Si chiamano “serial killer” gli assassini che uccidono almeno due persone seguendo schemi e modus operandi riconoscibili. In base alle motivazioni che li spingono a compiere i loro delitti si distinguono in serial killer del controllo, missionari, lussuriosi ed edonisti. Gli ultimi sono coloro che uccidono per il gusto di farlo, senza una motivazione, come faceva Francesco Passalacqua, il serial killer della Riviera dei Cedri.

La storia di Francesco Passalacqua

Il delitto del 4 gennaio 2024

È la mattina del 4 gennaio 2024 quando a Tolè, nel Bolognese, un contadino di 65 anni esce di casa per dedicarsi alle sue bestie, viene avvicinato da un uomo arrivato in sella a una bici e accoltellato all’addome e al braccio sinistro, riuscendo a salvarsi solo grazie all’intervento della moglie che, rendendosi conto dell’accaduto, urla e mette in fuga il suo aggressore.

Pochi giorni dopo l’uomo, 55 anni, viene fermato: a portare gli inquirenti a lui sono i peli rimasti incastrati nella catenina con il crocifisso che la vittima gli ha strappato dal collo nell’atto di difendersi. Si tratta di Francesco Passalacqua ed è già noto alle forze dell’ordine e alle cronache con il nome di “serial killer della Riviera dei Cedri”.

Il primo omicidio

Dal 2021 l’uomo era ospite di una struttura per persone fragili non molto distante dal luogo del tentato omicidio. Prima era stato in carcere per aver commesso ben quattro omicidi.

Terzo di sei figli, Passalacqua era nato a Scalea in una famiglia di origini umili e aveva perso la madre da giovanissimo. Aveva già una serie di piccoli precedenti alle spalle quando il 3 aprile del 1992 uccise insieme a un conoscente il 45enne Mario Montaspro, autotrasportatore di professione, per derubarlo.

Avevano cenato insieme; poi i due, attratti dai suoi soldi, lo avevano colto di sorpresa nel sonno, fracassandogli il cranio con un blocco di cemento che avevano trovato nella sua veranda senza che si accorgesse di nulla. Passalacqua fu arrestato, ma restò in cella solo per un paio di anni, uscendo prima del previsto in virtù della scadenza dei termini della carcerazione preventiva.

Tre omicidi in meno di un mese

Per qualche tempo di lui non si seppe più nulla. Si sperava che avesse cambiato vita, che si fosse lasciato alle spalle il suo passato criminale. Tra il marzo e l’aprile del 1997, però, uccise tre persone.

Si chiamavano Salvatore Belmonte, Francesco Picarelli e Vito Michele Resia e avevano 59, 63 e 72 anni. Facevano i contadini. Tutti e tre furono colti di sorpresa e ammazzati in luoghi isolati dell’Alto Cosentino. Il primo morì inforcato, gli altri due furono freddati a colpi di arma da fuoco alla testa.

Le persone sapevano chi poteva averli assassinati, nei bar mormoravano il nome di Passalacqua ben prima che l’uomo venisse arrestato; in molti ricordavano ciò che aveva fatto qualche anno prima e lo temevano.

Si trattava di supposizioni: non c’erano prove che potessero dimostrare che fosse stato davvero lui. Si scoprì che era così quando, poco dopo, finì di nuovo in galera per furto e, nel corso di un colloquio con l’allora fidanzata, fu intercettato mentre le chiedeva di recuperare la 7,65 con cui aveva compiuto gli ultimi due omicidi e di farla sparire.

Le disse: “Ucciderò ancora fin quando il sangue non arriverà al fiume”, indicando il luogo in cui aveva nascosto l’arma. I carabinieri organizzarono una retata e trovarono la revolver, mettendolo alle strette. Passalacqua cercò allora di crearsi degli alibi, ma alla fine confessò. Fu condannato all’ergastolo. Il resto della sua storia purtroppo è nota.

Ne hanno parlato Fabio Camillacci e Gabriele Raho nella rubrica “Italia in giallo e nero” della scorsa puntata della trasmissione televisiva “Crimini e criminologia”, che va in onda tutte le domeniche su Cusano Italia Tv (canale 122 del digitale terrestre) dalle ore 21.30 alle ore 23.30.