Tutta in alto mare la questione del calcolo dei contributi previdenziali dei liberi professionisti appartenenti alle Casse private che si apprestano ad adottare, come tutti i lavoratori autonomi, il concordato preventivo della riforma fiscale del 2024. Il dubbio sul calcolo riguarda essenzialmente quale reddito prendere in considerazione: quello determinato dal professionista contribuente in virtù del patto con il Fisco oppure il reddito effettivo costituito dai compensi e dai ricavi conseguiti nell’anno di imposta?
Per gli Ordini professionali privati è tempo di presa di posizione: i presidenti della varie Casse previdenziali hanno firmato una piattaforma comune nella quale si stabilisce che i contributi vanno pagati in ragione degli effettivi ricavi conseguiti dalla libera attività.
Contributi previdenziali professionisti con concordato preventivo 2024: come si calcolano?
Dubbi sul calcolo dei contributi previdenziali che i liberi professionisti devono versare alla propria Cassa privata di appartenenza in vista del debutto del nuovo concordato preventivo della riforma del Fisco.
I presidenti della Casse previdenziali private hanno firmato una piattaforma comune nella quale denunciano la necessità di calcolare i contributi previdenziali da versare sulla base dei ricavi e dei compensi effettivamente conseguiti nell’anno di imposta, a prescindere – quindi – dall’accordo al quale arrivino i professionisti con il Fisco per il pagamento delle imposte dovute con il concordato preventivo.
Sul portale dell’Associazione degli enti previdenziali privati (Adepp), si legge che i presidenti delle Casse di previdenza private che aderiscono all’associazione “confermano che il concordato preventivo previsto dal decreto legislativo 13 del 2024 non produce alcun effetto in ordine agli obblighi contributi cui sono assoggettati i propri iscritti”.
Cosa cambia se il calcolo viene effettuato sui ricavi effettivi?
Per effetto di questo ragionamento, i presidenti delle Casse previdenziali sottolineano che l’articolo 30 del decreto legislativo 13 del 2024, se applicato alle Casse private, “si rivelerebbe lesiva dell’autonomia gestionale, organizzativa e contabile di cui al comma 1, dell’articolo 2, del decreto legislativo 50 del 1994 anche in virtù della circostanza che la gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di lungo periodo mediante l’adozione di provvedimenti coerenti con gli equilibri di bilancio, come anche sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 7 del 2017″.
Contributi previdenziali professionisti con il concordato, quale criterio di calcolo?
Allo stato attuale della situazione tributaria e contributiva dei liberi professionisti prossimi ad adottare il concordato preventivo, non è semplice stabilire quanti saranno i versamenti ai fini delle future pensioni dei lavoratori autonomi iscritti alle Casse di previdenza.
I presidenti riuniti nell’Associazione degli enti previdenziali privati (Adepp) hanno fatto fronte comune contrapponendosi alla prevedibile soluzione del governo, ovvero a quella di legare il quantitativo di contributi previdenziali alla soglia di reddito oggetto del patto di fiducia dal punto di vista tributario tra il contribuente e il Fisco.
Riforma fiscale, quali sono i tempi di adesione alla proposta del Fisco?
L’accettazione dell’importo proposto dall’Agenzia delle entrate dovrà avvenire entro il 15 ottobre 2024, mentre le prime proposte di concordato preventivo arriveranno ai lavoratori autonomi e alle partite Iva a metà giugno 2024. Poi gli autonomi avranno quattro mesi di tempo per decidere sul da farsi.
Ma si tratta di una sperimentazione che si svilupperebbe su due fronti. Il primo del tutto fiscale, con la proposta di adesione al concordato preventivo e di versamento di un quantitativo di imposte stabilito dall’Agenzia delle entrate; il secondo, invece, investirebbe i contributi. Ad oggi non c’è un’indicazione ufficiale su quale criterio adottare per il relativo calcolo.
Contribuzione per la pensione, cosa convene ai professionisti?
Il contribuente libero professionista potrebbe essere indotto a pagare i contributi sulla base del patto di reddito stabilito con l’Agenzia delle entrate, trovandoci eventualmente anche un risparmio rispetto a quanto effettivamente dovuto.
Se la proposta del Fisco dovesse essere più bassa rispetto al quantitativo di compensi conseguiti, di conseguenza anche l’importo dei contributi previdenziali da pagare si ridurrebbe proporzionalmente.