La ritenuta alla fonte è una somma sottratta dal reddito a opera di chi lo eroga e che rappresenta l’intera imposta dovuta. Consiste in un meccanismo operato dai sostituti di imposta che trattengono i dovuti importi da corrispondere al sostituito per versarli all’Erario.

Detto in maniera ancora più semplice, si tratta della riscossione dell’imposta. Spesso e volentieri si confonde con la ritenuta d’acconto, ma non sono affatto la stessa cosa e nel testo andremo ad elencare le differenze.

Prima di tutto, però, spieghiamo come funziona la ritenuta alla fonte, quando si applica e chi deve pagarla.

Come funziona la ritenuta alla fonte

La ritenuta alla fonte consiste in una forma di riscossione delle imposte. Il sostituto d’imposta deve trattenere una parte di quanto dovuto dal sostituito per versarlo direttamente all’Erario, proprio per pagare le imposte.

Si tratta di un meccanismo utilizzato per prevenire l’evasione fiscale e per anticipare l’acquisizione del gettito tributario. Ma ha anche l’obiettivo di semplificare gli adempimenti fiscali per alcuni contribuenti.

Come abbiamo dedotto, i soggetti coinvolti nel meccanismo sono il sostituto d’imposta e il sostituito. Affinché un tale sistema sia legittimo, è molto importante che tra le due figure coinvolte ci sia un legame economico, tale da giustificare la sostituzione.

L’obbligo che riguarda il sostituto deriva da semplice fatto che egli ha a disposizione le somme che deve versare al soggetto passivo.

Differenza ritenuta alla fonte e ritenuta d’acconto

Molto spesso si confondono le diverse tipologie di ritenute: quella d’acconto e quella definitiva. La ritenuta d’acconto, chiamata ritenuta alla fonte a titolo di acconto, viene applicata dai professionisti, dagli artisti, dagli agricoli. Inoltre, si applica anche sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e sui compensi di redditi equiparati.

La ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, come abbiamo già spiegato, prevede che il sostituto d’imposta trattenga una somma tale che gli permetta di versare l’imposta dovuta. Gli importi che hanno avuto una ritenuta alla fonte a titolo di imposta non sono considerati per il calcolo del reddito imponibile.

La principale differenza sta nella percentuale delle imposte che il sostituto è chiamato a versare per conto del sostituito.

Nel caso della ritenuta d’acconto, deve essere versata solo una parte delle imposte dovute a titolo di acconto. La rimanenza dovrà essere versata dal sostituito.

Per quanto riguarda, invece, la ritenuta a titolo definitivo prevede che il sostituto d’imposta versi tutta l’imposta dovuta.

Tipi di ritenuta alla fonte

Il ruolo di sostituto d’imposta può essere ricoperto da diversi soggetti in base alla tipologia di lavoratore o collaboratore che si deve sostituire.

Come abbiamo già detto, però, tra le parti deve sussistere un legame economico tale da giustificare il meccanismo della sostituzione. Proprio in funzione del tipo di ritenuta, cambia lo stesso meccanismo.

Per esempio, nel caso della ritenuta alla fonte per il reddito da lavoro dipendente, il lavoratore non deve integrare il versamento Irpef.

Nel caso della ritenuta alla fonte per redditi da lavoro autonomo, l’ente che va a sostituirsi opera una trattenuta e versamento pari al 20%. In questo caso, il lavoratore deve integrare il versamento.

Anche i condomini possono essere considerati sostituti d’imposta e, infatti, devono versare le imposte per conto dei lavoratori dipendenti: i giardinieri, gli addetti alle pulizie, i portieri.

Infine, parliamo anche della ritenuta alla fonte diretta. Si tratta di un meccanismo che avviene da parte delle PA nei confronti dei propri dipendenti. A differenza degli altri casi, non è previsto un sostituto d’imposta perché sono le stesse pubbliche amministrazioni ad occuparsene.