Preservare il proprio patrimonio personale emerge come una priorità, specialmente quando si affronta il tema del passaggio generazionale. Troppo spesso, si tende a rimandare il momento cruciale in cui bisogna rispondere alla domanda fondamentale: “Cosa succederà al mio patrimonio quando non sarò più?”. Questo può spingere a prendere decisioni importanti sul destino dei propri beni in fretta e furia, senza avere il tempo di pianificare una suddivisione adeguata tra gli eredi. Peggio ancora, una morte improvvisa e inaspettata può lasciare gli eredi privi di istruzioni su come gestire, amministrare e dividere l’eredità.
Attualmente, solo una minoranza degli italiani si preoccupa di pianificare adeguatamente la trasmissione del proprio patrimonio. Di conseguenza, possono sorgere complicazioni legate all’eredità e alla sua accettazione. Spesso si trascura di considerare le implicazioni giuridiche e fiscali legate all’eredità durante queste valutazioni.
La successione ereditaria coinvolge aspetti legali, contabili e finanziari, rendendo essenziale essere informati sulle disposizioni di legge in materia di successione. In questo contributo, ci concentreremo sull’illustrare le modalità di accettazione dell’eredità previste dal nostro sistema giuridico.
Come si fa l’atto di accettazione dell’eredità?
Alla morte di un individuo, si avvia il processo di successione ereditaria, durante il quale è necessario determinare chi erediterà il patrimonio del defunto. L’articolo 456 del codice civile stabilisce che: “La successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”.
Il momento in cui la successione si apre riveste un’importanza cruciale per stabilire il termine entro il quale è possibile accettare l’eredità, chi può succedere e il valore dei beni per quanto riguarda la condivisione o la determinazione della quota disponibile.
L’eredità può essere devoluta per legge o per testamento, e la chiamata alla successione legittima è subordinata a quella testamentaria. Ciò significa che avviene in mancanza di un testamento valido o se il testamento, pur presente, contiene disposizioni invalide o inefficaci, dichiarate tali mediante contestazione. Questo avviene poiché le norme testamentarie stabiliscono le quote ereditarie basate sul numero e sulla qualità degli eredi legittimi.
Nel caso di un testamento, i beneficiari sono coloro che sono stati indicati dal testatore stesso. In assenza di testamento, o se il testamento riguarda solo una parte del patrimonio ereditario, la legge indica i beneficiari. Questi soggetti, sia indicati dal testamento che dalla legge, non diventano automaticamente eredi al momento dell’apertura della successione; sono definiti chiamati all’eredità dalla legge e acquisiscono la qualifica di eredi solo se accettano l’eredità. L’articolo 459 del codice civile stabilisce che: “L’eredità si acquisisce con l’accettazione. L’effetto dell’accettazione risale al momento dell’apertura della successione”.
Al momento dell’apertura della successione, si verifica la fase della delazione, durante la quale i successori testamentari e legittimari acquisiscono la qualifica di chiamati all’eredità. Una volta che i chiamati accettano l’eredità, secondo le modalità e i tempi che verranno illustrati, l’effetto retroagisce al momento dell’apertura della successione, cioè al momento della morte del defunto. La legge prevede diverse forme di accettazione dell’eredità:
- Accettazione espressa;
- Accettazione tacita;
- Accettazione con beneficio di inventario.
Attraverso l’accettazione dell’eredità, il chiamato compie un atto giuridico che lo riconosce come erede, assumendo la titolarità dell’asse ereditario. Non è ammessa un’accettazione parziale, condizionata o a termine.
L’atto di accettazione è irrevocabile e deve avvenire entro dieci anni dall’apertura della successione o dal verificarsi della condizione, se posta. Tuttavia, vi è un’eccezione per l’accettazione con beneficio di inventario: il chiamato possessore dei beni ereditari deve presentare la dichiarazione entro tre mesi dalla redazione dell’inventario, che a sua volta deve essere compilato entro tre mesi dall’apertura della successione.
