Era il 1989 quando un trio praticamente sconosciuto ai più, proveniente di Aberdeen, negli Stati Uniti, pubblicò Bleach, oggi pietra miliare del genere grunge e del rock alternativo. A capo della band c’era un giovanissimo Kurt Cobain, che in pochi anni, grazie ad una massiccia dose di talento e al suo carattere istrionico, si trasformò in una delle più grandi icone musicale del suo secolo.
Al basso sin dagli esordi, l’amico fraterno Krist Novoselic e infine, per l’album Nevermind, entra in scena un nuovo batterista: Dave Grohl, che sarebbe diventato non molto tempo dopo il leader dei Foo Fighters, passando a chitarra e voce.
Dopo numerosi successi, milioni di dischi venduti e una serie di tour in giro per il mondo, Cobain si toglie la vita un colpo di fucile a 27 anni, diventando una delle grandi leggende del rock insieme a Jimi Hendrix, Jim Morrison (The Doors) e Janis Joplin.
Dalla sua morte, avvenuta il 5 aprile 1994 sono passati 30 anni. Quali sono i migliori album dei Nirvana? Scopriamolo insieme.
Nirvana, i migliori album della band di Kurt Cobain: Bleach (1989)
Nel 1989 i Nirvana pubblicano “Bleach”, loro disco d’esordio prodotto dalla Sub Pop Records di Seattle, soprannominata la “città del grunge”. Un album sporco, genuino e “figlio spirituale” per sonorità di band come i Mudhoney con la loro Touch Me I’m Sick o dei Melvins. Nel disco figurano due differenti batteristi tra cui Chad Channing e Dave Clover.
Tra le canzoni più amate di Bleach troviamo About a girl, School, Love Buzz e Negative Creep. Ad oggi, è l’album più venduto della Sub Pop.
Nirvana – Nevermind (1991)
Dopo il grande riscontro di pubblico e critica avvenuto con “Bleach”, i Nirvana ritornano con “Nevermind”. Chad Channing lascia il progetto ed entra Dave Grohl, batterista e polistrumentista, considerato già all’epoca uno dei più grandi musicisti della scena alternative statunitense. Il disco, pubblicato con l’etichetta Geffen Records è stato prodotto da Butch Vig, conosciuto non solo per il suo ruolo di produttore musicale ma per essere il batterista dei Garbage.
Sarà lui il tassello mancante del trio, non un mero mercenario della musica, ma collaboratore attivo non solo sulle percussioni ma nelle composizioni dei brani, tra cui linee melodiche e chitarra. L’album è un avvicinamento del gruppo a sonorità – oltre il grunge – più pop, come nel caso di “Come as you are” le alternative “In Bloom” e “Breed” e l’inno rock “Smells Like Teen Spirit”.
In Italia ha totalizzato 200.000 copie vendute ed è diventato disco di platino secondo le certificazioni FIMI.
In Utero (1994)
Il 1994, come il 2017 per i Linkin Park, è uno degli anni peggiori per il gruppo. Da una parte, la band pubblica In Utero, il loro terzo ed ultimo album prodotto dal compianto Steve Albini, dall’altra Kurt Cobain muore suicida all’apice della carriera artistica il 5 aprile 1994. Il trio abbandona le sonorità pop sperimentate in Nevermind per lavorare su un album più “oscuro”, “punk” e “crudo” anche per quanto concerne i testi dell’artista.
Il disco viene inserito tra i 500 dischi più importanti nella storia del rock e contiene al suo interno “Heart Shaped Box” con uno splendido videoclip diretto dal regista Anton Corbjin, considerato uno dei migliori registi di videoclip musicali, la controversa Rape Me e All Apologies.
«[In Utero] fu una risposta al successo e al suono di Nevermind. Ci siamo semplicemente spinti nella direzione opposta, tipo, ‘Davvero è quello che vi piace? Bene, ecco cosa facciamo adesso!’ […] Venne fuori, come uno sfogo, era davvero puro.»