Giovanni Barreca è accusato di aver ucciso la moglie Antonella Salamone e i figli Kevin ed Emmanuel nel corso di un esorcismo al quale avrebbero preso parte anche la figlia Miriam, di 17 anni, e gli amici Sabrina Fina e Massimo Carandente, che come lui sono in carcere. Fin dal primo momento si è detto convinto del fatto che il demonio si fosse impossessato dei suoi familiari, sostenendo di essere stato plagiato dai due coniugi, che invece si proclamano innocenti. Abbiamo parlato di questo e del suo recente trasferimento ad Enna con l’avvocato Giancarlo Barracato, che lo assiste e che ieri lo ha incontrato nella nuova struttura.

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Sul trasferimento

Avvocato, il suo assistito è stato da poco trasferito dal carcere di Palermo a quello di Enna. Perché si è opposto a questa decisione?

“Giovanni Barreca non ha preso bene il trasferimento; secondo lo stesso e anche secondo il sottoscritto non c’erano i presupposti per adottare una misura di questo tipo, anche perché il carcere in cui si trovava a Palermo, il Pagliarelli, è una struttura ben organizzata e con servizi tali da poter garantire una gestione normale, regolare, di ogni detenuto.

Tra l’altro era in isolamento, come lo è tuttora nel carcere di Enna: non si poteva verificare assolutamente nessuna ipotesi di contatto con altri detenuti, se questo dovesse essere il reale motivo della decisione. A noi hanno offerto come prima motivazione quella di un sovraffollamento, che in realtà non c’è. Il venerdì stesso, quando ho appreso, a cose fatte, che era stato trasferito, ho presentato una formale istanza per il ritrasferimento a Palermo”.

Pensa che possano aver pesato, su questa decisione, gli attriti che Barreca potrebbe aver avuto con altri detenuti?

“Barreca mi ha riferito di aver dato la sua disponibilità ad allontanare il demonio dal carcere con la preghiera, ricevendo addirittura il plauso da alcuni detenuti, che si sono sentiti in qualche modo ‘confortati’ dal suo comportamento. Non mi risulta che ci siano state contrapposizioni o ostilità, per questo ritengo che quella del trasferimento sia una misura ingiustificata, immotivata. Cercherò in ogni modo di farla revocare”.

È un problema anche a livello di distanza, vero?

“Sì, in questo momento il fatto che si trovi ad Enna rende il nostro lavoro più complicato. Si tratta di una fase molto delicata, è in corso una consulenza di parte della dottoressa Bruzzone e del dottor Caputo, la distanza sicuramente non giova al detenuto”.

Il commento alle ultime notizie sulla strage

Ieri lo ha incontrato. Come lo ha trovato? Cosa le ha riferito sui fatti dei quali è accusato?

“È molto irritato per la situazione in cui è venuto a trovarsi: ripeto, non si spiega il motivo del trasferimento. Sulla dinamica dei fatti non ha aggiunto molto altro. Conferma, in sostanza, il suo stato di totale ‘imbambolamento’: dice che era presente, ma non consapevole di quello che stava succedendo”.

Ha parlato anche di una telefonata che ci sarebbe stata nel corso dell’esorcismo tra Massimo Carandente e una persona che non ha saputo identificare…

“Sì, sostiene che i due coniugi si siano mantenuti in contatto con qualcuno, anche se non ha avuto la possibilità di conoscere il contenuto delle loro conversazioni telefoniche”.

È un elemento importante secondo Lei?

“Ritengo che abbia una sua importanza, certamente. Potrebbe testimoniare la conoscenza, da parte di altre persone, di ciò che stava accadendo nella villetta di Altavilla Milicia. Emergerà anche dai risultati delle indagini, ne sono certo”.