Abiti e accessori griffati Giorgio Armani, ma prodotti da lavoratori cinesi seguendo turni massacranti e con stipendi da fame. La società che produce e commercializza abbigliamento e accessori dei principali brand dello stilista, GA Operations Spa, è in amministrazione giudiziaria: lo ha stabilito il Tribunale di Milano oggi 5 aprile 2024.
L’azienda è finita al centro di un’inchiesta per sfruttamento della manodopera. Secondo i giudici avrebbe ‘agevolato il caporalato’ perché, nonostante conoscesse le condizioni di sfruttamento degli operai impiegati dai suoi fornitori, non sarebbe mai intervenuta.
Giorgio Armani operations SpA in amministrazione giudiziaria: l’inchiesta per caporalato
Il provvedimento è stato emesso nell’ambito dell’inchiesta, condotta dai pm Paolo Storari e Luisa Baima Bollone e dal nucleo ispettorato del lavoro dei Carabinieri, sulle rete delle società subappaltatrici di GA operations.
Secondo il Tribunale di Milano “è fuor di dubbio” che la Giorgio Armani operations
non abbia mai effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate.
Inoltre, si legge ancora nel provvedimento, la società è rimasta “inerte” pur venendo a conoscenza di come le ditte esternalizzassero le produzioni,
omettendo di assumere iniziative come la richiesta formale della verifica della filiera dei subappalti o di autorizzazione alla concessione dei subappalti.
Alla GA Operations viene quindi contestata una “condotta agevolatrice” per caporalato in relazione a tutti quei lavoratori che producono, in subappalto, vestiti e accessori del colosso della moda.
L’azienda continuerà a operare
La GA Operations, come precisato dal Tribunale, potrà comunque continuare a lavorare, dato che il provvedimento della durata di un anno non prevede
l’impossessamento degli organi amministrativi consentendo quindi alla società la piena operatività sul piano imprenditoriale.
L’amministratore giudiziario Antonio Capiti, infatti, affiancherà la società per aiutarla a implementare un programma di “riqualificazione” degli “assetti organizzativi interni”. In modo da prevenire che certe situazioni di sfruttamento dei lavoratori possano nuovamente ripetersi.
Stabilimenti attivi per oltre 14 ore al giorno e paghe da 3 euro l’ora
Dai sopralluoghi effettuati negli opifici che producono, in subappalto, borse e cinture per la Giorgio Armani operations, è emerso come fossero attivi anche oltre 14 ore al giorno. Non solo nei giorni feriali, ma anche durante i festivi.
Un dato che evidenzia come i lavoratori effettivi fossero in numero maggiore rispetto a quelli rinvenuti, impiegati “in nero”. Oppure che, invece, fossero in realtà pochi, ma sottoposti a turni massacranti.
Inoltre, come dichiarato dagli stessi operai cinesi, sarebbero state corrisposte paghe di 2/3 euro orarie: quindi “al di sotto del minimo etico”.
Il commissariamento non riguarda solo il brand Giorgio Armani: lo scorso gennaio anche la Alviero Martini Spa è stata posta in amministrazione giudiziaria sempre per caporalato.
La nota dell’azienda: “Sempre attuato misure di controllo”
La società di moda ha diffuso un comunicato, in cui sottolinea che chiarirà la propria posizione in merito alla vicenda.
Apprendiamo della misura di prevenzione decisa dai Tribunali di Milano nei confronti della GA Operations. La società ha da sempre in atto misure di controllo e di prevenzione atte a minimizzare abusi nella catena di fornitura
si legge sulla nota.
La GA Operations collaborerà con la massima trasparenza con gli organi competenti per chiarire la propria posizione rispetto alla vicenda.