Il bando al mining proposto recentemente in Paraguay fa molto discutere, anche all’interno del Paese sudamericano. Ove il provvedimento fosse effettivamente approvato, il conto per le casse statali sarebbe molto salato, attestandosi a quota 200 milioni di dollari.
A indicare il dato finanziario è stato Jaran Mellerud, co-fondatore e capo stratega del settore del mining di Hashlabs Mining. Un dato su cui il governo paraguayano dovrà operare una riflessione, per capire la linea di condotta da adottare.
Paraguay e mining: cosa sta accadendo
Il passato 4 aprile, il governo del Paraguay ha presentato un disegno di legge teso a fermare le attività di mining all’interno del Paese. Un bando che dovrebbe durare 180 giorni o il tempo necessario per poter promulgare un nuovo regolamento e consentire all’operatore della rete elettrica nazionale di garantire l’energia sufficiente ai minatori, senza dover sacrificare altre esigenze.
Il provvedimento è stato reso necessario dalla presenza in Paraguay di un gran numero di minatori illegali, che sottraggono alle altre attività il quantitativo di energia necessaria, causando continue sospensioni nella fornitura. A pagare il conto sono ora chiamati tutti i miners, compresi quelli legali, che avevano individuato nel Paese un sito ideale per la propria attività.
Un conto il quale, però, si prospetta salato anche per il Paraguay. Stando a quanto riferito da Jaran Mellerud, infatti, sarebbero non meno di 200 i milioni di dollari cui il governo di Asunción dovrebbe rinunciare ove decidesse di andare a fondo sulla questione. Ecco quanto detto al proposito da Mellerud: “Vietare il mining di Bitcoin potrebbe costare al Paraguay più di 200 milioni di dollari l’anno, ipotizzando che il Paese abbia 500 megawatt di miner legali che pagano 0,05 dollari statunitensi per kilowattora in spese operative.”
Dati su cui occorre riflettere
Per capire meglio il dato fornito da Mellerud, occorre sottolineare che il Paraguay è un Paese popolato da 6,8 milioni di persone, con un Prodotto Interno Lordo pari a 41,7 miliardi di dollari. Un dato fornito da Worldometers e relativo al 2022, che pone il Paese al 94° posto a livello globale. Possiamo quindi paragonare i 200 milioni in questione ad una finanziaria come quelle approvate di anno in anno nel nostro Paese, per dare una idea più esauriente della questione.
Il settore del mining fornisce un contributo non proprio irrisorio alla bilancia economica del Paraguay e proprio questo è un dato difficilmente ignorabile. Come, del resto, è difficilmente complicato ignorare il fatto che le oltre 50 operazioni clandestine condotte dai minatori illegali abbiano causato un danno pari a 60 milioni di dollari. Questo soltanto dal mese di febbraio in poi, costringendo le autorità ad intervenire per ovviare ad una situazione ormai fuori controllo.
Il Paraguay potrebbe diventare un sito privilegiato per il mining di criptovaluta
Nella discussione in atto, si va poi ad inserire un’altra considerazione di un certo rilievo. Le aziende minerarie degli Stati Uniti, infatti, già da tempo hanno espresso la propria intenzione di espandersi. Per farlo sono naturalmente alla ricerca di Paesi che prospettano condizioni ideali per i nuovi impianti.
Il Paraguay, insieme all’Argentina, presenta in effetti queste condizioni, a partire dalla fornitura di elettricità a basso costo. La centrale elettrica di Itaipu, posizionata nell’area dell’Alto Paraná, garantisce l’intero fabbisogno energetico del Paese, a costi estremamente convenienti. Come si è visto, però, le operazioni illegali si sono tradotte nell’interruzione frequente della fornitura, con danni finanziari di grande rilievo.
Una situazione che assomiglia molto a quella verificatasi in Kazakistan, qualche anno fa. In quella occasione il governo locale decise infine di risolvere la questione espellendo le mining farm dal Paese. Una situazione che potrebbe ripetersi ora in Paraguay, a causa delle operazioni illegali, il cui conto viene inesorabilmente presentato agli operatori legali.