In passato, il pranzo del venerdì era un rituale fisso: esclusivamente a base di pesce. La madre preparava con cura filetti bianchi, probabilmente di merluzzo, passandoli prima nella farina e poi in un impasto di uovo e pangrattato. Accanto a questa delizia dorata, l’insalata di patate costituiva il contorno perfetto. Questa scelta culinaria era dettata da un semplice principio: “I cristiani non devono consumare carne il venerdì”.
Le origini di questa usanza risalgono al Venerdì Santo, giornata in cui si commemora la crocifissione e la morte di Gesù, un giorno di digiuno e astinenza rigorosa, simile al Mercoledì delle Ceneri. Durante questi periodi, i praticanti cristiani possono consumare solo un pasto sostanzioso (digiuno), evitando la carne (astinenza).
Cosa non si può mangiare il Venerdì Santo?
L’abitudine di escludere la carne dalle tavole è radicata nelle tradizioni del digiuno biblico, che vietava il consumo di carne proveniente da animali a sangue caldo.
La regola del digiuno cattolico richiede ancora oggi l’astinenza dalla carne durante tutti i venerdì dell’anno per le persone sane dai 14 anni in su.
Durante il Venerdì Santo, si commemorano la passione e la crocifissione di Gesù. Come nel Mercoledì delle Ceneri, in questo giorno è vietato consumare carne e, per i fedeli oltre i 18 anni, è richiesto il digiuno ecclesiastico. Tuttavia, è consentito consumare pesce, latticini e uova.
L’astinenza dalla carne costituisce il quarto dei cinque precetti generali della Chiesa cattolica, ossia le leggi morali trasmesse e promulgate dall’autorità ecclesiastica. I fedeli praticano l’astinenza e il digiuno come forma di penitenza per i peccati dell’umanità, espiati da Gesù con la sua passione. Questo atto di mortificazione prepara il credente alla resurrezione di Cristo e alla sua liberazione dalla morte.
In passato, l’astinenza era molto più rigida. Oggi è permesso consumare uova e latticini, ma si richiede di evitare cibi particolarmente elaborati. Inoltre, in determinate circostanze come la malattia, i fedeli possono essere dispensati sia dal digiuno che dall’astinenza.