I permessi studio sono riconosciuti dalla Legge n. 330/1970 e consentono al lavoratore di assentarsi dal lavoro per dedicarsi alla propria formazione, ma, in alcuni casi, possono essere negati.
Ci sono limiti e regole ben precise da seguire, stabilite la legge appena citata e dai singoli contratti collettivi di lavoro.
Nel testo, spieghiamo per bene la loro disciplina, quando spettano e quali sono i casi in cui l’azienda può negarli, quante ore spettano e anche per quali corsi di formazione possono essere concessi.
Cosa sono i permessi studio
I permessi studio sono disciplinati dalla Legge n. 300/1970 e, poi, dalla Legge n. 53/2000. Per le modalità di esecuzione, il lavoratore deve comunque far riferimento al proprio contratto nazionale del lavoro.
Infatti, proprio la contrattazione collettiva specifica il numero delle ore di permesso spettante durante l’anno e le stesse istruzioni per la richiesta.
Si tratta di una possibilità spettante ai dipendenti sia del settore pubblico che del settore privato: lavoratori studenti che vogliono concludere corsi di formazione, elevare le proprie conoscenze e competenze ed aumentare il loro grado nell’azienda.
Chi può chiederli? I permessi per il diritto allo studio sono concessi a tutti i lavoratori studenti. In questa categoria, rientrano i lavoratori iscritti a corsi, con frequenza regolare, tra cui la scuola dell’obbligo, i corsi universitari o di formazione.
Sono permessi retribuiti istituiti anche per via dell’incompatibilità dell’orario delle lezioni con il normale orario di lavoro, che li rende un diritto a cui il lavoratore può accedere.
Non sono richiesti stringenti requisiti, ma per ottenere questa possibilità è molto importante che il lavoro e lo studio coincidano.
Quante ore spettano e per quali corsi
La durata dei permessi per il diritto allo studio varia in base al tipo di corso che il lavoratore studente frequenta e anche dalla disciplina del CCNL di riferimento.
In linea di massima, spettano fino a 150 ore di ore annue, mentre i permessi per la frequenza di corsi di studio universitari o di dottorato di ricerca possono durare anche diversi mesi.
Non possono essere richiesti per qualunque corso. Si può beneficiare solo per la frequenza di corsi che si svolgono in concomitanza con l’orario di lavoro. Per questa ragione, per richiederli e ottenerli viene rilasciato un attestato di frequenza che certifica la presenza del lavoratore al corso.
I permessi studio non spettano per:
- La frequenza a corsi serali;
- La frequenza a corsi telematici.
Quando possono essere negati i permessi studio
Un aspetto non secondario riguarda la possibilità dell’azienda di negare i permessi studio. Quando possono essere negati i permessi per il diritto allo studio? I permessi aziendali sono subordinati alle esigenze organizzative dell’azienda e, quindi, in caso di particolari necessità produttive possono anche essere negati.
Naturalmente, in casi eccezionali come questi, l’azienda è comunque tenuta a fornire una motivazione valida per il rifiuto del permesso e deve garantire al lavoratore il diritto in appello.
Permessi studio per insegnanti
Possono beneficiare dei permessi tutti i lavoratori subordinati studenti. Quindi, sia i dipendenti del settore privato che del settore pubblico.
Per quanto riguarda i lavoratori del comparto scuola, insegnanti e Ata, il contratto Istruzione e Ricerca stabilisce delle regole ben precise.
La domanda per la fruizione dei permessi deve essere presentata entro il mese di novembre, in base alla scadenza indicata annualmente dal Ministero.
Sono previste 150 ore annuali fruibili nel corso dell’anno solare che va da gennaio a dicembre. La richiesta deve essere presentata alla segreteria scolastica in cui si lavora, la quale ha il compito di trasmetterla al dirigente dell’Ufficio Scolastico del Personale.
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