È in corso da qualche giorno la più importante festività del mondo islamico, il Ramadan, che dura un mese e finirà la seconda settimana di aprile. In Italia sono presenti quasi un milione e mezzo di musulmani e, a partire dall’iniziativa di una scuola con una predominante presenza di musulmani, si è aperto un dibattito che ha coinvolto soprattutto docenti, intellettuali, politici e religiosi sull’opportunità o meno di chiudere scuole a forte presenza di musulmani in occasione di tale festività. Alcuni hanno considerato questa possibilità come un esempio di accoglienza e tolleranza, altri come una pericolosa ingerenza ed un precedente che potrebbe avere esiti difficilmente gestibili. Ne parliamo con il prof. Enrico Ferri, che insegna Storia dei Paesi Islamici all’Unicusano.
Chiusura delle scuole per il Ramadan, il commento del Prof. Enrico Ferri (Unicusano)
D: Prof. Ferri, può innanzitutto aiutarci a capire che cos’è il Ramadan? Può definirsi la più importante festività dell’Islam?
R. Il Ramadan è uno dei 5 Arkan, cioè dei pilastri della fede, con la professione di fede, la preghiera, l’elemosina e il pellegrinaggio. Il quinto pilastro è il digiuno, pratica che caratterizza il Ramadan, cioè il nono mese lunare del calendario, quando dall’alba al tramonto è vietato mangiare, bere, avere rapporti sessuali, fumare…Questo Arkan è evocato nella Sura della Vacca, la più estesa del Corano, nei versetti 183-187. “Vi è prescritto il digiuno”, ma “chi di voi è malato o in viaggio, costui digiunerà in seguito per altrettanti giorni”. Sono interdetti anche i rapporti sessuali ma, come nel digiuno, solo durante il giorno.
D. Chi sono le persone tenute a rispettare queste regole?
Ovviamente i credenti, i musulmani, ma ne sono dispensati i malati, le donne incinte, le persone in viaggio, i bambini.
D. Qual’ è la valenza spirituale del Ramadan?
“Il Ramadan è il mese in cui è stato rivelato il Corano come guida per gli uomini” (Corano:II,185), tale festività mira soprattutto a ricordare la discesa della Rivelazione su Muhammad e, attraverso il Profeta, su tutti gli uomini. Gli elementi caratterizzanti il Ramadan, pertanto, sono il digiuno e la preghiera.
D. Durante il Ramadan si chiudono le scuole e non si lavora?
No, durante il Ramadan si svolge, di regola, la vita abituale, a parte l’osservanza del digiuno. Bisogna tener presente che, seguendo un calendario lunare, ogni anno il Ramadan cade in un periodo diverso. Quindi può cadere nel cuore dell’estate. Qualche anno fa, mi sono trovato a vivere il Ramadan a Marrakech per due anni di seguito, nel mese di agosto. Venivano introdotte delle regole che limitavano la durata di lavori pesanti, come quelli nell’edilizia, e ricordo anche che alcuni orari dei voli nell’aeroporto furono modificati. I bambini, come le donne e gli anziani, sono di regola dispensati dal digiuno, che prevede anche il divieto di bere. La mancanza di acqua per 16/18 ore con temperature che possono superare i 40 gradi ed oltre fa la differenza e può creare seri problemi.
D. Da quello che lei dice, non sembra avere molto senso il dibattito attuale, se chiudere o meno le scuole con una forte presenza di ragazzi musulmani per il Ramadan.
Forse non a tutti è chiaro che quando si parla di chiusura delle scuole ci si riferisce al giorno in cui il Ramadan termina, evento che viene celebrato con la festa di Eid al-Fitr, cioè dell’interruzione del digiuno. Si tratterebbe di chiudere le scuole quel giorno, non certo tutto il mese del Ramadan.
D. Lei ritiene utile, come un segno di condivisione ed accoglienza permettere tale celebrazione attraverso la chiusura delle scuole con una forte presenza di ragazzi musulmani?
Non è importante quello che penso io, ma quanto stabiliscono i nostri principi costituzionali, che riconoscono la libertà religiosa, cioè la possibilità di avere, professare, diffondere una propria religione. Le festività nazionali sono stabilite da più di 70 anni. Non vedo la necessità, almeno in linea di principio, di introdurre nuove festività. Fermo restando che, dove sono previsti principi di autonomia gestionale, possano essere introdotte caso per caso delle deroghe. Non troverei niente da ridire, ad esempio, se un istituto scolastico con un’alta percentuale di ragazzi di fede islamica, nell’ultimo giorno del Ramadan permettesse di adottare un orario ridotto e una chiusura anticipata delle lezioni.
D. Nella nostra storia e cultura, però, sono previste una serie di festività che sono legate ad eventi del cristianesimo, ad esempio ci apprestiamo a celebrare la Pasqua…
Non possiamo accettare il principio che in una società multiculturale come l’Italia, ma vale per tutti i paesi dell’UE, i seguaci di una delle decine e decine di religioni professate, dagli induisti ai seguaci di Scientology, dai Testimoni di Geova ai Mazdei, dai Sikh ai Mormoni, possano rivendicare prerogative che si riflettono sulla vita di tutta la comunità, in ambito scolastico, lavorativo, sanitario, ecc. La nostra Carta costituzionale tutela non le religioni, ma il diritto dei cittadini e delle persone ad avere le loro credenze in ambito religioso. Tali diritti di credo, di culto, di propaganda, ecc., non possono condizionare la vita delle altre persone, credenti o non credenti che siano.
D. Scusi, ma non ha risposto alla mia domanda. Il nostro calendario è pieno di feste religiose, cioè di eventi del cristianesimo, come il Natale e la Pasqua, che vengono celebrati anche dallo Stato.
Lei forse non si è accorto di aver risposto alla sua stessa domanda. Eventi come il Natale e la Pasqua sono celebrati come festività in quanto riconosciuti dallo Stato italiano, in ossequio ad una tradizione storica ed insieme alla componente cristiana della nostra società, che fu importante anche nell’Assemblea costituente. Ci sono molte ricorrenze cristiane che non sono considerate feste nazionali. Quello che ho appena detto si può riassumere con una parola: “laicità”, cioè separazione della sfera religiosa che appartiene al privato, dalla sfera politica che appartiene alla dimensione pubblica. La laicità sta alla base della nostra democrazia.