Lo scorso 21 marzo è uscito nelle sale italiane “Another End”, diretto da Piero Messina, che vanta attualmente 167.046 € di incassi. Il regista ritorna sulle scene dopo nove anni dal suo ultimo film, “L’Attesa”, con una storia di fantascienza che affronta il tema della morte.
“Another End”, recensione
In una città immaginaria dalle atmosfere fredde, in un futuro prossimo, sorge Eterna, un’azienda che concede la possibilità a chi è morto improvvisamente di rivivere per un breve periodo. Il programma “Another End” consente ai parenti più stretti di riportare in vita i propri cari, facendo trapiantare l’anima nel corpo ospitante di una delle tante persone che, per lavoro, si prestano affinché si possa realizzare questa incredibile opportunità. Tutto questo per dare l’occasione a chi ha perso qualcuno bruscamente di poter condividere insieme qualche altra giornata prima di dirsi addio definitivamente.
Ebe (Bérénice Bejo), che lavora per Eterna, ha un fratello di nome Sal (Gael García Bernal). Quest’ultimo vive in un piccolo appartamento che sembra venire inghiottito dalla grandezza desolante del condominio in cui si trova. Sal a stento esce di casa, dorme sul divano, mangia poco, per giorni interi non rivolge parola a nessuno, l’unica che gli è rimasta è sua sorella Ebe che vede, di tanto in tanto, proprio in quell’abitazione che lentamente lo sta risucchiando. Entrambi non hanno più i genitori, neanche la nonna, e la morte sembra un tema ricorrente che scandisce i loro anni impietosamente. La depressione lo ha colpito così forte che pare proprio non trovare alcuna ragione per continuare ad esistere.
Sal ha perso Zoe, la sua compagna: è deceduta in un incidente stradale mentre c’era lui alla guida. Senso di colpa e mancanza lo hanno divorato a tal punto che di lui pare rimanere soltanto un involucro che somiglia più ad una carcassa. Gli occhi cerchiati, le labbra livide, il colorito cinereo del viso, avvolto in una lunga vestaglia grigia, l’espressione rassegnata di chi brucia costantemente in un inferno di disperazione: sembra non essergli rimasto nulla di vivo.
Dopo tanti rifiuti, inaspettatamente, un giorno cede alle richieste insistenti di Ebe di far risuscitare Zoe. Ed è così che una mattina si trova in cucina una donna che ha l’aspetto di una sconosciuta, ma ha la memoria di quella che un tempo era la sua fidanzata. Carnagione chiara, un caschetto castano di capelli sottili, occhi marroni, due gambe lunghe e il fisico asciutto. Ha una bellezza statuaria da modella. Sal si ritrova ad osservare in silenzio una ragazza mai vista prima muoversi dentro il suo appartamento, con naturalezza, come se lo conoscesse intimamente in ogni suo angolo. Finisce col passare intere giornate con la mente di Zoe e nello stesso momento ad esplorare il corpo estraneo di una persona a lui sconosciuta, imparando a riconoscerne il profumo, la forma perfetta dei piccoli seni tondi, i punti più sensibili al tatto, la morbidezza della sua pelle liscia.
Arriverà a sviluppare una vera ossessione per la donna di cui lui ormai conosce ogni centimetro di quel fisico perfetto, ma della cui coscienza non sa nulla. Nelle notti durante le quali lo spirito di Zoe non è trapiantato in lei, Sal la segue, la spia, la osserva da lontano. Scopre che il suo vero nome è Ava (Renate Reinsve), che fa la spogliarellista e che vorrebbe suicidarsi, ma non ne ha il coraggio. Tenta in tutti i modi di avvicinarsi a lei il più possibile, dormendo di giorno e aspettando che arrivi la notte per incontrarla ancora. Questa nuova fissazione sarà un tentativo del suo inconscio di colmare la mancanza di Zoe, o sarà piuttosto il motivo per cui smetterà di sentirne l’assenza?
“Another End”, critica
Dopo nove anni dall’uscita del suo ultimo film, “L’Attesa”, Piero Messina torna al cinema con “Another End”, una pellicola che si divide tra dramma e fantascienza per esaminare anche stavolta il tema dell’accettazione della morte. Sì, perché anche questa storia (esattamente come la precedente) non racconta tanto della morte in sé, ma piuttosto del modo in cui un individuo affronta e percepisce la perdita di qualcuno a lui caro e di come tutti tentiamo disperatamente di ritardare l’inevitabile. Ci pone anche un interrogativo fondamentale: avere un po’ più di tempo ci renderebbe davvero più digeribile l’eterno addio di chi amiamo? Psicologicamente ci farebbe poi così bene condividere qualche istante in più con i nostri cari estinti, pagando l’insopportabile prezzo di dover affrontare nuovamente l’abbandono definitivo? Saremmo veramente in grado di non essere avidi, pretendendo altri istanti ad ogni costo, rassegnandoci per sempre?
“Another End” è un film che ti toglie il respiro e ti lascia con un grande squarcio nel petto. Ti ferisce intimamente, ti destabilizza, parla alle tue paure più recondite guardandole dritte in faccia. Ti infonde un profondo senso di angoscia.
Dopo “L’Attesa”, altro grande film che consiglio caldamente, direi che è valsa la pena attendere quasi un decennio per assistere al ritorno di Piero Messina con questo piccolo capolavoro futurista, che considero una perla per il cinema moderno.
Questo film mi ha pugnalata a fondo, toccando punti della mia coscienza che avrei preferito lasciare dormienti. Mi ha scossa violentemente, ma usando un linguaggio dolce, appena sussurrato. Con un enorme dolore nel cuore, sono uscita dalla sala cinematografica con una sola certezza: alla fine, indistintamente, siamo tutti soli.