Tratto dal libro autobiografico “Elvis e Io”, scritto dall’ex moglie di una delle star del Rock più famose al mondo, lo scorso 27 marzo è uscito nelle sale italiane il nuovo film di Sofia Coppola intitolato “Priscilla”. Racconta i quattordici anni di relazione complicata, abusante, e a tratti anche violenta, consumata tra Priscilla Beaulieu ed Elvis Presley. Gli incassi di questo film, in Italia, attualmente ammontano a 86.780 euro registrando 11.886 spettatori in sala.

“Priscilla”, recensione

È il 1959 e in una base militare statunitense, situata a Wiesbaden in Germania, vive una giovane ragazza coi suoi genitori. Si chiama Priscilla (Cailee Spaeny), ha quattordici anni e viene dal Texas. È nata a New York e quando aveva soltanto sei mesi uno sfortunato incidente aereo le ha portato via il padre James, pilota di linea, rimasto ucciso mentre era in volo. La madre Anna (Dagmara Dominczyk) si è risposata con un ufficiale della United States Air Force, il capitano Paul Beaulieu (Ari Cohen), quando la figlia era ancora molto piccola. Quest’ultimo l’ha cresciuta da sempre come fosse sua, essendo per lei un padre premuroso e protettivo.

Priscilla è ancora poco più che una bambina e il suo aspetto lo rimarca fortemente: è minuta, col viso tondo e le guance paffute, è magrolina, ha poco seno e le gambe snelle. Ha gli occhi grandi, turchesi, che spiccano come due fari sul suo volto dalla bellezza infantile, ha la pelle chiarissima, levigata, sottile come carta, la bocca piccina e il nasino rotondo. Ha i capelli lisci, castani, che le arrivano poco sotto le spalle. È bella ed esile, come una bambola di porcellana e ha l’espressione sinceramente ingenua di chi non è consapevole della sua avvenenza.

Sarà forse questo fascino acerbo che ruberà l’attenzione di un giovane soldato americano di ruolo nella stessa base militare del patrigno: il suo nome è Elvis Presley (Jacob Elordi), ha 24 anni ed è conosciuto in mezzo mondo come cantante di successo. È alto, col fisico atletico e ha gli occhi dallo sguardo penetrante. Si conosceranno ad una festa nell’abitazione di lui e da quel momento inizieranno a vedersi di frequente, volta dopo volta, accrescendo un desiderio bruciante tenuto a bada con qualche piccolo bacio sulle labbra. Ma per Elvis arriverà presto il momento di ritornare in America, finita la leva militare obbligatoria, lasciando Priscilla in un costante tormento che ormai non le concede più spazio per pensare a nient’altro.

Non studia più, parla poco, a stento mangia, sfoglia di continuo le riviste di gossip in cerca di qualche notizia che le parli di lui. Lo vede su quelle copertine al fianco di altre donne più grandi, più famose, più mature e ad ogni pagina il suo cuore si fa sempre più piccolo, stretto in una morsa fatale che le toglie il respiro. Ma un anno dopo il telefono di casa dei suoi genitori squilla all’improvviso: è proprio lui, Elvis, che non l’ha mai dimenticata e vuole invitarla a passare qualche giorno a Memphis nella sua tenuta. Ancora minorenne, riesce a trovare il modo di convincere mamma e papà a farla partire e finalmente potrà gettarsi nuovamente tra le braccia del suo amato che credeva aver perso per sempre.

Tutto sembra meraviglioso in una storia d’amore che pare scritta da uno sceneggiatore cinematografico se non fosse che la relazione romantica, se pur non consumata sessualmente, avviene tra una minorenne e un uomo adulto. Probabilmente questo avrebbe dovuto essere il primo campanello d’allarme, ma il rapporto tra i due inizialmente procede bene tra la dolcezza adolescenziale di lei e la galanteria premurosa di lui. Fino a quando lei, qualche tempo dopo, si trasferirà a Graceland, la villa meravigliosa di Presley a Memphis che sembra l’incarnazione di un sogno. Iscritta ad una scuola cattolica poco distante per finire di diplomarsi, Priscilla finirà col vivere in una splendida tenuta immersa nel verde che ben presto diverrà una prigione.

