come il calo delle nascite, o la moria di braccianti per i lavori che non vuole fare più nessuno.
Se nelle prime scene iniziali si sviluppa bene, con un notevole ritmo comico che diverte, dopo i primi quaranta minuti scivola rapidamente verso il filone dell’assurdo e dell’assenza di realismo tipica delle fiction di Rai1. Quasi tutto il film ricorda, infatti, quei prodotti per la TV destinati alle prime serate della domenica. Per non parlare della colonna sonora, che arricchisce ancor di più quest’atmosfera speranzosa da surreale lieto fine per famiglie. Difatti, ad un certo punto, è come se la trama sprofondasse risucchiata in un vortice di situazioni inverosimili come se si volesse riempire degli spazi vuoti ad ogni costo. Tra l’irrealizzabile e l’inverosimile, diventa tutto caricaturale e privo di senso logico. Sarebbe bello se i problemi della vita si risolvessero con questa facilità da favoletta per le recite scolastiche, ma tutti noi sappiamo che non è così che gira il mondo.
In ogni caso, sempre lodevole la magistrale recitazione di Antonio Albanese che, però, in questo film risulta sprecata come se si facesse interpretare don Matteo ad Al Pacino.
Peccato perché la storia c’era, gli interpreti anche, l’inizio prometteva bene, ma la sceneggiatura improvvisamente precipita vorticosamente verso un irrimediabile paradosso.