Neri Marcorè è l’ultimo degli attori che hanno deciso di passare dietro la macchina da presa, il suo “Zamora” è sicuramente uno degli esordi più interessanti alla regia con una commedia garbata che invita alla riflessione. Il protagonista Walter Vismara, interpretato dal bravo Alberto Paradossi, è un contabile che trasferitosi in una grande azienda milanese negli anni ‘60 quando l’Italia sta vivendo il boom economico si ritrova davanti ad un problema non di poco conto: il proprietario interista sfegatato vuole che una volta  settimana si giochi a calcio. Proprio un ex portiere caduto in disgrazia interpretato da Neri Marcorè lo aiuterà. Ecco che dunque lo sport più amato degli italiani diventa metafora di crescita e cambiamento, di sacrificio e voglia di emergere. Neri Marcorè e Alberto Paradossi ne hanno parlato nell’intervista video doppia con TAG24.

Zamora, Neri Marcorè e Alberto Paradossi intervista video doppia

Neri Marcorè racconta subito a TAG24 di come la decisione di passare alla regia abbia rappresentato per lui un processo di crescita naturale e di come ad aiutarlo ci sia stato questo romanzo che ha letto innamorandosene. Il neo regista ha scelto anche un periodo dell’Italia per il suo “Zamora” in cui si respirava la voglia di rinascita e rilancio, un boom economico quello degli anni ’60 che oggi qualcuno spera di rivivere.

D: Come mai hai sentito l’esigenza di raccontare questa storia e di farlo passando dietro la macchina da presa? 

Neri Marcorè: “Credo che per un attore sia un passaggio naturale pensarsi a dirigere un film. Uno dopo tanti giorni a girare ha la voglia di trovare il proprio linguaggio, i propri codici mettendo in campo la propria sensibilità ed i propri gusti per raccontare una storia. Io ho trovato queste premesse nel romanzo di Roberto Perrone ambientato nell’ Italia degli anni ‘60 e che mi sembrava potesse raccontare molte delle cose che volevo esprimere attraverso questa pellicola. Ci sono due elementi fondamentali: uno è il senso di inadeguatezza che riguarda il protagonista Walter Vismara interpretato da Alberto Paradossi, un giovane uomo trentenne che ancora non è uscito dal proprio guscio e che teme forse di affrontare la vita. Si trincera dietro una vita abitudinaria fatta di poche sorprese, mentre il secondo eleemnto è la capacità che abbiamo di migliorarci attraverso le sfide che ci troviamo davanti nella vita. Questo nel film avviene soprattutto grazie ai personaggi femminili, dalla mamma del protagonista alla sorella arrivando poi alla  ragazza di cui si innamora. Tutte loro sono donne molto moderne, libere intellettualmente ed autonome. Queste donne sono capaci di rivendicare le proprie posizioni”.

D: Alberto che regista è stato neri per te sul set? Il vostro rapporto dei vostri personaggi mi ha colpito molto perché ci fa vedere come serve sempre avere un buon maestro nella vita 

Alberto Paradossi: “Sì, a proposito del loro rapporto io penso che entrambi trovano vicendevolmente un surrogato della persona con la quale hanno un problema.  Walter per lui è il figlio, mentre  per il mio personaggio lui è il padre. Credo che riconoscere questa mancanza – assenza sia un qualcosa che li lega in maniera sotterranea, alla fine il mio personaggio viene tradito ma anche io lo tradisco perché lo abbandono. Credo che il loro sia l’inizio di percorso per una ricostruzione di un rapporto verso qualcuno. Walter ha un rapporto tormentato anche verso il padre, alla fine è imperfetto  ma meglio così piuttosto che assente. Vedere il padre che viene alla partita e si esalta è comunque un insegnamento, una rivincita dopo che mi aveva sottovalutato”, poi parlando del Neri regista sottolinea “Io sono molto fortunato perché creava un’atmosfera sul set con la sua ironia  e mi aiutava a esprimermi nella maniera migliore possibile. Tante volte senti la responsabilità con un esordiente e questo non non è avvenuto perché Neri essendo anche attore capisce e ti ascolta”. 

Il calcio come metafora della vita e la battuta sulla Juventus

Il calcio non è solamente lo sfondo della vicenda in “Zamora”, ma uno degli elementi più importanti. Il racconto infatti ruota dietro la decisione del dirigente dell’azienda in cui lavora Walter di volerlo far giocare a tutti i costi. Proprio del valore del calcio sullo sviluppo della storia hanno risposto il regista ed il protagonista, con il primo che ha anche svelato di aver voluto fare un aggiunta nella sceneggiatura in omaggio alla “sua” Juventus.

D: Senti mi ha fatto molto sorridere perché se c’è una cosa che non è cambiata dagli anni ‘60 è l’amore degli italiani per il calcio. Neri tu da buon juventino hai scelto di avere nel racconto un capo interista, quanto è stato importante inserire il calcio?
Neri Marcorè: “Io ho rispettato quello che aveva scritto Roberto Perrone e lì il  titolare Tosetto interpretato da Giovanni Storti è interista, quindi non ho cambiato questa cosa. D’altronde siamo a Milano quindi doveva essere o Inter o Milan… mi sono preso una piccola rivincita nel finale con  una battuta che ho voluto dare al personaggio della segretaria e  chi vedrà il film che rimanda molto alla mia fede calcistica”, poi sul calcio come intreccio narrativo spiega: “Accompagna la passione degli italiani da sempre, ma negli anni 60 era molto diverso. In questo film però è soprattutto una metafora perché rappresenta l’invito a buttarsi e mettersi in gioco cercando di migliorarsi. Invita a non restare sugli spalti o sul divano ma a scendere in campo. Oggi  diremmo di non limitarci a criticare qualcuno ma di metterti in gioco in prima persona per capire quale sia effettivamente il tuo valore. Solo così capisci come migliorare. Il ruolo del portiere, appunto il personaggio di Walter Vismara, è davvero l’emblema della solitudine in un gioco di squadra. Quindi diciamo che filosoficamente ci sarebbe tanto da da dire, anche perché in quegli anni in porta si facevano andare magari le femmine o chi non sapeva giocare perché tutti volevano segnare i gol. Questa è l’epica del portiere e lo sport aiuta a raccontare bene le storie, proprio perché ci sono questi opposti che che possono appunto confrontarsi vincere perdere esaltarsi o o finire all’inferno”.