“L’80% dei familiari delle vittime innocenti delle mafie non hanno mai ottenuto la verità su questi fatti” afferma Lorenzo Frigerio, coordinatore di Libera Informazione, in un’intervista a Tag24 in occasione del 21 marzo, Giornata della memoria e dell’impegno.
Libera è una rete di associazioni, cooperative sociali, movimenti e gruppi, scuole, sindacati, diocesi e parrocchie, gruppi scout contro le mafie. È stata fondata nel 1995 da Don Ciotti. La rete si batte anche per la giustizia sociale, per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per la ricerca di verità, per una legalità democratica fondata sull’uguaglianza, per una memoria viva e condivisa, per una cittadinanza all’altezza dello spirito e delle speranze della Costituzione.
Intervista a Lorenzo Frigerio in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno
D: Qual è oggi il volto delle mafie, come si muovono e qual è la più pericolosa in questo momento?
R: In questo momento, le mafie hanno aumentato la loro capacità di inquinare l’economia legale. Siamo tutti abituati, soprattutto in Italia, a legare l’immaginario mafioso a qualcosa di violento, di estremamente distruttivo rispetto alle persone e al territorio. Oggi, invece, abbiamo a che fare con organizzazioni criminali che hanno ridotto, non eliminato, il loro potenziale di fuoco per concentrarsi sui grandi investimenti finanziari, sul riciclaggio di denaro, sull’infiltrazione nell’economia legale, non disdegnando quelli che sono gli affari tradizionali, quindi il traffico di droga, il traffico di armi, lo smaltimento dei rifiuti tossici e dei rifiuti illeciti e il gioco d’azzardo.
Registriamo nell’ultimo periodo, per esempio, un netto incremento del gioco online rispetto al gioco in presenza. Questo ci dice che c’è una capacità di inquinare le piattaforme legate alla grande domanda di gioco d’azzardo alimentata in parte anche dal Covid per certi versi. Quindi c’è una mafia dai due volti. Una continua ricerca di tutte le possibilità di avere grandi ritorni economici dagli affari tradizionali e poi, questo oramai da circa una ventina d’anni, la capacità di inquinare l’economia legale con una grande quantità di denaro che deriva soprattutto dal narcotraffico, che resta sicuramente in testa alla lista degli affari.
Parlando di narcotraffico e delle organizzazioni criminali più pericolose, sicuramente oggi la ‘Ndrangheta, per quanto riguarda la criminalità italiana, è tra i pericoli numeri uno. Non solo nel nostro paese, ma anche a livello internazionale, perché è al pari dei cartelli messicani e dei Narcos colombiani tra le organizzazioni più temibili e più agguerrite.
Le azioni dell’attuale governo contro la mafia
D: Quali sono le azioni che il governo Meloni sta apportando per combattere le mafie?
R: In tutta sincerità, mi sembra che il governo attuale vada al traino delle grandi operazioni e delle indagini che fanno la magistratura e le forze dell’ordine che sono, ricordiamolo, tra le migliori a livello mondiale.
Il governo non lo vedo particolarmente impegnato sul versante del contrasto alle mafie, salvo appunto, comunicati stampa e post sui social per complimentarsi con le forze dell’ordine. Questo è preoccupante. Questo discorso, però, non è legato solamente a questo governo. Più in generale, direi che la politica italiana, ormai da diversi decenni, ha derubricato la vicenda mafia. Non è più vissuta come una delle priorità da affrontare per vincere il degrado e la corruzione in larghe parti del paese, ma piuttosto qualcosa di cui ricordarsi se c’è una retata antimafia in Calabria oppure un’operazione antidroga in Puglia o qualcosa del genere.
Quindi siamo preoccupati come Libera, come rete di associazioni ormai impegnata da quasi 30 anni, di constatare come la questione mafia sia uscita dall’agenda politica. Questo è quello che ci preoccupa di più.
Il ponte sullo stretto di Messina
D: Crede ci possa essere il rischio di infiltrazioni mafiose nella vicenda del ponte sullo stretto di Messina? Come si prevengono le infiltrazioni mafiose nelle grandi opere?