Sì, perché nelle settimane in cui Elvis partirà per lavoro lei sarà costretta a stare sola, nella sua dimora, coi parenti di lui che di tanto in tanto le rivolgeranno la parola. Non potrà uscire, non potrà lavorare dopo la scuola, non potrà invitare delle amiche a Graceland: il suo unico scopo sarà quello di attendere tutto il giorno la telefonata di Elvis, perché lui pretenderà che lei sia sempre disponibile quando il telefono squilla. La sua unica reale compagnia sarà un piccolo cane dal pelo bianco, che lui le ha regalato per cercare di renderle meno insopportabile aspettare il suo ritorno. Ed è così che una sedicenne si ritroverà improvvisamente a immedesimarsi con la vita di una moglie adulta e insoddisfatta, immersa nella noia quotidiana, misurandosi con realtà e sentimenti cupi di angoscia e disperazione, vivendo in funzione di un uomo e dell’eterna attesa del suo arrivo. Come se non bastasse la introdurrà all’abuso di farmaci e alla sperimentazione delle droghe pesanti, diventerà violento, la tradirà sistematicamente, le imporrà cosa indossare e come truccarsi, cosa leggere e come acconciarsi. La renderà una bambola in carne e ossa, da plasmare a suo piacimento.

Quando, alla fine, deciderà di sposarla c’è soltanto una cosa che viene da chiedersi: vale la pena di rinunciare alla propria esistenza pur di stare al fianco di una star? L’ideale meraviglioso di una vita condivisa con una celebrità, la soddisfazione di farsi invidiare da tutti per essere riusciti ad ottenere quel desiderio quasi irrealizzabile, la renderà davvero così appagata quando alla fine ciò che le resterà saranno soltanto una manciata di momenti felici vissuti in una lacerante solitudine e in una destabilizzante manipolazione narcisista?

“Priscilla”, critica

Tratto dal memoir del 1985 intitolato “Elvis e io”, scritto proprio dall’ex moglie di Presley, “Priscilla” è il nuovo film di Sofia Coppola. Uscito nelle sale italiane lo scorso 28 marzo, questo lungometraggio biografico racconta la vera storia di una comune ragazza del Texas finita a sposare uno dei più famosi cantanti Rockabilly del ventesimo secolo. Ci svela il mostro dietro il mito, che si è rovinato tra alcol e dipendenza da farmaci distruggendo l’esistenza di una ragazzina e togliendole per sempre la spensieratezza adolescenziale. Come si evince chiaramente dal titolo non è una pellicola biografica per raccontare Elvis, ma piuttosto per mostrarci il vissuto traumatico della sua giovanissima compagna.

L’estetica di questo film è curata nei minimi dettagli: dalle scenografie, ai costumi, al trucco, alle acconciature. C’è un’attenzione minuziosa nel rendere fedele la trasposizione cinematografica di quei quattordici anni che Elvis e Priscilla passarono insieme. Finanche le foto più famose della coppia sembrano essere le stesse. Ma è come se la regista si fosse incentrata più sull’aspetto delle immagini che nello scavare a fondo nell’emotività di un’adolescente turbata. Non posso dire che sia uno spettacolo dall’esecuzione scadente, ma sembra un confezionamento preciso e accorto che ricorda più un compito universitario e niente più. L’ho trovato lento, soprattutto nel primo tempo, e personalmente avrei tagliato molte scene che mi sono apparse superflue e inefficaci per la narrazione di questo dramma.

Se ho amato Sofia Coppola come regista in “Lost in Translation”, o in altri suoi lavori, in questo caso devo dire che mi ha fortemente delusa. Il pathos, la sofferenza, la disperazione di chi subisce un abuso del genere non mi sono arrivati così forti e prepotenti come avrebbero dovuto. Penso che non accresca in alcun modo il cinema moderno e la stessa filmografia dell’artista.
In definitiva si riduce a una sorta di soap opera romantica dal budget smisurato.
Peccato, si poteva fare molto di più.