C’è solo una parola per descrivere quanto sta accadendo nel carcere di Porta Alba di Costanza, in Romania, a un giovane 29enne siciliano, Filippo Mosca: orrore. Le autorità hanno sommariamente giudicato e arrestato il ragazzo e alcuni amici per un presunto traffico di droga. Eppure, a favore della sua innocenza, di prove ce ne sono molte. Così come sono fin troppi gli errori di una magistratura – quella rumena – superficiale e cieca davanti alla verità. Ma come è cominciato quest’incubo in cui la famiglia Mosca è precipitata? Lo racconta ai giornalisti di TAG24, la mamma di Filippo, Ornella Matraxia.

Filippo Mosca rimane in carcere in Romania: “Mio figlio arrestato per 150 grammi di droga non sua”

Cosa fareste se vostro figlio o vostra figlia venisse improvvisamente arrestato e portato in un carcere in un Paese estero? Come vi sentireste?

È un incubo che va avanti da 11 mesi

Queste le parole di Ornella Matraxia, la mamma di Filippo Mosca, il giovane di 29 anni, originario di Caltanissetta, arrestato lo scorso aprile in Romania. Quella che doveva essere la prima vacanza con la fidanzata e gli amici per partecipare al Sunwaves Festival 2023 a Mamaia Nord, si è rapidamente trasformata in una lunga ed estenuante battaglia legale.

D: Come è iniziato tutto?

R: Mio figlio e la sua fidanzata hanno deciso di partecipare al Festival insieme ad altri amici, sia italiani che provenienti dalla Spagna. Trascorrono la loro vacanza, ma il giorno della partenza per il rientro in Italia, un’amica di mio figlio gli chiede il favore di ritirare per lei un pacco, che purtroppo il corriere ups non era riuscito a consegnare. Filippo, quindi, avrebbe dovuto prendere il pacco e spedirglielo presso un nuovo indirizzo, cosa che non ha mai fatto. Questo perché l’intestataria stessa è andata a ritirare il pacco, nel frattempo già aperto e sequestrato dalla polizia locale. Il gruppo composto da Filippo, la sua fidanzata, un amico, che si trovavano nella hall insieme all’intestataria del pacco e sono stati tutti portati in questura per l’interrogatorio.

Una vicenda, dunque, normale all’interno di un gruppo di amici, una richiesta che chiunque avrebbe potuto accettare. Senonché, al rientro di Filippo in hotel, si ritrova circondato dalle forze dell’ordine rumene, allertate da una concierge. Infatti, quello che era un semplice favore, in realtà, è stata la scintilla che ha fatto esplodere una bomba.

L’arresto improvviso e l’accanimento delle autorità rumene

Il pacco della discordia, invece di contenere effetti personali e cosmetici, come l’amica aveva detto, in realtà, conteneva circa 150 grammi di droga. Nello specifico era suddivisa in marijuana, MDMA e ketamina. Dal momento che la ragazza aveva già lasciato la sua camera d’albergo, il pacco era stato preso in custodia dalla reception, ma l’impiegata si era insospettita e aveva deciso di aprirlo, svelandone, così, il contenuto e allertando la polizia.

D: Ma cosa c’entra allora Filippo?

R: La ragazza sin da subito ha ammesso di essere l’unica responsabile dell’acquisto e del consumo della droga e che Filippo e gli altri amici non ne sapevano assolutamente nulla. La polizia, però, non le crede e tutto il gruppo viene arrestato, ovvero mio figlio, la sua fidanzata, l’amica intestataria del pacco e un altro ragazzo che li accompagnava.

D: Cosa accade dopo l’arresto?

R: I ragazzi vengono portati in questura, trattenuti per circa 24 ore e, in questo frangente, gli interrogatori vengono registrati – quindi esistono delle riprese audio e video – e in base a ciò che sentono, le autorità decidono di rilasciare il gruppo, eccetto l’intestataria del pacco. In un secondo momento, strappano il verbale di rilascio e convalidano l’arresto. Unica a essere liberata è la fidanzata di mio figlio. Poi, noi veniamo in possesso dei video e delle traduzioni effettuate in caserma dalla traduttrice incaricata dalla questura. Così ci rendiamo contro che avevano fatto un lavoro che definire pessimo è un eufemismo.

Le perquisizioni e le presunte prove a carico di Filippo

Infatti, la famiglia Mosca, assistita dal legale Armida Decina, si rende ben presto conto delle enormi manipolazioni effettuate sulle traduzioni. Intere frasi e parti cancellate e decontestualizzate e piene di errori.

Tutto era volto a voler rimarcare un coinvolgimento anche di mio figlio. Coinvolgimento che, invece, non c’era ed è abbastanza chiaro vedendo e ascoltando i video dei colloqui

Dalle parole della signora Matraxia, apprendiamo, inoltre, che la polizia rumena ha anche effettuato delle perquisizioni informatiche sui cellulari. In particolare:

Non trovano nulla nel telefonino di mio figlio. Neanche un singolo messaggio che abbia a che fare con attività di traffico di sostanze stupefacenti o quant’altro. Trovano una singola conversazione, nella quale mio figlio parlava con questa ragazza (l’intestataria del pacco ndr) e le consigliava come prenotare l’hotel in Romania.

