Una “peccatrice”, una ragazza “di facili costumi”: così dall’Iran avevano bollato la 20enne Vida Shahvalad, trovata morta asfissiata insieme al fidanzato Vincenzo Nocerino in un box auto di Secondigliano, a Napoli. Il problema era che, secondo una tv locale, fosse “seminuda” perché stava per avere un “rapporto sessuale” con il ragazzo.

Notizia subito smentita dal padre, che la mattina del 16 marzo scorso li aveva trovati e che nella giornata di ieri, 20 marzo, insieme al deputato di AVS Francesco Emilio Borrelli e a un amico della giovane aveva lanciato un appello per aiutare la sua famiglia a rimpatriarne la salma dopo il “no” ricevuto dalla polizia morale iraniana.

Arrivato l’ok dell’Iran al rimpatrio della salma di Vida Shahvalad

Nella tarda serata di ieri è arrivato il contrordine: l’ambasciata della Repubblica islamica dell’Iran ha espresso prima “rammarico per la morte improvvisa di Vida Shahvalad, studentessa iraniana residente in Italia” e “profondo cordoglio alla sua famiglia, ai suoi amici e alla comunità degli studenti residenti in Italia” e ha poi reso noto che “le necessarie pratiche per il trasferimento della salma della giovane sono seguite con attenzione e celerità da parte dell’ambasciata e delle autorità in Italia”.

Non appena possibile, dunque, il suo corpo sarà rimpatriato per i funerali e la sepoltura. È ciò che i suoi genitori si auguravano e che alla fine hanno ottenuto anche grazie all’intervento del padre del suo fidanzato, Alfredo Nocerino che, parlando di Vida come di “una figlia” ieri aveva chiesto di mettere fine alla fuga di notizie infondate per non infangarne la memoria.

Vida e Vincenzo morti asfissiati in auto a Secondigliano

Il tragico ritrovamento risale alla mattina del 16 marzo scorso. Era stato Alfredo Nocerino a farlo: preoccupato di non vedere il figlio e di non aver ricevuto sue notizie, l’uomo era andato a controllare se la sua auto fosse nel garage situato a poca distanza dall’abitazione che condividevano a Secondigliano da quando la moglie era scomparsa, anni prima.

Quando era arrivato, dopo aver alzato la saracinesca, aveva notato che all’interno della Fiat Panda rossa del ragazzo c’erano i corpi senza vita di Vincenzo e Vida. “Erano stesi, lui sul sedile davanti, lei dietro. Sembrava dormissero”, ha raccontato, spiegando di aver provato a scuoterli, a svegliarli prima di rendersi conto che fossero morti.

Poi si era messo in contatto con il 112, chiedendo l’intervento dei soccorsi, che però non avevano potuto far altro che constatarne il decesso. A quel punto sul posto si erano già radunate decine di persone, allarmate dalle urla dell’uomo. Stando a quanto ricostruito finora, Vincenzo e Vida sarebbero morti a causa delle esalazioni di monossido di carbonio sprigionate dall’auto del 24enne, che avevano tenuto accesa per scaldarsi mentre parlavano, di ritorno da una festa a cui avevano partecipato a Caserta.

Chi erano le due vittime

Sembra che avessero litigato e che poi si fossero chiariti: Vida era originaria dell’Iran, ma già da qualche anno viveva in Italia, dove frequentava l’Università Vanvitelli di Caserta. Vincenzo, per tutti “Enzo”, a Napoli ci era nato e oltre a lavorare come webdesigner aiutava il padre nella pizzeria di cui è socio.

Erano amati da tutti. Vida era “una bravissima ragazza, gentile e gioviale e a Napoli aveva trovato l’amore. Era una giovane come tutte le altre, con i suoi sogni, le sue aspirazioni e tanta voglia di vivere”, aveva scritto qualcuno sui social, respingendo con fermezza le ingiuste accuse che dall’Iran gli erano state mosse subito dopo i fatti.