La vertenza tra la Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti e Ripple Labs si trova ancora in una fase di stallo. Nell’attesa della sentenza definitiva, però, l’autorità di vigilanza dei mercati finanziari statunitensi sta scaldando i muscoli.

A dimostrarlo è quello che da più parti è stato interpretato come un vero e proprio abuso di potere, ovvero una richiesta di risarcimento abnorme. Andiamo quindi a vedere cosa si sta profilando nelle spire di una sfida che potrebbe avere larghe ripercussioni per l’intera ecosfera.

Ripple, le richieste di risarcimento della SEC sarebbero abnormi

A mettere in rilievo l’enormità del risarcimento richiesto dalla SEC è stato in particolare il professore di diritto J. W. Verret che su X ha fatto notare: “La SEC raccoglie di solito l’11% delle richieste di risarcimento per le vendite non registrate. Nel caso di Ripple, però, ha preteso di avere il 300%. Questo è un abuso di potere.”

Per dimostrare la sua tesi, lo stesso Verret ha pubblicato un grafico il quale evidenzia l’importo sproporzionato dei risarcimenti legali richiesti dall’autorità di regolamentazione nel caso di Ripple. In effetti il confronto è impietoso, ove paragonato con quanto è stato raccolto in una serie di casi analoghi.

Quelli citati dal professore sono Telegram, Kik Interactive, la piattaforma decentralizzata di condivisione video LBRY e l’exchange di criptovalute Kraken. La piattaforma di messaggistica istantanea ha infatti pagato 1,24 miliardi di dollari di risarcimento su un totale di 1,7 miliardi indicati in sede giudiziaria come frutto di vendite non registrate. Molto meglio è andata a LBRY, che ha dovuto pagare appena l’1%, e a Kik, costretta a versare il 5%, mentre Kraken ha pagato il 20,41%.

Nel caso di Ripple, le richieste della SEC tra multe e sanzioni si attestano a quota 2 miliardi di dollari. La cifra corrisponde al 275% dei 729 milioni di dollari che l’azienda avrebbe ricavato dalla vendita incriminata. Troppo anche per Bill Morgan, altro esperto legale che si sta interessando della questione. Tanto da spingerlo a indicare nelle richieste dell’autorità di sorveglianza un vero e proprio oltraggio. Per poi aggiungere: “La SEC deve detestare Ripple per aver lottato così duramente e per aver bloccato per tre anni e mezzo il suo piano di controllo delle criptovalute”.

Una richiesta punitiva

La tesi di Bill Morgan risulta tutt’altro che peregrina. In effetti Ripple Labs si sta rivelando un osso molto duro per la SEC. Tanto che il verdetto della causa è ancora in alto mare, senza che si riesca effettivamente a capire come potrebbe chiudersi la questione.

In altri casi, del resto, le aziende che si sono trovate a dover sopportare l’urto con l’autorità di regolamentazione hanno deciso di adottare un profilo molto più accomodante. Una scelta magari pagata in maniera salata da un punto di vista finanziario, ma che è servita a dare maggiore sicurezza alla loro attività.

Nel caso di Ripple la questione è invece deflagrata, incagliandosi nelle aule di tribunale. Sono già tre anni che i duellanti incrociano le loro tesi e proprio la mancanza di una soluzione ha in pratica impedito alla commissione di allargare il campo di battaglia coinvolgendo altri soggetti. Il timore di molti sostenitori dell’innovazione finanziaria, in effetti, è che una volta vinta la causa contro Ripple la SEC possa decidere di dare vita alla battaglia finale, nella quale la posta in palio sarebbe il controllo totale sul settore.

L’ente guidato da Gary Gensler, nel frattempo, può rallegrarsi di quanto sta accadendo nella causa intentata contro Coinbase. In quel caso, infatti, il giudice distrettuale statunitense Katherine Polk Failla ha definito assolutamente fondate le tesi della SEC e cassato la richiesta dell’exchange di rigettare la causa. Le accuse da essa formulate, quindi, potrebbero essere recepite da una giuria, durante il processo.