R: C’è qualcuno che dice che le grandi opere vanno fatte correndo anche dei rischi. Noi siamo invece per sottolineare come quei rischi sarebbero notevolmente abbattuti se i meccanismi di controllo, i vari audit interni che ci sono nel sistema degli appalti e soprattutto delle istituzioni che a livello locale siano capaci di tenere queste organizzazioni fuori dal meccanismo degli appalti e dei subappalti. Ecco, se ci fosse maggiore attenzione su questo, potremmo stare più tranquilli. Non possiamo esserlo perché il ponte, così come annunciato, è un’opera faraonica ma del tutto inutile. Basta farsi un viaggio in Calabria e un viaggio in Sicilia per rendersi conto che quel ponte unirebbe due mondi che non comunicano dal punto di vista infrastrutturale. Che senso ha fare un’opera del genere quando ancora in Sicilia i treni vanno su un binario unico e spesso ci vuole più tempo da Catania a Palermo che da Palermo a Roma.
Noi siamo davvero sconsolati nel prendere nota del fatto che ancora una volta si preferisce l’effetto annuncio, si preferisce l’effetto grandi opere dimenticando che invece servono le piccole opere quotidiane e la manutenzione.
Noi oggi siamo a Roma in vista di questa Giornata della memoria e dell’impegno e siamo preoccupati, perché arrivando delegazione a tutta Italia i mezzi arrivano in ritardo, i treni non funzionano e spesso anche i trasporti locali fanno acqua. È un’opera che sicuramente inserita in un contesto di infrastrutture funzionanti potrebbe anche avere un significato ma così è del tutto insignificante. Quindi prima ancora che essere oggetto di appetiti e di infiltrazione criminali quell’opera rischia di essere oggetto di una grande inutilità.
D: Secondo lei Salvini ha preso in considerazione la possibilità di eventuali interventi della mafia in questa infrastruttura?
R: Mi pare che il ministro sia l’emblema di una politica che dice: “Le grandi opere vanno fatte a prescindere dai tentativi della criminalità organizzata ad infiltrarsi”. Chi parla solo di questi aspetti è un menagramo. Noi la pensiamo diversamente dal ministro Salvini.
Il ruolo dell’educazione nella lotta contro la mafia
D: Qual è il ruolo dell’educazione dei giovani nella lotta alla mafia e che valore ha il ricordo di figure come don Peppe Diana?
R: Il valore della memoria è fondamentale, Libera ci ha costruito quasi tre decenni. L’anno prossimo, appunto, saranno 30 anni dall’inizio delle nostre attività. Ci abbiamo costruito sopra tre decenni di lavoro e di percorsi vari. Una memoria che non è disgiunta dall’impegno. Non a caso la giornata è denominata: “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime Innocenti delle mafie”. Cioè a dire che non basta ricordarsi i nomi che noi abbiamo voluto ricordare in un’unica giornata tutti insieme, senza che ci fossero vittime di serie A e di serie B. Piuttosto insistere per dire che la memoria è un fattore di cambiamento.
La memoria serve per percorsi di educazione alla legalità democratica nelle scuole, per corsi di aggiornamento professionale per professionisti: architetti, ingegneri, avvocati, commercialisti. Così come serve nei curriculum delle università, dove abbiamo portato questi contenuti, grazie anche ad una rete di università che hanno collaborato con la nostra associazione. Tutte queste iniziative che si fanno, e che hanno un sapore nettamente culturale, servono a rafforzare il versante della prevenzione.
Non basta la semplice repressione. Queste sono organizzazioni criminali che hanno una grande capacità di reclutamento quando sono colpite nei loro uomini effettivi sul territorio e quindi c’è un forte ricambio.
Serve lavorare sulla cultura, sul far capire che il crimine è un disvalore, che l’illegalità colpisce tutti e che è il rispetto delle regole a garantire la libertà dei territori e dell’economia. Noi vogliamo lavorare su questo versante e la memoria delle tante figure: il 19 marzo Don Peppe Diana 30 anni, il 20 marzo Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, oggi il 21 marzo i loro nomi letti con gli altri 1100 di questo lungo elenco che si allunga ogni anno, servono a dirci che c’è una storia di un paese che merita di essere raccontata, anche perché l’80% dei familiari delle vittime innocenti delle mafie non hanno mai ottenuto la verità su questi fatti.