Accettazione espressa
L’accettazione espressa di un’eredità rappresenta un atto giuridico attraverso il quale un erede manifesta la sua volontà di accettare l’eredità che gli è stata lasciata. Conformemente all’articolo 475 del codice civile, l’accettazione è considerata espressa quando il chiamato all’eredità dichiara di accettarla in un atto pubblico o in una scrittura privata, oppure assume il titolo di erede. Questa forma di accettazione consiste quindi in una dichiarazione esplicita, che deve essere necessariamente redatta per iscritto, con l’intento di acquistare l’eredità stessa. Tale dichiarazione costituisce un atto unilaterale inter vivos non recettizio, poiché non richiede alcuna comunicazione o notifica a terzi.
Il secondo comma della suddetta norma prevede la nullità di un’accettazione soggetta a condizione o termine. Questa disposizione mira a garantire la certezza delle situazioni giuridiche ed è incompatibile con l’efficacia retroattiva dell’accettazione, come stabilito dall’articolo 459 del codice civile, il quale stabilisce che l’effetto dell’accettazione risale al momento dell’apertura della successione. Allo stesso modo, sarebbe nulla anche una dichiarazione di accettazione parziale di eredità, come confermato anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9513/2002, di cui riporto un estratto di seguito.
Accettazione tacita
L’accettazione tacita di un’eredità si verifica quando l’erede compie azioni che implicano inevitabilmente la sua volontà di accettare l’eredità e che può compiere solo in qualità di erede. In altre parole, è un’accettazione che si deduce dal comportamento dell’erede, senza una dichiarazione esplicita.
Al di fuori dei casi in cui è richiesta per legge l’accettazione con beneficio di inventario (prevista per soggetti incapaci e persone giuridiche diverse dalle società), non è così comune trovare atti di accettazione esplicita di eredità nella pratica. Le ragioni di ciò sono principalmente legate a considerazioni di natura economica e alla presenza, nel nostro codice, delle norme sulla cosiddetta accettazione tacita.
Un atto di accettazione esplicita comporta infatti dei costi che non tutti sono disposti a sostenere. Spesso si preferisce posticipare questo adempimento, ovvero l’accettazione, fino a un momento successivo, di solito coincidente con la vendita di uno o più beni ereditari, quando si è più propensi a spendere, considerando l’incasso del prezzo di vendita.
In base all’articolo 476 del codice civile, si ha accettazione tacita dell’eredità quando il chiamato compie un’azione che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non in qualità di erede.
Tuttavia, si ritiene che, anche nei casi di accettazione tacita, sia necessaria una vera e propria volontà da parte dell’individuo di accettare l’eredità. Questa volontà è implicitamente manifestata attraverso l’atto stesso compiuto dall’erede. Ad esempio, escludendo situazioni comuni e ben consolidate, come la vendita di un immobile ereditario, si ritiene che siano atti di accettazione tacita dell’eredità:
- Concessione di un’ipoteca su beni ereditari;
- Proposizione di domande di nullità di donazioni fatte dal defunto;
- Azione legale per ottenere la risoluzione di un contratto stipulato dal defunto;
- Avvio di un’azione di riduzione;
- Effettuare la voltura catastale degli immobili ereditati a proprio favore.
Allo stesso tempo, è importante identificare gli atti che non sono considerati come manifestazioni di volontà di accettazione tacita dell’eredità. Questi includono:
- Atti di gestione temporanea dei beni da parte del chiamato;
- Organizzazione del funerale del defunto da parte del chiamato;
- Pubblicazione del testamento olografo;
- Presentazione della dichiarazione di successione e pagamento delle relative imposte;
- Consegna dei beni ereditari da parte del chiamato all’esecutore testamentario.
Accettazione presunta
L’idea di un’accettazione presunta dell’eredità sussiste in circostanze particolari in cui, anche in mancanza di una dichiarazione esplicita o di azioni che indichino un’accettazione tacita, la legge presume che l’erede abbia accettato l’eredità. Tale presunzione si fonda su specifiche condizioni o comportamenti che, secondo la legge, implicano l’accettazione dell’eredità.
Si tratta quindi di un’ipotesi di accettazione dell’eredità che va al di là di qualsiasi manifestazione di volontà o del compimento di atti da parte del chiamato.
