La cardiomiopatia ipertrofica è una malattia cardiaca caratterizzata dall’ispessimento eccessivo del muscolo cardiaco, che può portare a una serie di complicazioni gravi.

È la patologia che ha colpito l’attrice e comica, Katia Follesa. Questa condizione può essere ereditaria o svilupparsi nel corso della vita e può causare sintomi come affaticamento, dispnea (difficoltà respiratoria), dolore toracico, svenimenti e aritmie cardiache.

Scendiamo nei dettagli e vediamo come si caratterizza questa patologia e come si cura.

Che malattia ha Katia Follesa?

Katia Follesa ha affrontato una serie di problemi di salute che hanno significativamente influenzato il suo stile di vita. Nel 2006 le è stata diagnosticata con la cardiomiopatia ipertrofica, una condizione congenita che coinvolge un ispessimento eccessivo del muscolo cardiaco.

Successivamente ha dovuto subire un intervento al cuore, operazione che si è resa necessaria a causa della sua condizione. Sebbene questa malattia non sia ostruttiva, ha obbligato Katia a intraprendere un lungo percorso di terapia che sarà parte integrante della sua vita.

La scoperta di questa condizione è stata uno dei motivi che l’hanno spinta a modificare il suo regime alimentare e a iniziare un programma di esercizio fisico sotto la guida di un personal trainer. Ecco perché l’attrice ha perso oltre 20 chili.

Che cos’è la cardiomiopatia ipertrofica

La cardiomiopatia ipertrofica rappresenta la forma più diffusa di cardiomiopatia, con una prevalenza stimata di circa 1 caso su 500 nella popolazione. Caratterizzata dall’ispessimento eccessivo del muscolo cardiaco, coinvolge principalmente il setto ventricolare. In molti casi, la malattia ha un’origine ereditaria.

Spesso, una parte significativa dei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica, non presenta sintomi evidenti e si stima che solo una minoranza abbia ricevuto una diagnosi clinica. La malattia tende, infatti, tende a essere diagnosticata in età adulta, con un’età media di circa 40 anni.

Questa rappresenta una delle principali cause di morte improvvisa e inaspettata tra i giovani atleti.

Le manifestazioni cliniche della cardiomiopatia ipertrofica variano ampiamente, spaziando dall’assenza di sintomi e una vita normale, fino all’insorgenza di gravi complicazioni come l‘insufficienza cardiaca, l’ictus o la morte improvvisa. La malattia può insorgere in qualsiasi fase della vita, anche durante l’infanzia, con un esordio precoce che spesso si associa a una prognosi meno favorevole.

Quali sono i sintomi della cardiomiopatia ipertrofica

La maggior parte dei pazienti presenta sintomi lievi o del tutto assenti. I sintomi sono spesso accentuatati dopo i pasti. Ecco i più comuni:

  • Dispnea (più comune);
  • Dolore al petto;
  • Palpitazioni;
  • Presincope e sincope;
  • La morte improvvisata a volte può essere la prima manifestazione della malattia.

Diagnosi di cardiomiopatia ipertrofica

Nel processo di diagnosi differenziale dell’ipertrofia ventricolare sinistra, è fondamentale escludere l’ipertensione e le malattie valvolari, poiché entrambe sono comuni cause diagnostiche alternative.

A volte si tratta del cosiddetto cuore sportivo, che si verifica spesso in atleti impegnati in allenamenti prolungati e intensi, caratterizzato da un adattamento fisiologico che può portare alla dilatazione del ventricolo sinistro e, talvolta, all’ipertrofia delle pareti ventricolari.

Tuttavia, solo un piccolo numero di atleti di élite presenta uno spessore di parete nel ventricolo sinistro che si colloca nella zona grigia tra cardiomiopatia e un’ipertrofia ventricolare sinistra fisiologica, stimato intorno al 2%. I canottieri, i canoisti e i ciclisti sembrano essere particolarmente colpiti da questo fenomeno.

Alcuni segni che indicano una maggiore probabilità di cardiomiopatia ipertrofica includono un diametro ventricolare sinistro inferiore a 45 mm, una storia familiare, ipertrofia asimmetrica pronunciata all’ecocardiografia e cambiamenti ECG aberranti.

Per stabilire la diagnosi, è necessario uno spessore massimo della parete ≥ 15 mm in qualsiasi parte del ventricolo sinistro, dopo aver escluso altre cause di ipertrofia cardiaca come ipertensione e malattie valvolari. Inoltre, se due parenti stretti soddisfano questi criteri (o se c’è una diagnosi genetica positiva), la malattia è considerata ereditaria.

Quali metodi diagnostici vengono utilizzati?

I metodi diagnostici utilizzati sono:

Elettrocardiogramma (ECG):
L’ipertrofia ventricolare sinistra spesso si riflette sull’ECG attraverso diversi segni distintivi, tra cui ampiezze elevate delle complessi QRS, prolungamento della durata dei complessi QRS, e depressione o inversione degli segmenti ST-T. Inoltre, possono essere presenti segni di allargamento dell’atrio sinistro e talvolta onde Q patologiche. L’ECG può variare da leggere alterazioni dell’onda T a segni più evidenti di ipertrofia.

Ecocardiografia:
L’ecocardiografia rappresenta uno strumento diagnostico fondamentale per l’identificazione dell’ipertrofia ventricolare sinistra, poiché offre una diagnosi precisa e dettagliata. Tipicamente, l’ecografia cardiaca mostra un ispessimento del muscolo cardiaco, spesso più pronunciato nel setto ventricolare. In alcuni casi, si possono osservare anche forme di ipertrofia concentrica o apicale.

Il diametro del ventricolo sinistro può essere normale o leggermente ridotto, mentre l’atrio sinistro risulta spesso ingrandito. Nei casi di ostruzione del deflusso, si può osservare il fenomeno della “SAM” (systolic anterior motion) delle valvole mitraliche. È importante anche valutare la funzione diastolica, che può essere compromessa, mentre la funzione sistolica, espressa come frazione di eiezione (EF), tende a rimanere nella norma.

Il cardiologo per confermare la diagnosi, può anche richiedere una Risonanza Magnetica e un ECG sotto sforzo. O ancora scintigrafia, angiografia coronarica, biopsia cardiaca.

Come si cura la cardiomiopatia ipertrofica

Il trattamento farmacologico dell’ipertrofia cardiaca, sia ostruttiva che non ostruttiva, si basa sulla gestione dei sintomi.

Inizialmente, il beta-bloccante ad alte dosi è la terapia di prima scelta, con l’obiettivo di controllare i sintomi e ridurre il rischio di complicazioni. Nei casi di ostruzione con sintomi refrattari, nonostante il trattamento farmacologico massimo, può essere considerato un trattamento invasivo di riduzione del setto mediante miectomia o ablazione alcolica.

Per i pazienti a rischio di morte improvvisa, è opportuno valutare l’uso degli impianti di defibrillatore cardioverter (ICD). Nei casi di insufficienza cardiaca avanzata, è possibile ricorrere alla terapia standard per l’insufficienza cardiaca o, in casi estremi, al trapianto cardiaco.

Per la maggior parte dei pazienti, la prognosi è generalmente favorevole, con una bassa mortalità annuale. Tuttavia, il trattamento dipende dalle condizioni specifiche del paziente e dalla gravità della malattia. È importante adottare un approccio personalizzato per garantire il miglioramento della qualità della vita e la riduzione del rischio di complicanze cardiache.