Incensurati e insospettabili, eppure fiancheggiatori del boss Matteo Messina Denaro, morto il 25 settembre 2023 a causa di un tumore. I tre arresti di oggi, 27 marzo 2024, si sommano ai 14 già eseguiti nei mesi scorsi: in manette l’architetto Massimo Gentile, il radiologo dell’ospedale di Mazzara del Vallo Cosimo Leone e l’operaio agricolo Leonardo Gulotta.
I carabinieri del Ros dei comandi provinciali di Trapani, Milano e Monza-Brianza hanno eseguito i provvedimenti dopo le indagini della direzione distrettuale antimafia di Palermo.
Arresti legati al boss Matteo Messina Denaro, in manette tre fiancheggiatori ‘insospettabili’
L’architetto Massimo Gentile è stato arrestato per associazione mafiosa, così come il tecnico radiologo Cosimo Leone. Leonardo Salvatore Gulotta è invece accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Gentile, 51 anni, è originario di Erice, in provincia di Trapani, e dal 2018 è dipendente del Comune di Limbiate (Monza-Brianza): si occupa dei procedimenti per il settore dei lavori pubblici. Parente di Salvatore Gentile, ergastolano marito di Laura Bonafede- storica amante di Messina Denaro- avrebbe ‘prestato’ la propria identità al boss.
Leone è invece tecnico di radiologia presso l’ospedale di Mazara del Vallo e avrebbe aiutato il boss a curarsi, assistendolo anche durante il ricovero.
Mentre Gulotta, sempre stando alle indagini, avrebbe fornito al capomafia la disponibilità di un’utenza telefonica.
Le indagini
Secondo i pm, grazie all’identità ‘prestata’ dall’architetto Gentile, Matteo Messina Denaro acquistò una moto Bmw nel 2007 e una Fiat 500 nel 2014, stipulando le relative polizze assicurative.
A Leone gli inquirenti contestano l’assistenza prestata al boss mentre era ricoverato in ospedale. Gli avrebbe permesso di effettuare senza problemi una tac al torace e all’addome, di avergli consegnato un cellulare durante il ricovero e di avergli fatto recapitare, una volta dimesso, il cd della tac da mostrare agli specialisti.
Gulotta, di mestiere operaio agricolo, secondo la procura avrebbe fornito un’utenza telefonica al boss per dieci anni, dal 2007 al 2017, per gestire i propri mezzi di trasporto.
La Procura di Palermo sottolinea come una “totale omertà” avvolga ancora la figura del boss a distanza di alcuni mesi dalla sua morte.