“C’eravamo tanto amati o forse no”. Ci sono matrimoni di interesse, così come ci sono alleanze politiche dove uno solo dei due contraenti è innamorato mentre l’altro è interessato a trarre benefici dall’unione, per poi scappare via il prima possibile.

È quanto accaduto nell’alleanza del Partito democratico con il Movimento Cinque Stelle, solo che i pentastellati erano stati chiari dall’inizio: mai con il Pd! Ma i dem hanno continuato in questi dieci anni, dal primo giorno che sono arrivati in Parlamento (il 2013) a rincorrerli e ad appoggiarli in ogni tipo di iniziativa, alcune assolutamente populiste e poco coerenti con il partito democratico come il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari.

“Il Pd meno Elle” e l’umiliazione di Bersani in streaming

Correva l’anno 2013, un anno di imprevisti per la politica italiana e il Belpaese, prima il segretario del Pd, Pierluigi Bersani che con aria intimorita annunciava: “Abbiamo NON vinto”, poi la rielezione di Giorgio Napolitano, il Pontefice che si dimette, ma soprattutto l’approdo in Parlamento del Movimento dell’ex comico Beppe Grillo creato proprio in contrapposizione alla politica.

Il Movimento Cinque Stelle era nato proprio in contrapposizione alla corruzione politica e ai partiti considerati ormai superati, sia a destra che a sinistra. Dal palco Beppe Grillo non mancava di aizzare le folle non solo contro il Partito dello ‘psiconano‘, nome con cui etichettava Silvio Berlusconi, ma anche contro i dem il cui partito veniva definito ‘PD meno Elle‘, squalificato così come una copia sbiadita del Popolo delle Libertà.

Dopo le elezioni governative del 2013 il Partito democratico si trovò di fronte a una doppia umiliazione, scotto che dovette però pagare nella sua persona il segretario di allora, Pierluigi Bersani.

Prima l’ammissione, da parte di Bersani, di essere il primo partito ma di non aver vinto, ovvero non avere i numeri necessari per governare, poi le consultazioni in diretta streaming dove il M5s umiliava e respingeva la possibilità di un’alleanza da parte del Pd.

Il “Partito di Bibbiano”, la crisi del Conte I e l’addio di Renzi

Le accuse del Movimento verso i dem continuarono su tutti i fronti, una delle campagne peggiori fu quella in cui M5s, Lega e Fratelli d’Italia tutti insieme si unirono nell‘accusare il Partito democratico di aver fatto levare i figli a coppie etero per poterle dare in affidamento a coppie omosessuali.

Entra in scena nel 2019 il cosiddetto “Caso Bibbiano”, piccolo centro di 10mila abitanti nella provincia di Reggio Emilia, salito agli onori della cronaca per delle indagini in cui venivano accusati assistenti sociali e amministratori comunali di aver facilitato alcune adozioni ‘arcobaleno‘. Indagine archiviata con l’assoluzione degli indagati ma che si trascinò dietro una campagna contro il sindaco dem di allora e le accuse al Pd di essere ‘il partito di Bibbiano’ ovvero il partito corrotto anche moralmente a scapito di bambini e famiglie povere.

L’inchiesta ‘Angeli & Demoni’ però non impedì pochi mesi dopo al Partito democratico di tendere una mano al Movimento dopo la caduta del Conte I e l’uscita della Lega dal Governo.

Nacque così il Governo Giallo-Rosso, nel settembre del 2019, con il Movimento che si ritrovò spalleggiato proprio dal Partito di Bibbiano che vide l’uscita dal proprio Partito da Matteo Renzi e da tutta la componente moderata e progressista.

Zingaretti, il referendum sulla riduzione dei parlamentari e la Regione Lazio con la stampella M5S

Dopo l’addio di Renzi che fondò Italia Viva restando in Parlamento con l’appoggio del Psi, arrivò un nuovo Partito in contrapposizione a quello democratico, nacque anche Azione di Carlo Calenda dove confluirono nei mesi successivi numerosi moderati del Pd.

Il fascino populista del Movimento portò il Pd a snaturarsi al punto da appoggiare il referendum sulla riduzione dei parlamentari. Il voto e il quorum vennero raggiunti, ma nel frattempo Nicola Zingaretti, Presidente del Lazio e contemporaneamente segretario del Pd, portò in Regione, nella sua Giunta, il M5S che ne assicurava il proseguimento. Con la nomina ad assessore della regione Lazio di Roberta Lombardi e Valentina Corrado (entrambe M5s) 

Un anno e mezzo dopo le primarie però Nicola Zingaretti che aveva sperimentato l’alleanza a livello locale con i conquestelle, si dimise. Tornava nel frattempo da Parigi Enrico Letta che restò fedele al matrimonio voluto da Goffredo Bettini fino alla fine del suo mandato in segreteria.

Schlein, il campo largo e lo strappo barese

L’arrivo della ventata fresca di Elly Shlein, donna giovane ed ex rifondarola, come segretaria nel Pd non ne cambiò le impostazioni, rimase al centro l’alleanza con il Movimento Cinque Stelle, così come voluto dal guru dell’accordo Goffredo Bettini.

Schlein proseguì nelle regionali con l’accordo con il leader del M5s, Giuseppe Conte, un successo in Sardegna, un flop in Abruzzo e uno strappo finale a Bari.

Il tutto con un logorio costante per il Pd che dopo un primo slancio iniziale continua a perdere pezzi nell’indice di gradimento a favore dell’ex alleato ‘giallo’, il M5S che adesso gode di ottima salute e paradossalmente a Bari si trova ad appoggiare lo stesso candidato, Michele Laforgia, del suo nemico giurato, Italia Viva.

Giuseppe Conte, nonostante l’astio politico con Matteo Renzi, dalla caduta del Governo Conte II, andrà a sostenere a Bari lo stesso candidato, ma soprattutto politicamente ha finito con lo sfiancare i dem peggio di come fece a suo tempo Matteo Renzi, prima e dopo la sua segreteria.