Restano in carcere Pietro e Rocco Costanzia di Costigliole, i due fratelli di origini nobili accusati del tentato omicidio del 23enne O.B., ferito a colpi di machete mentre era insieme alla sua fidanzata in strada a Torino lo scorso 18 marzo. Secondo il gip Gloria Biale organizzarono l’aggressione, una vera e propria “rappresaglia”, “nei minimi dettagli”.
Pietro e Rocco Costanzia restano in carcere per l’agguato col machete a Torino: le motivazioni del gip
Se avessero solo voluto spaventare il loro “rivale”, Pietro e Rocco Costanzia non avrebbero avuto bisogno di organizzare l’incontro nei minimi dettagli, come invece fecero: sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni a cui il gip Gloria Biale è arrivato nelle ordinanze con cui ha confermato la custodia cautelare in carcere per i due fratelli di origini nobili fermati per il tentato omicidio di un 23enne in strada a Torino.
Stando alla sua ricostruzione, i ragazzi, di 23 e 22 anni, avrebbero dato appuntamento al giovane – che al momento dei fatti era in compagnia della fidanzata 24enne – con il chiaro intento di colpirlo a morte con un machete dopo averlo sorpreso alle spalle e non, come Rocco ha affermato in sede di interrogatorio, per “dargli due sberle”.
Insieme sarebbero arrivati in via Panizza, nel quartiere Mirafiori Nord, a bordo di uno scooter: Pietro, soprannominato il “santo”, si sarebbe occupato dell’aggressione vera e propria; il fratello Rocco avrebbe invece trattenuto la fidanzata del giovane, “impedendole di intervenire”. Il motivo? Vecchi rancori legati a una compravendita di droga e un presunto sgarbo fatto da O.B. alla fidanzata di Pietro. Proprio quest’ultima, il 7 febbraio scorso, avrebbe scritto alla 24enne che il giorno della “rappresaglia” era in compagnia della vittima che il ragazzo “era impazzito”, che voleva farlo fuori. A riportarlo è Il Corriere della Sera.
La testimonianza di un amico conferma l’ipotesi della premeditazione
A confermare il racconto della ragazza è stato anche un amico del conte. Stando alle dichiarazioni che ha reso ai pm, riportate sempre dal quotidiano milanese, Pietro Costanzia avrebbe cercato il 23enne per mesi prima di organizzare l’agguato, perché non sapeva che si fosse trasferito in una comunità delle Marche per disintossicarsi.
Si sarebbe messo in contatto con lui dopo aver scoperto che il 9 marzo era tornato a Torino. A quel punto l’amico avrebbe deciso di “fare da paciere”, recandosi sul luogo dell’appuntamento con un’auto presa a noleggio senza mai scendere, ma restando nei paraggi, in attesa di istruzioni.
A un certo punto Costanzia gli avrebbe scritto di andare via, di aver “finito” e lui si sarebbe allontanato, senza fare altro. Più tardi il nobile avrebbe chiesto a lui e ad altri amici di cancellare i messaggi che si erano scambiati. Messaggi in cui forse esprimeva i suoi risentimenti verso la vittima.
Il 23enne ferito è ancora ricoverato
Resta ricoverato in terapia intensiva, intanto, il 23enne rimasto ferito. Subito dopo l’aggressione era stato soccorso e portato al Centro traumatologico ortopedico di Torino, dove i chirurghi di turno lo avevano sottoposto a un intervento di oltre quattro ore, amputandogli parte della gamba sinistra, compromessa dai colpi ricevuti.
Le sue condizioni erano apparse critiche a causa della quantità di sangue persa: rischiava di morire e dopo l’operazione era stato intubato e trasferito nel reparto in cui tuttora si trova, fuori pericolo. Nel frattempo gli inquirenti avevano rintracciato e bloccato il suo aggressore e poi il fratello, accusandoli di tentato omicidio. La fidanzata di Pietro, arrestata con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, è tornata in libertà.