La fede cattolica impone rigide prescrizioni: per coloro che praticano la religione e credono, la Quaresima dovrebbe essere un periodo di restrizione. Quaranta giorni di “penitenza” da osservare per “purificarsi” in preparazione alla Pasqua, la festività della resurrezione di Cristo. Durante i giorni di astinenza, la pratica comune è quella di eliminare la carne, da cui deriva il termine carnevale, il periodo noto per gli eccessi.
Cosa si può mangiare il Venerdì Santo?
Quando ci si chiede quale sia il piatto tipico per il Venerdì Santo, la risposta è semplice. Il pesce preferito è solitamente quello azzurro. In cima alla lista troviamo le alici e le sardine, ma non mancano gli sgombri. L’importante è che sia un pesce magro, poiché il precetto per il Venerdì Santo è chiaro: è un giorno di penitenza e occorre moderarsi anche a tavola. Pertanto, si evitano ricette troppo elaborate e si rinuncia all’abbinamento con vini pregiati. Il menù per il Venerdì Santo deve rispecchiare la tradizione locale.
Ricette della tradizione
La tradizione culinaria della Quaresima è stata influenzata dal precetto cattolico del digiuno di carne, dando vita a una vasta gamma di ricette in cui il pesce è protagonista. Ogni regione italiana ha sviluppato le proprie specialità quaresimali. Tra queste ricette, tuttavia, non tutte sono punizioni culinarie; al contrario, molte sono deliziose. Ad esempio, la polenta e aringa trevigiana è un piatto nato appositamente per la Quaresima. Anche il cappon magro ligure, sebbene non così “magro” come il nome suggerisce, è preparato con pane tostato, verdure, pesce e salse, anche a base di uova. Un capitolo a parte è dedicato al baccalà, un pesce economico e saporito, preparato in vari modi durante la Quaresima: alla vicentina, alla cappuccina (in Friuli), in umido o fritto a Napoli.
La lista di primi piatti è altrettanto lunga, anche se non tutti sono a base di pesce. Ad esempio, a Napoli si prepara la frittata di scammaro, condita con un sugo di pomodoro e olive per accompagnare gli spaghetti. Pellegrino Artusi consigliava di condire gli spaghetti con ingredienti poveri seguendo la regola della Quaresima, come noci, zucchero, spezie e pangrattato. Alcuni dolci, come i Quaresimali, sono stati creati appositamente per questo periodo e, come i piatti precedenti, non sono poi così privativi. Insomma, sembra che durante la Quaresima ci si sia concessi qualche “peccato” gastronomico. Almeno per soddisfare i desideri del palato.
In Sicilia, ad esempio, è imperdibile la pasta con le sarde, mentre in Veneto lo stesso pesce può essere preparato “in saor” con l’aggiunta di cipolle. Nelle Marche, invece, si possono gustare vongole e ceci. Dalla Puglia giunge un altro piatto tradizionale per il Venerdì Santo: fagioli e cozze. Tuttavia, la cucina italiana offre molte altre ricette per questa giornata speciale: dalle zuppe di pesce alle alici alla griglia, dalle seppie con i piselli alle uova sode con il tonno.
Queste sono solo alcune delle prelibatezze che la tradizione culinaria italiana offre per il Venerdì Santo: piatti a base di pesce e radicati nella storia gastronomica del nostro Paese.
Perché il pesce è permesso mentre la carne no?
Le spiegazioni possono essere varie: l’associazione simbolica tra la carne e la figura di Gesù in croce, ma anche il fatto che la carne, specialmente quella rossa, è sempre stata considerata un alimento ricco, poco adatto per un periodo di riflessione come la Quaresima. Nella sua Summa Theologiae, san Tommaso d’Aquino sosteneva che la carne rossa procurasse maggior piacere, dunque astenersene sarebbe stata una dimostrazione di sacrificio maggiore. Tale piacere si estenderebbe anche alle carni bianche, come il pollo, che è escluso dalla lista dei cibi concessi poiché è un animale a sangue caldo, a differenza dei pesci.