In un contesto economico dove le transazioni commerciali sono all’ordine del giorno, le imprese si trovano spesso a gestire situazioni di crediti insoddisfatti. Questa problematica si manifesta quando un’azienda emette fatture verso i propri clienti che, per vari motivi, non vengono saldate. Tale scenario non solo impatta sulla liquidità dell’impresa, ma solleva anche questioni relative al trattamento dell’IVA su tali crediti. La legislazione fiscale italiana prevede specifici meccanismi attraverso i quali le imprese possono adeguare la propria posizione IVA in caso di crediti considerati irrecuperabili. Ecco come funziona il recupero IVA su crediti insoddisfatti e la relativa nota di variazione in base a una recente interpretazione dell’Agenzia delle Entrate.

Recupero IVA crediti insoddisfatti: procedura di liquidazione e conseguenze

Una situazione particolarmente complessa si verifica quando un debito insoddisfatto si inserisce in una procedura di liquidazione generale dei beni. Questo processo viene avviato quando un ente o un’azienda non è più in grado di soddisfare le proprie obbligazioni finanziarie nei confronti dei creditori, procedendo quindi alla liquidazione dei beni per tentare di soddisfare tali debiti. Il caso studio in esame riguarda una società, denominata nell’istanza ALFA Spa, che, dopo aver incorporato un’altra società, BETA Srl, si trova a gestire un credito non saldato da parte della Fondazione GAMMA, successivamente estinta.

L’articolo 26 del DPR 633/1972 gioca un ruolo molto importante in queste dinamiche. Esso consente alle imprese di emettere note di variazione in diminuzione dell’IVA per i corrispettivi non incassati, permettendo quindi un recupero dell’imposta precedentemente versata sulle fatture emesse e non pagate. La specificità del caso affrontato risiede nell’applicabilità di tale disposizione anche alle procedure di liquidazione non esplicitamente menzionate nella normativa fallimentare, ampliando così il campo di azione per le imprese creditrici.

La possibilità di emettere una nota di variazione in diminuzione al termine di una procedura di liquidazione generale apre nuove prospettive per le imprese che si trovano a fronteggiare crediti insoddisfatti. La chiave di volta sta nell’interpretazione sistematica della normativa IVA, che permette di estendere l’applicabilità dell’articolo 26 del DPR 633/1972 anche a situazioni non convenzionali, come dimostra il riferimento alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Come funziona la nota di variazione: il processo di emissione

Per le imprese che intendono procedere con l’emissione di una nota di variazione, il percorso prevede innanzitutto la conclusione della procedura di liquidazione, con la definizione del bilancio finale e del piano di riparto. Successivamente, è fondamentale valutare l’ammontare del credito rimasto insoddisfatto e procedere con l’emissione della nota di variazione in diminuzione, recuperando così l’IVA precedentemente versata. Questa operazione deve essere effettuata entro i termini previsti per l’invio della dichiarazione annuale IVA.

Gestione IVA: variazioni normative, fino al Decreto Sosteni-bis

Nell’ambito delle normative fiscali, l’articolo 26 del decreto IVA si pone come un punto di riferimento essenziale per le imprese che si trovano a gestire crediti non incassati. Questa disposizione normativa, infatti, stabilisce le condizioni sotto le quali è possibile effettuare variazioni in diminuzione dell’imponibile e dell’IVA, una pratica facoltativa che trova applicazione in casi specificamente delineati dalla legge. La gestione dell’IVA in presenza di crediti insoddisfatti è stata oggetto di numerosi aggiornamenti normativi, culminati con le modifiche introdotte dal Decreto Sostegni-bis.

Con l’avvento del Decreto Sostegni-bis, la procedura per la variazione dell’IVA in caso di crediti insoddisfatti ha subito un’importante semplificazione. Non è più necessario attendere la conclusione delle procedure concorsuali per procedere con la variazione in diminuzione dell’IVA su corrispettivi non incassati. Tuttavia, questa novità trova applicazione esclusivamente per le procedure avviate successivamente al 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Decreto. Di conseguenza, per le procedure iniziate prima di tale data, rimane valido il principio che obbliga a attendere l’esito infruttuoso della procedura concorsuale.

Recupero IVA crediti insoddisfatti: cosa dice l’Agenzia delle Entrate

La procedura di liquidazione generale dei beni segue principi analoghi a quelli della liquidazione coatta amministrativa, concernendo gli effetti della liquidazione sui creditori, la gestione delle comunicazioni, la formazione dello stato passivo, e altre fasi cruciali per il soddisfacimento delle ragioni creditorie. In questa ottica, l’articolo 26 del decreto IVA si applica efficacemente anche alle procedure di liquidazione generale, permettendo il recupero dell’IVA in caso di mancati pagamenti.

Nel caso specifico di un debitore sottoposto a procedura concorsuale prima del 26 maggio 2021, l’impresa creditrice deve attendere la conclusione infruttuosa della procedura per emettere la nota di variazione in diminuzione. Questa attesa è necessaria per stabilire definitivamente l’infruttuosità dei tentativi di recupero del credito. Al termine di questo processo, la nota di variazione può essere emessa, permettendo all’impresa di adeguare la propria posizione IVA rispetto ai corrispettivi non incassati.

È importante sottolineare che la nota di variazione deve essere emessa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale IVA relativa all’anno in cui si verifica il presupposto di infruttuosità della procedura. Questo aspetto è particolarmente rilevante per garantire la corretta applicazione delle disposizioni normative e permettere alle imprese di recuperare l’IVA in maniera conforme alla legge.