Che tra i due non corra buon sangue, è ormai cosa nota. E l’ennesima conferma dei rapporti a dir poco burrascosi tra Matteo Renzi e Maurizio Landini arriva con uno scontro molto duro sul jobs act. Alla proposta del leader Cgil di un referendum abrogativo della riforma del lavoro partorita proprio dal governo Renzi nel 2015, è arrivata la secca replica social dell’ex sindaco di Firenze, che non le ha certo mandate a dire al sindacalista…

Referendum sul jobs act, Renzi a Landini: “Difendi i sussidi, non il lavoro”

Giù le mani dal jobs act!

La riforma del mercato del lavoro varata nel 2015 dal governo da lui guidato è uno dei risultati politici di cui Matteo Renzi va più orgoglioso. Ogni volta, quindi, che qualcuno solleva dei dubbi sulla sua efficacia nel risolvere i problemi dei lavoratori italiani, il leader di Italia viva parte in sua difesa. Figurarsi se si arriva a proporre un referendum per abrogarlo come fatto dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

Renzi, pur impegnato nella difficile campagna per le Elezioni europee, ha messo momentaneamente da parte i suoi impegni e, impugnata la tastiera d’ordinanza, ha scritto un lungo post sui suoi canali social per elencare i successi del jobs act e, contestualmente, attaccare sia Landini sia il Partito democratico, sempre nei pensieri del leader di Iv.

Renzi esordisce accusando Landini di diffondere fake news e di essere “contro il lavoro e avvertendo i colleghi del Pd dei rischi che corrono ad appoggiare le sue posizioni.

“Cari amici del Pd, guardate i dati e capirete perché seguire Landini sul lavoro non è da veri riformisti. Chi lo avrebbe mai detto che il sindacato dei lavoratori si sarebbe opposto alla creazione di posti di lavoro e avrebbe abbracciato la cultura dei sussidi? Sembra una boutade, eppure è così: perché chiedere un referendum sul Jobs Act, come ha fatto il segretario della Cgil, significa schierarsi contro il lavoro e diffondere fake news”.

Poi, passa in rassegna tutta una serie di dati che indicano i successi che la riforma è stata in grado di raggiungere negli anni sul fronte occupazionale, per concludere tornando ad attaccare “il populismo di Landini“.

“In questi numeri, sta tutta la differenza fra il populismo di Landini e l’efficacia delle politiche riformiste. Il populista è intriso di vecchie ideologie, il riformista si adatta al mondo che cambia, portando a casa il risultato”.

II leader Cgil e il referendum sul jobs act: “Le leggi sbagliate vanno abrogate”

Maurizio Landini aveva dichiarato guerra al jobs act dalle pagine di Repubblica. Un’intervista nella quale il leader della Cgil aveva confermato la decisione di raccogliere le firme per chiedere ai cittadini l’abrogazione di una legge da lui definita “sbagliata” perché “all’origine del lavoro povero e precario.

Ma perché prendersela così tanto proprio quando i dati Istat parlano di un’occupazione da record nel nostro Paese all’inizio del 2024?

Per il segretario della Cgil è proprio l’erronea lettura di quei dati a far emergere il dramma dietro di essi.

Se anche l’occupazione cresce, significa una cosa sola: si è poveri pur lavorando. È arrivato il momento di cambiare e di fare un bilancio onesto sui 25 anni di politiche di flessibilità del mercato del lavoro, avallate da tutti i governi, dal ‘Libro Bianco’ di Maroni al Jobs act di Renzi. Precarietà diffusa, disuguaglianze aumentate, salari abbassati, sanità e istruzione tagliate, politiche industriali inesistenti, lavoro insicuro”.

Insomma, i dati e i numeri non sono tutto, sembra voler dire Landini. Perché avere più occupazione e, contemporaneamente, più povertà diffusa, significa solamente che il lavoro, quando c’è, è sempre più povero, meno retribuito e meno tutelato.