La Florida si conferma come uno degli stati americani più combattivi nei riguardi dei diritti civili, ma in senso restrittivo. Ieri 1° aprile la Corte suprema locale ha confermato il divieto di aborto oltre le sei settimane di gravidanza, dando vita ad una delle leggi più restrittive in materia negli Stati Uniti.

In una sentenza separata, però, la stessa Corte suprema ha dato il via libera al referendum di novembre che potrebbe inserire l’aborto come diritto riconosciuto dalla Costituzione della Florida. L’appuntamento elettorale si preannuncia combattuto.

Florida, la Corte Suprema dà il via libera al divieto di aborto dopo 6 settimane

La lotta per i diritti riproduttivi e per la possibilità di decidere del proprio corpo non è soltanto una questione statunitense, come il recente caso della Francia ha dimostrato: nella costituzione francese è stato recentemente inserito l’aborto come diritto fondamentale della persona.

Un passo, quello caldeggiato da Emmanuel Macron, che vuole assicurare l’interruzione volontaria della gravidanza al di là dei governi politici che si possono succedere. L’aborto è diventato un tema sentito anche negli Stati Uniti, naturalmente, e dopo la decisione della Corte suprema che andava a minare la Roe vs. Wade è partita la corsa dei vari stati a restringere o consentire l’accesso all’aborto.

Al blocco si è inserita anche la Florida, il cui governatore Ron DeSantis cerca di continuare la sua politica di tipo conservatore a livello di diritti individuali. La Corte suprema di questo stato, ieri 1° aprile, ha negato che l’aborto si possa praticare oltre le 6 settimane di gravidanza, un periodo nel quale quasi nessuna donna sa di essere incinta.

Il caso presentato alla Corte verteva sul divieto dopo 15 settimane: la norma però prevedeva che, se fosse stato approvato dai giudici, sarebbe stato ristretto a 6. E’ accaduto proprio questo e la legge, approvata dai legislatori della Florida l’anno scorso, tra 30 giorni entrerà in vigore.

Se i vescovi cattolici hanno già espresso il proprio parere negativo, chi ha promosso il referendum (come la campagna “Yes on 4”) ha espresso la propria soddisfazione per questo prima risultato raggiunto:

Questa è la nostra occasione di impegnarci nella democrazia diretta per fermare queste politiche impopolari e dannose. Siamo entusiasti che le cittadine della Florida abbiano l’opportunità di reclamare la loro autonomia fisica e la loro libertà dalle interferenze del governo votando per l’Emendamento 4 questo novembre. La sentenza di oggi sottolinea anche il ruolo cruciale del processo di iniziativa elettorale, che offre agli elettori un’importante opportunità di prendere le redini quando i politici non rappresentano i nostri interessi.

Su cosa verte il referendum di novembre

Il Floridians Protecting Freedom, coalizione che ha portato all’iniziativa elettorale l’emendamento sull’interruzione di gravidanza, ha ottenuto circa un milione di firme per modificare la Costituzione in modo da tutelare questa pratica. A gennaio però la prima formulazione del possibile quesito nel referendum era stata contestata dal procuratore generale della Florida Ashley Moody, per un linguaggio giudicato troppo vago.

La Corte suprema della Florida, però, ha dato comunque via libera al referendum, approvando una domanda che sarà formulata in questo modo:

Nessuna legge potrà proibire, sanzionare, ritardare o limitare il ricorso all’aborto prima della vitalità o quando sia necessario a proteggere la salute della paziente, come stabilito dal fornitore di assistenza sanitaria della paziente. Questo emendamento non altera l’autorità costituzionale della Legislazione di richiedere la notifica a un genitore o a un tutore prima che una minorenne abortisca.

La Florida diventa un altro possibile luogo di scontro fra Joe Biden e Donadl Trump, di posizioni opposte sul tema dell’aborto: il referendum di novembre ha tutte le caratteristiche per portare alle urne molte persone.