Cos’è successo davvero a Niccolò Ciatti, il ragazzo originario di Scandicci che nell’estate del 2017 fu ucciso con un calcio alla testa in discoteca a Lloret de Mar, in Spagna? Sono in molti a chiederselo se ripensano alla sua storia, riportata alla mente da quella del 21enne di origini capoverdiane Willy Monteiro Duarte, che nel 2020 è stato pestato a morte dopo essere intervenuto in difesa di un suo amico a Colleferro. Per raccontarla dobbiamo tornare a quella sera di quasi sette anni fa.
La storia di Niccolò Ciatti, ucciso in discoteca a Lloret de Mar
Era agosto e come tanti italiani Niccolò Ciatti, di 22 anni, si trovava a Lloret de Mar, in Spagna, per trascorrere le vacanze insieme agli amici: nella notte fra l’11 e il 12, prima di tornare in Italia, si erano recati in una discoteca della nota località estiva. Poi alcuni di loro avevano avuto un diverbio con tre ragazzi di origini cecene.
Il 22enne, originario di Scandicci, si era messo in mezzo per fare da paciere, riuscendo ad evitare, almeno in un primo momento, che si arrivasse alle mani: poco dopo, fuori dal locale, i tre giovani “rivali” lo avevano rintracciato e aggredito, picchiandolo in maniera brutale fino a lasciarlo inerme a terra mentre in molti riprendevano l’aggressione con i loro smartphone.
Alle 5 del mattino del 12 agosto del 2017 è arrivata la telefonata che ci avvertiva che nostro figlio stava male. Ci siamo messi in viaggio verso la Spagna. Speravamo di portarlo a casa vivo e invece siamo ancora qui a piangerlo e a chiedere giustizia,
avrebbe ricordato, qualche hanno dopo, la madre, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Pochi giorni dopo l’aggressione Niccolò era morto in ospedale. Due dei suoi aggressori erano stati rilasciati quasi subito. Il terzo, Rassoul Bissoultanov, incarcerato.
La vicenda di Rassoul Bissoultanov
Bissoultanov, che come i due fratelli condannati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte a Colleferro conosceva molto bene le arti marziali, colpì il 22enne alla testa quando era già impossibilitato a muoversi, provocandone, di fatto, la morte: lo hanno stabilito i giudici che prima in Spagna e poi in Italia lo hanno condannato per omicidio volontario.
Il problema è che, ad oggi, l’uomo risulta latitante: dopo essere stato fermato dalle autorità spagnole aveva approfittato di un permesso concessogli per andare a trovare la famiglia a Strasburgo ed era fuggito, venendo catturato, poco dopo, in Germania. Una volta estradato in Italia, era stato nuovamente rimesso in libertà, rendendosi irreperibile.
La lotta della famiglia per la giustizia
Il pubblico ministero di Roma, Erminio Amelio, aveva chiesto ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di riconoscergli le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi, condannandolo all’ergastolo perché, secondo le ricostruzioni, quando pestò la vittima agì in maniera “lucida e consapevole”, senza aver neanche assunto alcol o droghe.
In Spagna era stato condannato a 15 anni. In Italia, alla fine, ha evitato il massimo della pena, ricevendo una condanna a 23 anni. Troppo poco, secondo la famiglia Ciatti, che da anni chiede giustizia per Niccolò, morto per essere intervenuto in difesa delle persone a cui voleva bene, senza motivo, come Willy, ma anche come Giovanbattista Cutolo, che la scorsa estate è stato freddato a colpi di pistola davanti a un locale di Piazza del Municipio, a Napoli, da un 17enne con cui dei suoi amici avevano avuto una discussione ed erano arrivati alle mani.
Si tratta di vicende che hanno lasciato i più esterrefatti. Come quella di Emanuele Morganti che, sempre nel 2017, fu pestato a morte davanti a un locale di Alatri, in provincia di Frosinone, da tre ragazzi che sono stati poi condannati per omicidio preterintenzionale: i concittadini Michael Fortuna, Paolo Palmisani e Mario Castagnacci.