La mancanza di comunicazione tra blockchain di prima generazione è stata a lungo un problema, per l’innovazione finanziaria. Per cercare di risolverlo, nel corso degli anni sono state varate molte soluzioni dedicate agli scambi cross-chain.
ChainFlip è una di queste soluzioni. Anche in questo caso il lavoro si è focalizzato sull’interoperabilità, tesa a permettere agli utenti di poter contare su transazioni tra blockchain differenti in grado di risultare veloci e convenienti al tempo stesso. Andiamo quindi a vedere più da vicino di cosa si tratti e in cosa si differenzi dalle tante soluzioni analoghe varate nel corso degli ultimi anni.
ChainFlip: cos’è e cosa si propone
ChainFlip è una soluzione che si propone di dare risposte effettivamente performanti in termini di interoperabilità tra reti differenti. Per riuscire a conseguire l’obiettivo di partenza fa leva su un exchange decentralizzato di criptovalute (DEX) a catena incrociata e su un modello di market maker automatizzato (AMM).
All’interno del sistema congegnato in questo modo, gli utenti sono in grado di approntare transazioni tra blockchain diverse, bypassando i problemi solitamente collegati a questo genere di operazioni. Le transazioni non solo risultano fluide al massimo, ma avvengono in maniera totalmente sicura e con costi tutto sommato convenienti.
A lanciare il progetto è stato Simon Harman, attuale responsabile del team di Chainflip. Prima di impegnarsi nel suo lancio, ha lavorato allo sviluppo dell’app di messaggistica criptata Session e collaborato con la Oxen Foundation per lo sviluppo di tecnologie open source.
Proprio durante le sue precedenti esperienze lavorative, Harman ha iniziato ad interessarsi di decentralizzazione e diritti degli utenti. La conclusione del suo studio si è quindi concretizzata in una piattaforma decentralizzata dedicata alle transazioni tra catene indipendenti. Se il punto di riferimento è stato Uniswap, ChainFlip ha cercato di andare oltre sviluppando un maggior numero di servizi compatibili tra i diversi sistemi.
I problemi affrontati da ChainFlip
I problemi affrontati dal nuovo protocollo sono in particolare due: le complicazioni in tema di interoperabilità tipiche delle altre soluzioni dedicate al tema e lo slippage, ovvero la possibile perdita di denaro derivate dalla differenza dei prezzi tra una blockchain e l’altra.
La soluzione cross-chain proposta dall’azienda si basa su un archivio di wallet e contratti intelligenti indicati come Vault. In particolare, i portafogli elettronici sono ospitati in contemporanea su molte blockchain e sono chiamati a contenere le risorse apportate da coloro che decidono di ritagliarsi una rendita passiva. La liquidità che ne consegue fa da base al meccanismo messo in campo da Chainflip nel preciso intento di agevolare gli scambi tra le catene interessate. In una fase successiva sarà la rete di stato a monitorare tutti i saldi del Vault e le richieste inoltrate dagli utenti.
Chainflip, inoltre, è in grado di accettare asset digitali e trasformarli rapidamente in quelli richiesti dagli utenti. A renderlo possibile una serie di contratti contabili memorizzati nella State Chain, che si incarica di scambiare beni come saldi di conto, invece che sotto forma di token impacchettati e scarsamente efficienti. Il procedimento è condotto mediante l’utilizzo del protocollo Just In Time AMM. I fornitori di liquidità, sono ricompensati con commissioni che possono andare dallo 0,05 allo 0,20%, a seconda delle pool per cui optano.
Ad assicurare la necessaria protezione a State Chain, rete degli LP (Liquidity Provider) e caveau è un sistema di computing multi-party in grado di assicurare l’anonimato degli interessati.
Per quanto riguarda invece la verifica delle transazioni, a condurla è una rete formata da 150 validatori. È la rete in questione a conservare le chiavi aggregate e utilizzare schemi di firma a soglia (TSS), in grado di aggregare quelle di più soggetti in un’unica firma. Per poter assumere la funzione di validatore, gli interessati sono obbligati a prestare le dovute garanzie. Le transazioni, infine, non possono essere convalidate senza un accordo che veda il consenso generalizzato.
La tokenomics di FLIP
Ad alimentare ChainFlip è FLIP, un utility token ERC-20 lanciato sulla Ethereum Virtual Machine (EVM). Se la sua mansione principale è quella di dare conferma della partecipazione alle aste organizzate dai validatori, il coin viene anche usato per gestire il sistema degli LP e garantire ai membri della rete il versamento delle commissioni di transazione.
Per quanto riguarda la fornitura, è elastica. A renderla tale la decisione di sottoporre regolarmente a burning i token raccolti dalle transazioni sotto forma di commissioni. Se nel periodo dell’offerta iniziale il suo quantitativo si attestava a cento milioni, al momento ne sono in circolazione dieci milioni di meno. Il totale è comunque destinato a calare proprio per effetto dell’eliminazione di coin attraverso i processi di burning. In tal modo sarà possibile sostenere il prezzo di FLIP, nel lungo termine.
Al momento ChainFlip si trova al 2502° posto nella classifica di CoinMarketCap. Si tratta però di una posizione interlocutoria che potrebbe sensibilmente migliorare nel futuro. Occorre infatti considerare la sua natura di DEX, ovvero di scambio decentralizzato. Una tipologia di piattaforma sempre più gradita ai trader, proprio per la scarsa trasparenza di quelli centralizzati.