Dopo sette anni dall’esposizione della denuncia e poco più di quattro anni dalla pronuncia della sentenza, che ha suscitato grande interesse a livello nazionale, si è conclusa la vicenda legale riguardante il padre cinquantenne residente ad Asti, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale nei confronti della figlia minorenne. La Corte di Cassazione ha ratificato la condanna a 4 anni e 6 mesi emessa in seguito al secondo grado di giudizio, tenutosi a Torino.
L’uomo, impiegato come assistente cuoco presso un ristorante ad Asti, si è autoconsegnato alle autorità carcerarie di Vercelli, dove in passato aveva già scontato pene detentive per reati di rapina.
Violenze sulla figlia, confermata in Cassazione condanna a 4 anni e mezzo
Nel gennaio del 2017, una ragazza di 16 anni, studentessa, si era confidata prima con alcuni parenti e successivamente con le forze dell’ordine, denunciando: “Mio padre compie atti riprovevoli nei miei confronti quando rientra a casa dai suoi permessi detentivi. E mia madre è a conoscenza della situazione ma non interviene, non mi protegge”.
La giovane era stata immediatamente collocata in una struttura protetta. I parenti del ramo materno, non informati della denuncia al fine di non compromettere le indagini, avevano diffuso la notizia dell’allontanamento della ragazza ai mezzi di informazione.
In realtà, la ragazza era già in un luogo sicuro. L’ufficio del pubblico ministero aveva concluso le indagini coinvolgendo entrambi i genitori, i quali erano stati rinviati a giudizio per il reato di violenza sessuale in concorso. Una vicenda drammatica che era rimasta circoscritta alle cronache locali fino al 18 dicembre 2019, data dell’ultimo processo di primo grado ai due imputati: durante tale udienza, il presidente della corte, Roberto Amerio, aveva letto la sentenza di condanna a 11 anni per il padre e a 4 anni per la madre, senza consentire l’intervento difensivo dell’avvocato del padre, violando così il codice di procedura penale che garantisce il diritto inderogabile della difesa di esporre le proprie argomentazioni prima della camera di consiglio dei giudici.
L’annullamento e la nuova condanna
La Corte d’Appello, successivamente, aveva annullato tale verdetto, ordinando un nuovo processo presso un diverso collegio del tribunale di Asti.
Nel 2021, il padre era stato nuovamente condannato, questa volta a 7 anni, mentre la madre, difesa dall’avvocato Alberto Masoero, era stata assolta. L’avvocato del padre, Silvia Merlino, aveva presentato ricorso contro questa nuova sentenza e un’altra sezione della Corte d’Appello, nel 2022, aveva ridotto ulteriormente la pena a 4 anni e 6 mesi. Restava aperta la possibilità di un ultimo ricorso in Cassazione per l’assistente cuoco, il quale ha costantemente affermato la sua innocenza. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto tale istanza.
Poco dopo questa decisione, l’uomo si è presentato volontariamente nel carcere di Vercelli per scontare la pena.
In precedenza, la figlia, diventata maggiorenne, aveva ritirato la sua costituzione di parte civile, rinunciando a richiedere risarcimenti. Tuttavia, non era possibile revocare la denuncia, poiché il reato di violenza sessuale su minorenni è perseguibile d’ufficio. “Si tratta di un epilogo triste poiché il mio assistito, negli anni precedenti, era riuscito a ricostruirsi una vita”, sottolinea l’avvocato Merlino. “Dopo le condanne subite in giovane età, tutte già scontate, era riuscito a riacquistare la libertà e a ottenere un lavoro stabile. Spero che, tra poco più di un anno, possa beneficiare di misure alternative alla detenzione”.
Finora, non sono state prese sanzioni nei confronti dei tre magistrati che hanno emesso la sentenza senza consentire l’intervento della difesa. Le due giudici a latere sono state completamente scagionate dal Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), mentre al presidente Amerio è stata inflitta una censura. Tuttavia, tale provvedimento disciplinare è stato annullato dalle sezioni unite civili della Cassazione, le quali hanno ordinato al CSM una nuova valutazione, tenendo conto delle “circostanze stressogene” legate al carico di lavoro del presidente Amerio, che attualmente presta servizio a Savona dall’autunno 2019.
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