Bennu rappresenta uno dei corpi celesti più osservati e studiati nell’ambito dell’astronomia moderna, non solo per la sua orbita che ogni sei anni lo porta in prossimità della Terra, ma anche per il suo potenziale impatto sul futuro del nostro pianeta. Questo asteroide, oggetto di estesa ricerca scientifica, suscita un crescente interesse non solo per le sue caratteristiche fisiche, ma anche per le implicazioni che potrebbe avere sulla sicurezza terrestre. Gli scienziati sono da tempo impegnati nello studio dell’asteroide Bennu, cercando di capire meglio la sua traiettoria e di elaborare strategie per prevenire un eventuale impatto catastrofico.
Asteroide Bennu: un ricco profilo scientifico
Classificato come un asteroide ricco di carbonio, Bennu ha un diametro di circa 500 metri. La sua esistenza è considerata una finestra sugli albori del sistema solare, risalendo a circa 4,5 miliardi di anni fa. La teoria prevalente suggerisce che Bennu si sia originato dalla frammentazione di un asteroide più grande, divenendo una sorta di capsula del tempo cosmica che conserva al suo interno composti e molecole organiche fondamentali per lo studio delle origini della vita sulla Terra. Questa peculiarità rende Bennu un oggetto di studio prioritario per la comunità scientifica, attirando l’attenzione di agenzie spaziali come la NASA, che si è dedicata alla raccolta di campioni dalla superficie dell’asteroide per analisi dettagliate.
La missione di campionamento dell’asteroide Bennu
La missione di campionamento di Bennu, portata avanti dalla NASA, ha permesso di raccogliere materiali direttamente dalla sua superficie, una pietra miliare nella ricerca astronomica. Questi campioni, preziosi per comprendere la composizione chimica e fisica dell’asteroide, sono destinati a diventare un’eredità per le future generazioni di scienziati, che potranno esaminarli con tecnologie e metodologie ancora più avanzate.
Il viaggio orbitale di Bennu e la sua prossimità alla Terra
L’orbita di Bennu intorno al Sole lo posiziona a una distanza media di circa 105 milioni di miglia (168 milioni di chilometri) dal nostro astro, un poco più distante rispetto all’orbita media della Terra, che si aggira sui 93 milioni di miglia (150 milioni di chilometri). Questa prossimità relativa rende Bennu non solo un vicino cosmico, ma anche un potenziale pericolo, data la possibilità, seppur remota, di un suo impatto con la Terra in uno dei suoi passaggi vicini.
Conscia delle potenziali minacce poste da asteroidi come Bennu, la comunità scientifica internazionale sta esplorando metodi per deviarne la traiettoria in modo da prevenire possibili collisioni future. Questi sforzi rappresentano una componente fondamentale della difesa planetaria, un ambito di ricerca che mira a proteggere la Terra da impatti asteroidali attraverso la comprensione delle dinamiche orbitali e lo sviluppo di tecnologie capaci di alterare le traiettorie dei corpi celesti.
Perché si chiama Bennu?
Il nome “Bennu” deriva da un’antica divinità egizia, scelto tramite un concorso internazionale vinto da Michael Puzio, un bambino di nove anni della Carolina del Nord. Il nome originale dell’asteroide, “1999 RQ36“, rifletteva una denominazione più tecnica, ma il passaggio a “Bennu” ha conferito all’asteroide un’identità più accessibile e un legame con le narrazioni culturali e mitologiche dell’umanità.
Cosa è stato scoperto dal campione dell’asteroide Bennu?
Lo scorso settembre del 2023, la comunità scientifica mondiale ha assistito a un momento storico: la consegna sulla Terra dei campioni prelevati dall’asteroide Bennu dalla missione OSIRIS-REx della NASA. Questo evento ha segnato la fine di un viaggio straordinario di oltre 6 miliardi di chilometri attraverso lo spazio, offrendo agli scienziati l’opportunità unica di esaminare da vicino la composizione di un corpo celeste antico. I campioni, accuratamente sigillati in una capsula, hanno superato ostacoli e sfide tecniche prima di essere aperti, rivelando oltre mille particelle che potrebbero custodire i segreti dell’origine della vita e della geologia degli asteroidi.
Le prime analisi di un campione spaziale, non ancora aperto, rivelano un’alta presenza di carbonio e acqua, essenziali per la vita. Alla Lunar and Planetary Science Conference, in Texas, ricercatori dell’Università dell’Arizona hanno condiviso i risultati preliminari delle analisi effettuate sui campioni dell’asteroide. Tra le scoperte più sorprendenti c’è l’identificazione dell’amminoacido glicina, un componente chiave delle proteine e, di conseguenza, della vita così come la conosciamo. Questa molecola, insieme a ricche concentrazioni di fillosilicati e fosfato di magnesio – quest’ultimo inizialmente confuso con una contaminazione a causa della sua rarità – sottolinea la potenziale ricchezza biologica di Bennu e fornisce indizi vitali sulla presenza di acqua e attività geologica sul corpo celeste da cui si è originato.
I risultati delle analisi hanno sollevato una straordinaria ipotesi: Bennu potrebbe essere il frammento di un antico mondo oceanico. Questa teoria è supportata dall’abbondanza di fosfati, minerali legati all’acqua e una composizione isotopica unica rispetto a quella dei meteoriti conosciuti, suggerendo che Bennu condivida caratteristiche con corpi celesti completamente ricoperti d’acqua, come Encelado, una delle lune di Saturno. Questa connessione tra Bennu e i mondi oceanici potrebbe aprire nuove prospettive sulla comprensione della distribuzione dell’acqua e della vita nel sistema solare.
Potenziale impatto sulla Terra: quando potrebbe accadere?
Mentre gli scienziati esaminano i segreti nascosti nei campioni di Bennu, c’è anche una consapevolezza crescente riguardo al potenziale pericolo che questo asteroide rappresenta per la Terra. Con una probabilità stimata di 1 su 1750 di impattare il nostro pianeta tra il 2178 e il 2290, Bennu rimane un oggetto di monitoraggio costante per gli esperti di difesa planetaria. La data più probabile per un possibile impatto, intanto, è il 24 settembre 2182.