La ragazza, infatti, non era siciliana e non partiva, quindi, insieme al gruppo di Filippo. Dal momento che avrebbe festeggiato il suo compleanno nel Paese del festival, aveva chiesto consiglio su come muoversi una volta giunta a Bucarest. Dunque, la conversazione verteva su quali siti utilizzare per prenotare una camera d’albergo e quale fosse il quartiere migliore per potersi muovere più facilmente in città.

Una banale conversazione fra due giovani amici che vogliono fare un viaggio e cercano di capire come organizzarsi. Domande come “Secondo te meglio un albergo in centro o vicino all’aeroporto?” e la risposta (di Filippo) “Meglio Bucarest centro così è più facile raggiungere il festival“, per il procuratore sono diventate l’elemento incriminante della colpevolezza del 29enne.

La battaglia legale

D: Cosa succede dopo?

R: Da quel momento cominciamo a inviare tante istanze di arresti domiciliari, che vengono tutte, puntualmente, rigettate. Facciamo presente le condizioni erano veramente terribili e poi, – ricordiamo – che essendo in attesa di giudizio, lui ha dovuto subire aggressioni fisiche e psicologiche. Chiuso in una stanza con altre 24 persone, condizioni igieniche disastrose.

D: Tutto questo ve lo ha raccontato Filippo?

R: Sì. L’unica cosa buona che c’è in questo posto è che Filippo può chiamarmi ogni giorno. Chiaramente, lui può chiamare solo i numeri autorizzati e fra questi c’è il mio. Dopo nove mesi dall’arresto, cioè a dicembre, arriva la condanna a 8 anni e 3 mesi, stessa cosa per gli altri due ragazzi. Noi, ovviamente, facciamo appello.

Purtroppo, però, la realtà è ben diversa da come chiunque potesse immaginarla. Così racconta la signora Matraxia:

Mi comincio a muovere e piano piano mi rendo conto che non è come pensavo. Per me era scontato che senza un briciolo di prova nei confronti di mio figlio, Filippo sarebbe stato rilasciato. Invece, capisco che lì la giustizia funziona in tutt’altro modo. Noi abbiamo portato le conversazioni trascritte e giurate dal traduttore e dal fonico dello studio di Milano a cui mi sono rivolta. Fra le altre cose, le autorità rumene dicono che Filippo soggiornasse all’indirizzo di recapito del pacco il 28 aprile, ma mio figlio in quella data non era nemmeno in Romania, figurarsi in quella camera d’albergo. Abbiamo portato a supporto i biglietti aerei, le prenotazioni, ma non sono state minimamente guardate.

Oggi, 25 marzo, l’ennesimo rigetto

La famiglia ha continuato a combattere imperterrita contro un sistema giudiziario cieco e sordo. Oggi, 25 marzo 2024, la magistratura rumena ha rigettato l’ennesima istanza per gli arresti domiciliari.

D: Con quali motivazioni giustificano la permanenza in carcere?

R: Le motivazioni sono sempre le stesse. Una prima motivazione del rigetto è il fatto che mio figlio non avendo un’entrata economica fissa non potrebbe autosostentarsi. Cosa non vera e discutibile perché mio figlio ha una famiglia alle spalle che lo sostiene in tutti quelli che possono essere i suoi bisogni e, di fatto, io lo mantengo già lì dentro. Fra l’altro in carcere non può nemmeno cucinare per se stesso e gli danno pasti terribili: pasta o riso con il latte, nemmeno l’acqua. Un secondo motivo è che, secondo le autorità, mio figlio potrebbe scappare. Infine, la reiterazione del reato, cioè che potrebbe rientrare nel giro del traffico di droga.

Adesso aspettiamo la sentenza del 19 aprile, che è quella che a noi pesa tanto perché è quella che darà il giudizio definitivo. Noi speriamo davvero che, in qualche modo, questi giudici si possano passarsi una mano sulla coscienza e fare il lavoro per come dovrebbero e come non hanno fatto sino a oggi.

D: Suppongo che stiate percorrendo anche la strada dell’estradizione...

R: Noi possiamo chiedere l’estradizione allorché – e questa è una falla enorme del sistema giudiziario – la sentenza passa in definitivo. In sostanza, quando mio figlio deciderà di non combattere più. Quindi, all’appello, se gli sarà confermata la condanna a 8 anni e lui deciderà di accettarla, allora si potrà parlare di estradizione. Abbiamo parlato con la Farnesina, che segue il caso e si aspetta tempi brevi per il rientro di Filippo in Italia.

È con voce rotta e disperata, però, che viene fuori tutto il dolore di una madre, combattuta fra il riavere il proprio figlio a casa e il desiderio di restituirgli la libertà, e dunque continuare a combattere perché è ingiusto quanto gli sta capitando. Portare la questione in Cassazione, però, significa far rimanere Filippo in quel carcere in Romania per anni.

D: Come ha giustificato la magistratura rumena l’incarcerazione di Filippo, data la confessione dell’amica?

R: Lei ha detto sin dal primo momento di essere l’unica responsabile per la droga e che i 150 grammi trovati nel pacco fossero solamente suoi, ma le autorità sono andate fino al mese scorso da lei in carcere a proporle accordi per ritrattare la sua versione. Infatti, le hanno proposto uno sconto di pena del 50% se lei avesse confessato il coinvolgimento anche di Filippo. Proposte che lei ha rifiutato più volte sostenendo l’innocenza di mio figlio. È stata molto corretta e coraggiosa, questo glielo devo.