Il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma ha chiesto che Lee Elder Finnegan e Gabriele Natale Hjorth, i due ragazzi americani finiti a processo con l’accusa di aver ucciso il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega nell’estate del 2019, vengano condannati, rispettivamente, a 23 anni e 9 mesi e 23 anni di carcere.

Omicidio Cerciello Rega, chiesti 23 anni di carcere per Elder e Hjorth dal pg

Lo scorso marzo i giudici della Corte di Cassazione avevano annullato la sentenza con cui i due ragazzi americani erano stati condannati a 24 anni e 22 anni di carcere per omicidio volontario aggravato e concorso in omicidio e avevano disposto, nei loro confronti, un nuovo processo di secondo grado.

Processo che, stando alle motivazioni, avrebbe dovuto ridiscutere, nel caso di Elder, il riconoscimento delle circostanze aggravanti, in particolare la sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale e, nel caso di Hjorth, l’accusa di concorso in omicidio.

Il procuratore generale della Corte d’Appello Bruno Giangiacomo ha chiesto, alla fine, un ridimensionamento minimo delle pene, sollecitando una riduzione di 3 mesi della condanna per Elder e l’aumento di un anno per quella del complice.

Stando a quanto ha riferito in aula oggi, 10 aprile, i due avrebbero “agito in concorso, sempre”. Il riferimento è ai fatti per i quali sono già stati riconosciuti colpevoli, quelli che il 26 luglio del 2019 portarono alla morte del vicebrigadiere dei carabinieri 35enne Mario Cerciello Rega.

La ricostruzione dell’omicidio

All’epoca dei fatti Elder e Hjorth avevano 18 e 19 anni. Si trovavano a Roma per trascorrere le vacanze quando, per le strade di Trastevere, si erano imbattuti in due spacciatori e avevano preso accordi per acquistare della cocaina.

La compravendita era andata male: i due ragazzi americani si erano accorti che al posto della sostanza concordata i due avevano dato loro dei medicinali polverizzati. Così, cercando vendetta, avevano rubato lo zaino di uno di loro: l’idea era quella di dargli appuntamento per restituirglielo in cambio dei soldi che avevano speso per la droga.

Avrebbero dovuto vedersi in via Pietro Costa, nel quartiere Prati: quando erano arrivati, Elder e Hjorth si erano però accorti che ad aspettarli non c’erano i due pusher, ma altri due uomini. Erano Mario Cerciello Rega e il collega Andrea Varriale. Ed erano entrambi disarmati.

La questione della resistenza a pubblico ufficiale

Questi ultimi, come da prassi, si erano identificati: in primo grado e in secondo grado si era arrivati alla conclusione che i due ragazzi avessero capito che fossero dei carabinieri in borghese e che avessero comunque deciso di colpirli; ora, accogliendo i rilievi della Cassazione, il pg ha fatto notare che “non ci sono elementi per stabilire che Elder conoscesse la parola ‘carabinieri'” (chiedendo che non gli venga riconosciuta l’aggravante della resistenza a pubblico ufficiale), mentre Hjorth, “che è italoamericano”, probabilmente se ne era reso conto.

Ciò che era successo dopo è cosa nota: Elder aveva impugnato il coltello di 18 centimetri che aveva portato con sé e aveva inferto al vicebrigadiere ben 11 colpi, lasciandolo a terra inerme mentre l’amico, il complice, se ne stava a guardare, preoccupandosi, subito dopo, di nascondere l’arma insanguinata. Cerciello Rega era morto tra le braccia del collega, rimasto a sua volta ferito. Si era sposato da poco più di un mese: la moglie, rimasta vedova, si è costituita parte civile nel processo a carico dei due ragazzi e chiede giustizia. Insieme all’uomo a cui hanno tolto la vita senza motivo sognava di avere dei figli.