La questione dei rimborsi derivanti da periodi di doppia contribuzione a diversi enti previdenziali si pone con frequenza tra i professionisti italiani, specialmente per coloro che nel corso della loro carriera alternano periodi di lavoro autonomo a periodi di dipendenza. La complessità delle normative fiscali e previdenziali italiane rende la gestione di queste situazioni particolarmente delicata, soprattutto quando si tratta di integrare correttamente tali rimborsi nella dichiarazione dei redditi. In merito c’è da registrare un chiarimento dell’Agenzia delle Entrate.
Rimborsi da doppia contribuzione previdenziale: il quesito del professionista
La doppia contribuzione previdenziale si verifica quando un lavoratore versa contemporaneamente contributi a due distinti enti previdenziali. Questa situazione può emergere per vari motivi, come il passaggio da un’attività di libero professionista a un impiego dipendente, o viceversa. Un caso emblematico è quello di un dottore commercialista che, dopo aver iniziato la propria carriera versando contributi alla Cassa Nazionale Previdenza ed Assistenza Dottori Commercialisti (CNPADC), si trova successivamente a contribuire all’INPS a seguito di un’assunzione come lavoratore dipendente. Successivamente, il professionista può decidere di ritornare alla libera professione, riaprendo la partita IVA e riscrivendosi alla CNPADC.
La problematica sorge quando, in seguito a una richiesta di ricongiunzione dei periodi di contribuzione o di riscatto di anni universitari, l’ente previdenziale effettua un rimborso per i contributi versati in eccesso. Tale rimborso, comprendente anche gli interessi maturati, necessita di essere correttamente dichiarato ai fini fiscali, tenendo conto delle somme già dedotte in anni precedenti dal reddito imponibile.
Rimborsi da doppia contribuzione: opzioni di tassazione
La questione principale riguarda la modalità con cui gestire il rimborso ricevuto, particolarmente in relazione alle somme che in passato non hanno contribuito alla formazione del reddito imponibile e quelle che invece erano state dedotte. Il professionista si trova di fronte a diverse opzioni di tassazione, tra cui:
- Tassazione separata o ordinaria: i contributi precedentemente dedotti possono essere fatti confluire nel reddito imponibile dell’anno in cui si riceve il rimborso, optando per una tassazione separata o, mediante specifica scelta nel modello Redditi, per una tassazione ordinaria. Quest’ultima opzione può risultare vantaggiosa in termini di aliquota applicabile, a seconda dei casi specifici.
- Esclusione dalla tassazione: una quota del rimborso può essere esclusa dalla tassazione. Questo è particolarmente vero per le somme che non derivano da erogazioni del datore di lavoro e che mantengono la loro natura originaria di contributi non utili ai fini previdenziali.
- Inquadramento come redditi di natura professionale: una parte del rimborso può essere considerata di natura professionale, soprattutto se legata all’esercizio della professione in anni specifici. Questa quota, non correlata a costi dedotti, potrebbe non essere assoggettata a tassazione.
Inoltre, esiste la possibilità di applicare una tassazione sostitutiva dell’IRPEF per determinate quote del rimborso, conformemente alle disposizioni legislative più recenti. Questa opzione può essere particolarmente conveniente per ottimizzare il carico fiscale complessivo del professionista.
Tassazione separata dei rimborsi: cosa dice il Tuir
Il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, meglio conosciuto come Tuir, al suo articolo 17, comma 1, lettera n-bis, disciplina la tassazione separata di specifiche categorie di redditi, tra cui le somme ottenute come rimborso di imposte o di oneri precedentemente dedotti. Questa disposizione consente ai contribuenti di trattare separatamente tali somme nella propria dichiarazione dei redditi, evitando così che esse influenzino l’aliquota applicabile al resto del reddito imponibile.
La flat tax incrementale
La Legge di Bilancio 2023, con l’introduzione del regime agevolativo “flat tax incrementale“, ha ampliato le possibilità per i contribuenti di gestire in modo più vantaggioso il proprio carico fiscale. Questo regime consente, limitatamente all’anno d’imposta 2023, di applicare un’imposta sostitutiva IRPEF e relative addizionali con un’aliquota del 15% su una base imponibile determinata in modo specifico, offrendo così una potenziale riduzione dell’imposta dovuta.
Il regime “flat tax incrementale” è rivolto ai contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni, esclusi coloro che rientrano nel regime forfetario. L’opzione per questa tassazione agevolata prevede l’applicazione di un’aliquota del 15% su un importo non superiore a 40.000 euro, calcolato come differenza tra il reddito d’impresa o di lavoro autonomo del 2023 e il reddito più elevato dichiarato nel triennio 2020-2022.
Rimborsi da doppia contribuzione: cosa possono fare i contribuenti? Conclusioni
I contribuenti che ricevono rimborsi relativi a oneri dedotti o per i quali hanno fruito di detrazioni in anni precedenti hanno la possibilità di esercitare l’opzione per la tassazione separata. Questa scelta deve essere indicata espressamente nella dichiarazione dei redditi del periodo di imposta in cui si riceve il rimborso. Tale opzione può risultare vantaggiosa in termini di gestione del carico fiscale complessivo, permettendo di trattare separatamente tali somme dal resto del reddito.
Inoltre, la “flat tax incrementale” rappresenta un’opportunità significativa per i contribuenti in grado di aumentare il proprio reddito d’impresa o di lavoro autonomo rispetto agli anni precedenti. L’adozione di questo regime richiede una valutazione accurata delle proprie posizioni fiscali passate e delle prospettive di reddito per l’anno in corso, al fine di massimizzare il beneficio fiscale disponibile.