Il quarto halving di Bitcoin è previsto per il prossimo 20 aprile, ma come nelle occasioni precedenti se ne parla ormai da mesi. In particolare, molti cercano di capire se anche in questa occasione le dinamiche innescate saranno le stesse.

Una domanda che si pongono anche i miners di BTC, alla luce degli imponenti investimenti fatti per poter condurre la loro attività. Soprattutto al fine di capire se la sua redditività sia destinata a mutare e di quanto.

La redditività del mining di Bitcoin potrebbe non risentire dell’halving

A dare una risposta in tal senso è stato Laurent Benayoun, CEO di Acheron Trading, nel corso di un’intervista rilasciata a Cointelegraph. Secondo lui, il mining di Bitcoin potrebbe anche non perdere in termini di redditività. Una tesi abbastanza sorprendente, considerato come si tratti di un vero e proprio dimezzamento delle ricompense spettanti per ogni blocco estratto.

A detta di Benayoun, infatti, la diminuzione di quanto spettante per il mining verrebbe ad essere compensata dall’aumento delle commissioni di transazione. Per tali si intendono le fee versate dagli utenti al fine di incentivare i minatori ad includere una transazione nel blocco successivo.

A rendere sorprendente quanto affermato è proprio l’esperienza storica. Ogni volta che si è verificato un halving, infatti, le aziende più piccole hanno dovuto abbandonare il campo. Non si capisce, almeno al primo impatto, perché stavolta dovrebbe essere diverso.

A spiegarlo è ancora Benayoun, secondo il quale ad incrementare le commissioni di rete interverrebbero stavolta non solo le inscription di Ordinals, ma anche la nascente finanza decentralizzata sulla blockchain (BTCFi). Ecco le testuali parole di Benayoun al proposito: “Abbiamo visto spuntare NFT sulla blockchain di Bitcoin e abbiamo assistito ad una serie di progetti che cercano di sviluppare la DeFi sulla rete di Bitcoin. Quindi tutti questi elementi stanno portando a un aumento delle fee di rete”.

Sempre a detta di Benayoun, il preventivato apprezzamento di Bitcoin, mixandosi con l’aumento delle commissioni di rete diminuirà sostanzialmente il numero delle mining farm costrette a cessare l’attività, rispetto ai cicli passati.

Alcuni dati per capire meglio

Per cercare di capire meglio quanto detto sinora, conviene a questo punto riferire alcuni dati. A partire da quello relativo alla media delle fee di transazione su BTC, che è attualmente pari a 4,88 dollari per operazione. Un dato in notevole calo se riferito a quello di un mese fa, quando viaggiava sui 16,13 dollari.

Stando ai dati di YCharts, inoltre le commissioni sono cresciute addirittura di oltre l’86% nel corso dell’ultimo anno. Un dato il quale può aiutare a comprendere meglio le dichiarazioni di Benayoun.

Molto interessante è poi quanto dichiarato, sempre a Cointelegraph, dal CMO di NiceHash, Joe Downie, secondo il quale il dato dirimente è la soglia dei 70mila dollari. Ove la quotazione dell’icona crypto restasse sopra quella soglia, per le aziende minerarie dedite a BTC il profitto sarebbe comunque assicurato per la gran parte di esse. A renderle tali il fatto che con le attuali ricompense dei blocchi il mining è già redditizio con un prezzo pari a 35mila dollari. Solo sotto tale soglia il lavoro sarebbe in perdita.

I dati snocciolati da Downie acquistano maggior valore alla luce del comportamento di Bitcoin nel corso degli ultimi giorni. Stando ai dati di CoinMarketCap, infatti, la sua quotazione è sotto la fatidica soglia dei 70mila dollari ormai dal primo giorno di aprile.

È ancora il CMO di NiceHash a ricordare un altro dato che andrebbe calato senz’altro nella discussione in atto. Stiamo parlando della qualità e dell’efficienza energetica dei dispositivi impiegati dai miners. Secondo Downie, infatti, gli halving di Bitcoin “…rendono meno redditizio l’hardware più obsoleto a causa della minore ricompensa ricevuta per il lavoro svolto dalla macchina”.

In pratica, solo i modelli più moderni ed efficienti dal punto di vista energetico assicureranno redditività. Contrariamente da quanto pensano in molti, quindi, il discrimine non è rappresentato dalle dimensioni dell’azienda mineraria, bensì dai macchinari impiegati.