L’epilogo della vicenda che da mesi coinvolge Julian Assange, attivista e fondatore di WikiLeaks, sembra ancora lontano. Il 52enne giornalista australiano ha ancora una possibilità di evitare l’estradizione in USA, dove rischia fino a 175 anni di reclusione per aver diffuso documenti riservati del Pentagono e del dipartimento di Stato.
I giudici dell’Alta Corte di Londra hanno infatti stabilito oggi, 26 marzo 2024, di rimandare la decisione sul suo destino al 20 maggio, chiedendo nel frattempo delle “garanzie” a Washington nel caso in cui fosse processato nel Paese.
Se queste rassicurazioni da parte del governo americano non dovessero arrivare entro tre settimane, allora Assange avrà il diritto di ricorrere in appello.
Estradizione in USA per Julian Assange, decisione rimandata: la possibilità di ricorrere in appello
Dopo le udienze di febbraio, l’Alta Corte di Londra hanno impiegato oltre un mese per valutare le argomentazioni dei legali dell’attivista australiano e quelle delle autorità statunitensi, che lo considerano un “nemico pubblico”. Aprendo così uno spiraglio dopo il ‘no’ di primo grado all’istanza di appello, presentata contro l’estradizione decisa dalla giustizia britannica nel 2022.
I giudici hanno in parte respinto le motivazioni della richiesta della difesa, ad esempio quelle che descrivono Assange come un uomo perseguitato a causa delle sue idee politiche. Ma hanno comunque ritenuto non infondate le argomentazioni in merito ai timori per la vita del proprio assistito.
L’Alta Corte ha quindi chiesto agli Stati Uniti che, in caso di estradizione e processo, Julian Assange possa ricorrere al primo emendamento della Costituzione Usa, che tutela la libertà di espressione. Ma non solo. I giudici vogliono anche ulteriori garanzie: ossia che il fondatore di Wikileaks non sia penalizzato a causa della sua cittadinanza australiana e che, se ritenuto colpevole, non verrà condannato a morte.
Washington ha tre settimane di tempo per fornire queste delucidazioni. Se non dovessero arrivare, Assange potrà quindi ricorrere in appello contro l’estradizione. Nel caso in cui, invece, dovessero fornirle, entrambe le parti avrebbero comunque l’opportunità di presentare alla Corte ulteriori osservazioni prima del verdetto. Lo riporta la Bbc.
Le motivazioni degli Stati Uniti contro Assange
Gli Stati Uniti stanno dando la caccia ad Assange ormai da anni: contro di lui 18 capi d’imputazione. Stando a quanto sostenuto da Washington, l’attivista sarebbe andato “oltre il giornalismo”, rubando e pubblicando documenti segreti che hanno messo in pericolo vite innocenti.
Intanto, dopo cinque anni nel carcere di massima sicurezza londinese di Belmarsh e sette da rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador nella capitale britannica, la salute di Assange è sempre più precaria.
La moglie Stella, lo scorso febbraio, aveva infatti sottolineato come le condizioni del marito stessero peggiorando.
La sua salute peggiora, fisicamente e mentalmente. La sua vita à in pericolo in ogni giorno della sua detenzione e se sarà estradato morirà
aveva dichiarato durante una conferenza stampa a Londra. Oggi, parlando alla folla riunita di fronte al tribunale, ha definito il consorte “un prigioniero politico”.