L’articolo 527 del codice civile stabilisce che i chiamati all’eredità che abbiano occultato o sottratto beni appartenenti all’eredità stessa perdono il diritto di rinunciare e vengono considerati eredi puri e semplici, nonostante abbiano rinunciato. Questa norma mira a garantire una tutela ai creditori ereditari, che potrebbero altrimenti vedere compromessi i loro diritti.
Inoltre, l’articolo 586 del codice civile stabilisce che in assenza di altri eredi la successione passa allo Stato, e l’acquisto dell’eredità da parte di quest’ultimo avviene automaticamente senza necessità di accettazione e senza possibilità di rinuncia. Anche in questo caso, quindi, non è richiesta alcuna manifestazione di volontà o comportamento da parte del soggetto riconosciuto come erede.
Queste situazioni sono comunemente identificate dalla dottrina come accettazione presunta o acquisizione dell’eredità senza accettazione.
Accettazione con beneficio di inventario
Il legislatore ha stabilito due modalità diverse di accettazione con riferimento alla responsabilità per i debiti ereditari: l’accettazione pura e semplice e l’accettazione con beneficio di inventario, come previsto dall’articolo 470 del codice civile.
Con l’accettazione pura e semplice, avviene la fusione del patrimonio del defunto con quello dell’erede, il quale sarà quindi responsabile del pagamento dei debiti ereditari con tutti i suoi beni, inclusi quelli ricevuti per via testamentaria.
Nel caso del beneficio d’inventario, invece, non c’è fusione tra i due patrimoni e l’erede sarà responsabile dei debiti ereditari e dei legati solo per il valore dei beni ricevuti. In particolare, l’articolo 490, comma 1, del codice civile stabilisce che “l’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tenere separati il patrimonio del defunto da quello dell’erede”. Attraverso questa procedura, l’erede deve considerare i seguenti vantaggi:
- Conserva tutti i diritti e gli obblighi che aveva nei confronti del defunto, eccetto quelli estinti per la sua morte;
- Non è tenuto a pagare i debiti ereditari e i legati oltre il valore dei beni ereditati;
- I creditori dell’eredità e i legatari hanno priorità sui creditori dell’erede rispetto al patrimonio ereditario.
Un altro effetto del beneficio, non contemplato dall’articolo 490 del codice civile, è previsto dall’articolo 2830 del codice civile, il quale stabilisce che se l’eredità è accettata con beneficio d’inventario o se si tratta di un’eredità giacente, non possono essere costituite ipoteche giudiziarie sui beni ereditari, neanche sulla base di sentenze emesse prima della morte del debitore. Questo per garantire la parità di trattamento dei creditori.
La procedura da seguire per l’accettazione con beneficio di inventario è necessariamente espressa e si completa attraverso diverse fasi:
- Dichiarazione di accettazione: l’erede deve dichiarare la sua volontà di accettare l’eredità con beneficio di inventario davanti a un notaio o al tribunale competente;
- Redazione dell’inventario: successivamente alla dichiarazione, l’erede ha un periodo di tempo determinato dalla legge (solitamente alcuni mesi) per compilare un inventario dettagliato dei beni, dei crediti e dei debiti del defunto, con l’assistenza di un notaio;
- Deposito dell’inventario: una volta completato, l’inventario deve essere depositato presso l’ufficio del registro competente;
- Gestione dell’eredità: dopo il deposito dell’inventario, l’erede amministra l’eredità, pagando i debiti e gestendo i beni in conformità con le disposizioni di legge;
- Liquidazione dei debiti: i debiti ereditari vengono pagati fino alla quantità dei beni ereditati. Se i debiti superano il valore dell’eredità, l’erede non è tenuto a coprirli con il proprio patrimonio;
- Rendiconto finale: al termine della gestione, l’erede può essere tenuto a presentare un rendiconto finale delle operazioni svolte;
- Chiusura della procedura: una volta saldati i debiti e gestiti i beni, la procedura si conclude e l’erede può disporre liberamente dei beni residui.
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