L’inflazione è tornata a far paura, dopo anni in cui si era tenuta su livelli estremamente bassi. Una fiammata che sta colpendo duramente e mettendo a serio repentaglio i bilanci familiari, in particolare quelli delle famiglie a basso reddito.

Anche l’innovazione finanziaria ha risentito della nuova situazione e ha cercato di correre ai ripari. Per farlo ha puntato su un nuovo strumento, che è stato progettato nel preciso intento di aiutare gli investitori a preservare il proprio potere d’acquisto. Stiamo parlando delle flatcoin, ovvero stablecoin che non sono ancorate (apparentemente) ad un solo asset, ma ad un paniere di beni. Proprio all’interno di questo paniere si viene a formare un meccanismo correttivo in grado di bilanciare gli effetti dell’inflazione.

Flatcoin: cosa sono?

Per flatcoin si intendono delle stablecoin congegnate in maniera tale da preservare il potere d’acquisto di chi decide di detenerle. Il termine è stato coniato da Balaji Srinivasan, ex direttore tecnico di Coinbase, e da Sam Kazemian, il fondatore di Frax Finance, durante una conversazione.

Il concetto da cui muove questo nuovo strumento finanziario è molto semplice: se un token è in grado oggi di coprire interamente l’acquisto di un servizio o di un prodotto, dovrà essere in grado di farlo anche nel futuro. In pratica, proprio in tal modo possono essere azzerati gli effetti perversi dell’inflazione sul potere d’acquisto di salari e pensioni.

Proprio Sam Kazemian ha deciso dopo questa conversazione di passare dalla parole ai fatti. Ha cioè messo in campo i passi necessari per il lancio della prima flatcoin in assoluto, Frax Price Index. FPI, il token nativo, prevede un funzionamento molto semplice, andando in pratica a regolare il suo valore sulla base del tasso di inflazione a 12 mesi indicato dal governo degli Stati Uniti. Per riuscire nel suo intento, va a sfruttare un oracolo, cui spetta il compito di indicare il dato alla catena, in modo da aggiornare l’ancoraggio di mese in mese.

Se Frax Price Index è stato il primo progetto di flatcoin, le polemiche sorte intorno ai recenti mutamenti nel calcolo del Consumer Price Index statunitense hanno spinto altri protocolli a proporsi in tal senso. In un caso e nell’altro, hanno suscitato molto interesse. In particolare, da parte di Brian Armstrong. Proprio il numero uno di Coinbase, di recente, ha affermato il suo desiderio di misurarsi con la costruzione di una flatcoin. Resta da capire se vorrà effettivamente farlo, alla luce delle sfide che questo strumento prefigura.

I problemi collegati alle flatcoin

Come abbiamo visto sin qui, le flatcoin si propongono come una risposta all’inflazione. Un problema che è tornato a farsi sentire con particolare forza sui bilanci delle classi popolari e sui percettori di un reddito fisso.

Le stablecoin rivolte al contenimento dell’inflazione, però, presentano alcuni problemi di non poco conto. A partire dai seguenti:

  • chi controlla i dati necessari al funzionamento potrebbe perseguire scopi che non sono quelli indicati all’opinione pubblica:
  • l’insufficiente trasparenza, resa tale dalla necessità di prendere decisioni praticamente a porte chiuse;
  • la vulnerabilità agli shock esterni, che potrebbero travolgerne i meccanismi;
  • l’ambiguità normativa, derivante dal fatto che le varie giurisdizioni potrebbero avere indirizzi contrastanti, rendendo difficile districarsi all’interno di una giungla legislativa.

Conclusioni

Le flatcoin sono una possibile risposta in termini di innovazione finanziaria al problema dell’inflazione. Ancorate ad un paniere di asset, invece che ad uno solo, possono in effetti rappresentare meglio le dinamiche dei prezzi e cercare di porvi rimedio.

Considerato come la recente fiammata dei prezzi abbia riproposto un problema che sembra sotto controllo, non stupisce l’interesse che stanno suscitando. Se Frax Price Index può essere considerata la capostipite del settore, altri progetti stanno arrivando sul mercato, proponendosi di superarne alcune lacune.

Al tempo stesso, però, presentano alcuni problemi che potrebbero ostacolarne l’adozione nell’immediato futuro. Proprio per questo le aziende interessate a proporle dovranno impegnarsi per riuscire ad affinarne i meccanismi.