Gli Usa, simbolo con la S maiuscola del Capitalismo, sono in ginocchio: l’onda lunga degli scioperi dei dipendenti stra travolgendo le più grandi multinazionali statunitensi. Da Starbucks alla celebre catena di librerie Barnes&Noble è scontro fra i sindacati e i vertici aziendali, per chiedere maggiori tutele.
Usa, gli scioperi investono Barnes&Noble
La dorata terra delle opportunità non è poi così dorata: maggiori tutele lavorative, salari più alti e condizioni di lavoro migliori. Sono queste le richieste che, di azienda in azienda, stanno coinvolgendo un numero sempre più ampio di dipendenti.
I lavoratori e le lavoratrici statunitensi non ci stanno più e hanno dato il via al tamtam per eleggere nuovi rappresentanti sindacali. Un grido dal basso prontamente bloccato dai vertici delle multinazionali e non solo, che si oppongono alle minacce di sciopero.
Una sorta di tira e molla che potrebbe sfociare in proteste e manifestazioni, quando la proverbiale corda si spezzerà. Alcune delle più importanti catene stanno già subendo le ripercussioni di politiche troppo restrittive e prive di tutele.
Dal colosso Starbucks agli sceneggiatori e autori di Hollywood, passando per il comparto automobilistico e persino per quello degli infermieri, gli scioperi dilagano. Ora è il turno di una delle maggiori librerie americane: Barnes&Noble.
Le accuse al Ceo, James Daunt: “Ci ha detto di tenerci fuori dal sindacato”
La nota libreria ha compiuto 138 anni, ma potrebbe vedere il proprio potere crollare drasticamente dopo il passo falso compiuto dal suo ceo, James Daunt. Pare, infatti, che l’amministratore delegato abbia fatto inaspettatamente visita ai suoi dipendenti.
Il motivo? Persuaderli a non iscriversi al sindacato:
Daunt è venuto a trovarci per dirci praticamente di tenerci fuori dal sindacato. Il motivo è che se avessimo deciso di aderire, la nostra vita si sarebbe fatta più dura. Ce lo ha detto numerose volte, ma non ha avuto successo
Questa la testimonianza di una delle dipendenti, Jessica Sepple, spiegando il clima di tensione che stanno vivendo all’interno della celebre catena libraria. Nonostante le minacce non troppo velate, però, i lavoratori hanno votato a favore per la nascita di un sindacato lo scorso anno a New York, sede principale dell’azienda.
Sulla scia newyorkese sono partiti numerosi altri referendum in altre città americane, dove la libreria ha le proprie filiali: Bloomington, San José e Hadley. Tuttavia, i rappresentanti sindacali hanno denunciato ritardi nei negoziati con i vertici, accusati di ostruzionismo.
Così ha aggiunto Sepple in riferimento agli “alti e bassi” nelle trattative:
Noi vogliamo che venga riconosciuta la dignità dei lavoratori. Essendoci messi al tavolo delle trattative, è stato deludente vedere come Barnes&Noble non ci abbia trattato con il rispetto che meritiamo
Dipendenti minacciano: “Condizioni di lavoro peggiorate”
Nel frattempo, i dipendenti hanno rilevato un netto peggioramento delle loro condizioni lavorative, come ripercussione delle loro richieste. Adesso, infatti, devono far fronte alla fragilità nella sicurezza contro clienti aggressivi e a carichi di lavoro sempre più pesanti:
Se sai fare il tuo lavoro, ti daranno più lavoro
Questa l’amara affermazione di Sepple. Non demordono, comunque, i lavoratori che il mese scorso hanno assistito alla nascita del sindacato per la sede dell’Upper West Side:
Viviamo nella città più cara d’America e la nostra paga di partenza è ridotta ai minimi e non ci permette di vivere
Denuncia Esther Rosenfield, che lavora presso il bar dello store newyorkese. La speranza è che Barnes&Noble ascolti le richieste dei sindacati e migliori le condizioni dei suoi dipendenti. Pena la paralizzazione di una delle più grandi librerie del Paese.