Valeria Pandolfo aveva 40 anni quando, il 17 maggio del 2021, morì in circostanze poco chiare nell’abitazione che condivideva con il compagno Marcus a Prata Sannita, nel Casertano. La sua famiglia, residente a Siracusa, venne a saperlo attraverso un messaggio del 47enne, che la donna, affetta da un ritardo mentale di media gravità, aveva conosciuto sui social – dove trascorreva molto del suo tempo – nel 2019.

Da un po’ si era allontanata da tutti i suoi affetti, isolandosi sempre di più nella “realtà virtuale” e fittizia che anche l’uomo con cui stava frequentava. Abbiamo parlato del suo caso, che è stato da poco archiviato, con l’avvocato Gabriella Mazzone, che assiste la madre e gli altri parenti della donna nel loro cammino verso la verità.

Caso Valeria Pandolfo: l’intervista

L’archiviazione del caso

Avvocato, partirei dagli ultimi sviluppi del caso: la richiesta di archiviazione delle indagini avanzata dalla Procura e l’opposizione dei familiari di Valeria.

“Il Pm procedente non ha ritenuto di avere sufficienti elementi per ottenere l’accusa in giudizio e pertanto ha formulato richiesta di archiviazione al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che è competente territorialmente della vicenda giacché Valeria è morta in Campania. La perizia richiesta dal Pm era, a nostro avviso, ‘scarna’ di informazioni: non sono stati effettuati alcuni esami che avrebbero potuto conferire maggiore chiarezza all’accaduto.

Stando ai risultati dell’esame autoptico, Valeria sarebbe morta per un’aritmia cardiaca maligna. Era, però, una ragazza perfettamente sana. Tra l’altro nei due giorni precedenti al decesso era stata visitata e non era emerso nulla di anomalo, nulla che potesse lasciar presagire un problema cardiaco. Sulla base di questo e di altre inesattezze rilevate abbiamo formulato un’opposizione alla richiesta di archiviazione che però non è stata accolta, con delle motivazioni che lasciano trasparire che il magistrato non ha approfondito determinati profili che invece erano meritevoli di attenzione.

Nel nostro sistema non è possibile un’ulteriore impugnazione nel merito, successiva all’archiviazione: dopo la pronuncia del gip in pratica non si può fare altro. Si può solo, nell’ipotesi in cui emergano nuovi elementi, chiedere una riapertura delle indagini, che è ciò su cui stiamo lavorando. Per la giustizia attualmente il caso è chiuso. Per noi ci sono alcuni elementi che bisogna chiarire”. 

Gli interrogativi ancora aperti

Si riferisce anche al periodo che ha preceduto la morte di Valeria? Alla situazione che la donna si era ritrovata a vivere?

“Sì. Il fascicolo che riguarda il caso di Valeria è molto complesso proprio per la natura degli eventi, che prevalentemente si svolgono in una realtà virtuale popolata da decine di personaggi la cui identità non è facile da conoscere. Realtà in cui Valeria, a causa del suo deficit cognitivo, aveva trovato – forse anche confortata dal filtro dello schermo – un mondo nel quale intessere delle relazioni, inclusa quella con la persona che si è piano piano insinuata nella sua quotidianità.

Parlo dell’ex compagno Marcus. In un periodo precedente alla pandemia l’uomo si era trasferito a Siracusa. Poi, essendosi accorto di non essere ‘gradito’ dalla famiglia della donna per tutta una serie di eventi virtuali che andavano accadendo e che non erano spiegabili (come il fatto che Valeria si ritrovasse in gruppi di dubbia provenienza e che sue foto – con prezzario per prestazioni sessuali –  fossero diffuse online a sua insaputa, ndr), ha ben pensato di tornarsene da dove era venuto, portandosi Valeria, con l’epilogo che tutti conosciamo, perché la donna non sarebbe più tornata viva”.

Mirella, la madre di Valeria, aveva denunciato questo soggetto perché si era resa conto della sua pericolosità (dopo essere stata essa stessa presa di mira online)…

“Ho perso il conto delle querele e delle integrazioni di querela che sono state presentate nei suoi confronti per tutta una serie di motivi, dalle azioni compiute in danno di Valeria a quelle compiute contro i familiari, in particolare la madre, che in questo momento è parte civile costituita in un processo per stalking e calunnia perché, da quando la figlia era ancora in vita, ha cominciato ad essere vittima di tutta una serie di azioni persecutorie, denigratorie, diffamatorie che hanno sconvolto la sua vita e minato la sua salute. Sul banco degli imputati, questo è un dato di fatto, c’è proprio Marcus, che è l’ultimo ad aver visto viva la donna”.

E che, ricordiamolo, mostrò il suo corpo senza vita a delle persone conosciute online su Whatsapp…

“Se da una parte quello della videochiamata è un elemento assolutamente disturbante e sconvolgente – perché è quantomeno inconsueto che, nel momento in cui una persona si rende conto della morte del compagno o della compagna, senta il bisogno di mostrarne le spoglie mortali in una diretta Whatsapp -, dall’altra parte è, per noi, una fonte importante di informazioni. Le immagini scattate (durante la videochiamata, ndr) risalgono approssimativamente a un’oretta e mezza dall’orario in cui, secondo quanto emerge dalle dichiarazioni di Marcus, sarebbe avvenuta la morte di Valeria.

Allora sul corpo erano già presenti le stesse macchie ipostatiche che alle 15.30 circa del pomeriggio dello stesso giorno sarebbero state rilevate anche dai carabinieri intervenuti per un sopralluogo prima della traslazione del corpo. È un dato importante: chi ha un minimo di nozioni di medicina legale sa che le ipostasi attraversano diverse fasi e che è il decorso del tempo ad incidere sulla fissità delle macchie (che poco dopo il decesso possono invece migrare, ndr).

Più tempo passa, più restano fisse, in pratica. Il fatto che fossero le stesse, e in una posizione assolutamente incompatibile con quella nella quale il corpo è stato rinvenuto (perché, per effetto della gravità, avrebbero dovuto trovarsi nella parte posteriore e non anteriore, essendo in teoria Valeria morta supina, ndr) fa pensare che non sia morta alle 8 del mattino, come riferito dall’ex compagno, ma prima e che sia morta in una posizione diversa”.

La voglia di verità

È solo uno dei tanti elementi da chiarire. Pensa che si arriverà alla verità?

“Noi prendiamo atto di quello che finora è stato deciso dai giudici e lo rispettiamo, fermo restando che, nella critica legittima che possiamo fare, sul presupposto della non condivisione delle motivazioni dei magistrati, ci stiamo adoperando per reperire le informazioni che possano portarci alla verità, senza fare una caccia alle streghe. Non siamo assolutamente in cerca del colpevole a tutti i costi, però la madre e la figlia di Valeria meritano di conoscere la verità, di sapere com’è morta realmente. Abbiamo nelle mani una verità ‘processuale’; non sempre però la verità che viene fuori dalle carte corrisponde a quella fattuale”.